domenica 31 dicembre 2006

"Post" di fine anno

È la fine dell’anno e, quindi, è anche tempo di bilanci. Ovviamente, non parlo di bilanci societari (non faccio parte d’alcun CdA), ma di quelli personali e non economici.

Considerato che sono nel “blog”, mi appresto a fare un bilancio su quanto scritto in quest’anno.

Inizio con il numero dei post, 94 con questo. Ma non è importante il numero, che si può trovare anche nella colonna a fianco, suddiviso per mese.

Credo, come prima osservazione, di aver rispettato il titolo del mio “blog”: “Di tutto”; infatti, ho scritto un po’ di tutto, dalla politica ai pensieri personali, da Venezia al paesino di Raveo, dall’esperienze con il Coro Marmolada ad “attacchi” contro l’attuale informazione, da Montalto Marche al Brasile ed ho anche scritto su qualche libro.

A proposito di libri, visto che registro in un “database” autori, titoli e commenti, dovrò fare un bilancio anche sui libri letti nel 2006, ma non lo pubblicherò sul “blog”.

Tornando all’argomento, per quanto riguarda i “miei” lettori, sono a conoscenza che non tutti immettono commenti e, quindi, non so quanti siano stati effettivamente; lo so che potrei mettere un contatore, ma, sinceramente, non m’interessa. I commentatori sono, di solito, gli stessi: qualche mio amico, ma anche persone che conosco solo per mezzo della rete e dei quali visito i rispettivi “blog”, lasciando, a mia volta, qualche commento. Ogni tanto entra qualche “anonimo" che contesta, anche in maniera plateale, quanto da me esposto: il più delle volte si tratta di un "leghista”, che, ingenuamente, si meraviglia della mia feroce contestazione a questo movimento, ai suoi capi, che ritengo estremamente rozzi, alla “padania” (rigorosamente in minuscolo) ed ai padani.

Venezia, come sapete, è la mia città, luogo dove sono nato, cresciuto e, soprattutto, dove mi sono “infarcito” della sua cultura, della sua arte e del suo modo di vivere.

Come avrete capito, amo la mia città; ed è per questo che spesso mi “incavolo” nel vederla bistrattata dai suoi amministratori, ma anche dai suoi abitanti e dai turisti e, soprattutto da certe categorie economiche, o “lobbies”!

Uno degli argomenti che, soprattutto in quest’ultimo periodo, m’interessa è il mondo dell’informazione sia si tratti di carta stampata che di televisione. Non appartengo a questo mondo, ma, fin da ragazzo, sono stato e lo sono tuttora, un “consumatore” di notizie. Leggo e m’interesso di tutto, proprio come il titolo del mio “blog”, ma, spesso, non trovo “adeguato” quanto leggo. Trovo molta faciloneria, molta partigianeria ed anche molto pressappochismo! Colpa dei giornalisti, degli editori o di chi altro? Colpa dei politici o dei poteri economici?

Non lo so. Forse un po’ tutti fanno la loro parte. Sarà questo, senz’altro, un argomento sul quale mi propongo di tornare e che ho già trattato (vedi i quattro post: 1234) e che cercherò di approfondire.

Ho già scritto troppo, ed allora … BUON 2007 a tutti i miei lettori ed a tutti i “bloggisti”.

sabato 30 dicembre 2006

“Cina, arrestati nove sacerdoti cattolici”

“Cina, arrestati nove sacerdoti cattolici”

Questo il titolo di un articolo su “Corriere.it” che commenta un ulteriore arresto di preti cattolici, fedeli al Papa. In Cina i cattolici sono circa lo 0,1% della popolazione, pochi, rispetto al resto dei cinesi. Mi viene spontaneo chiedere: "Perché il nostro Governo non si esprime in favore della libertà di religione in quel paese?" Forse, fa più notizia protestare –giustamente- contro la pena di morte a Saddam Hussein, che non protestare per pochi cinesi, con l'aggravante di essere anche preti cattolici.

Ma oltre al Governo, cosa ne pensano i famosi liberali, libertari e liberisti? Tacciono! Cosa gliene frega loro di nove preti cinesi!

Neppure i giornali si sprecano! Ma sì, fanno molto più “notizia” le proteste di Luxuria e Grillini per il poliziotto di Mestre, licenziato perché nel tempo libero si metteva in minigonna, e non solo!

E poi, mettersi contro la Cina con quel potenziale di turisti, ne vale la pena? E' molto meglio non perdere l'opportunità dei "schei" che arriveranno dalla Cina!

Qualcuno accenna ai diritti umani? Lasciamo perdere!

P.S. - Ultimo “post” dell’anno? Non lo so.

giovedì 28 dicembre 2006

Una bella notizia!

Complimenti alla Corte Costituzionale!

La Corte Costituzionale ha annullato una delibera del Parlamento del 2000 che rendeva Bossi non giudicabile dal Tribunale di Venezia per offese al Tricolore.
Oggi il supremo organo della magistratura ha corretto quanto politicamente affermato dalla Camera.
«La Camera non poteva decidere se la frase del leader leghistain un comizio fosse espressione della sua funzione di deputato».
Questa era la frase incriminata detta in pubblico a Venezia: «Il Tricolore lo metta nel cesso. Personalmente ho già ordinato un camion di carta igienica tricolore».
Ora verrà giudicato da un tribunale! Era ora!!!
Leggi l'articolo sul Corriere

Si torna a parlare di sanità e di liste d’attesa

Su IL GAZZETTINO di oggi si torna a parlare di sanità, dell’aumento della spesa sanitaria e delle liste d’attesa, che, nonostante tutti i “trucchi” di questi ultimi mesi, continua ad essere sempre più lunga.

Veneto e Friuli, che sembrano essere all’avanguardia, denunciano, tramite i loro dirigenti politici,di essere sempre al punto di partenza: la spesa aumenta e le prestazioni sono sempre più difficili da ottenere in tempi adeguati.

Si arriva perfino a scoprire l’acqua calda, come dimostrano le dichiarazioni del Presidente Illy (vedi articolo), che giustifica l’aumento con il prolungarsi della vita media! Bisogna proprio essere presidenti di regione per fare queste scoperte, come se non fosse stato prevedibile, come se non fosse nell’ordine naturale delle cose.

Per quanto riguarda il Veneto, dopo aver allargato geograficamente la possibilità di ottenere una prestazione in un tempo più breve, senza ottenere alcun risultato, (ad esempio: se io, che abito a Venezia, non riesco ad ottenere una prestazione specialistica presso la mia Ulss, entro un termine “ragionevole”, posso rivolgermi ad altre strutture poste a Portogruaro come a Legnago o Montebelluna), i suoi dirigenti scoprono che bisogna creare diverse categorie di urgenze, a discrezione del medico di base. Facile da dire, ma i politici hanno sentito gli interessati?

Altre amenità si trovano nell’articolo (clicca qui per leggerlo), che riporta le dichiarazioni dell’Assessore Regionale alla Sanità del Veneto, il leghista Tosi; tutti palliativi e tutte solo belle parole! L’unica cosa concreta e parzialmente giusta si trova sull’ultimo paragrafo: controllare la “libera professione intra moenia”, cioè quella all’interno delle strutture pubbliche, cosa che doveva essere la panacea di tutte le storture della sanità, a detta del governo Berlusconi (spazio al privato) che ha annullato quanto di buono aveva fatto la Bindi, uno dei pochi ministri con gli “attributi” giusti, nel governo precedente, abolendo detta libera professione. Però, il leghista Tosi vuole solo “controllarla”!

A proposito del leghista Tosi, è sempre quello che ha appoggiato la cardiochirurgia di Treviso –roccaforte del suo movimento- contro quella di Mestre, nonostante quest’ultima fosse, per numero e qualità delle prestazioni, all’avanguardia; era solo, però, un’avanguardia professionale e non politica.

Buona salute a tutti! Incrociate le dita e toccate … “ferro”!

mercoledì 27 dicembre 2006

La "finanziaria" entra in vigore senza il cosiddetto "comma Fuda"!

E' stato abrogato, poche ore fa, con decreto legge, il cosiddetto "comma Fuda", quello che voleva dare un colpo di spugna ai reati contabili.
Bene, così la "finanziaria" entra in vigore senza quel comma.
Ma chi è questo Fuda? Chi fosse interessato alle vicende di questo transfuga parlamentare può cliccare su http://intersezioni.mioblog.net/index.php/2006/12/18/truffa-onorevole/

Non potevamo farne a meno!

Il 26.12.2006, alle ore 11,43, l’ANSA lanciava la seguente notizia:

TV: TORNA IL MAURIZIO COSTANZO SHOW

ROMA - "E per me un autentico piacere annunciare il ritorno su Canale 5 di un grande classico della tv italiana: il Maurizio Costanzo Show. Dall'11 gennaio e fino a maggio, ogni giovedì in seconda serata, Maurizio Costanzo si presenterà all'appuntamento con il suo pubblico a grande richiesta". Lo annuncia il direttore di Canale5, Massimo Donelli, spiegando che "sia lui personalmente che noi come rete siamo stati sommersi di e-mail e lettere da parte di telespettatori desiderosi di rivedere il capostipite dei talk-show italiani.
A questo proposito, Maurizio sta lavorando con grande cura sui dettagli più piccoli per ricreare esattamente lo stile e il sapore che hanno fatto del Teatro Parioli un luogo mitico della tv nazionale. E sta lavorando -conclude Donelli- con l'entusiasmo di un ragazzino, come sempre gli accade quando apre una nuova pagina del suo personalissimo romanzo televisivo".

Veramente una notizia che ci sconvolge!

Ci mancava molto questa trasmissione “nazional-popolare”, indirizzata, sempre di più, verso una “corte dei miracoli” di ospiti presenti!

E poi, diciamocelo pure, ci mancava lo “scagolamento” del presentatore appollaiato sul trespolo fra ospiti ai quali vuole sempre fare dire quello che vuole lui.

Chi siano, e quanti siano, i telespettatori che hanno inviato lettere ed e-mail, rimane un mistero. Ma davvero c’è gente che non può fare a meno delle scemenze che vengono sputate da quella trasmissione?

Veramente è il caso di dire: “Come siamo scesi in basso!”

L’unica fortuna è che riprende per una sola sera la settimana!

lunedì 18 dicembre 2006

I giornali locali snobbano i comunicati stampa

Già avevo trattato questo argomento un anno fa e, visto che ne riparlo, evidentemente nulla è cambiato, o se lo è, è senz’altro in peggio.

La recente tournée brasiliana del Coro Marmolada, nonostante gli invii di “corrispondenze” (chiamiamole pure così) a mezzo posta elettronica ad alcuni giornalisti referenti, così come ci avevano indicato i redattori, non hanno avuto alcun riscontro, soprattutto sul principale quotidiano locale, Il Gazzettino.

Evidentemente, come insinua Vittorio Messori, famoso giornalista e scrittore, per aver accesso alle colonne della stampa, è necessario intrattenere rapporti amichevoli con qualche giornalista, cosa che, in termini “terra-terra”, si traduce in … “bisogna ruffianarsi”.

Anche questi piccoli fatti denotano il decadimento dei giornali e dei giornalisti, cosa che, ormai, nel nostro paese, è largamente riconosciuta e, purtroppo, il decadimento dell’informazione può portare ad altri e più spiacevoli inconvenienti!

sabato 16 dicembre 2006

Riflessioni sul Brasile (3): San Paolo

(Vedi i precedenti tre “posts”)


N’avevo sentito parlare, avevo visto anche qualche documentario, ma trovarsi dentro è tutta un’altra cosa; l’immaginazione non raggiunge mai la realtà! Perciò, anche queste mie riflessioni, senz’altro, non riusciranno a darvi l’immagine vera di quello che è quest’enorme agglomerato urbano.
Centosessanta chilometri di diametro, trenta milioni d’abitanti: questa è la San Paolo attuale, la grande San Paolo che, crescendo, ha inglobato le città che l’attorniavano.

Si trova a circa 900/1000 metri d’altezza ed è una collina attaccata all’altra con continui saliscendi; immaginatevi un po’ la quantità e la qualità del traffico.
Normalmente le “code” quotidiane si sommano in cento chilometri e, quando piove, arrivano anche a duecentocinquanta!
Figuratevi i tempi di percorrenza per andare a lavorare: le ore non si contano. Ma questo capita a chi non è un manager, a chi fa un lavoro “normale”; i ricchi, ed a San Paolo non sono così pochi, si muovono, invece, in elicottero. Dalle nove del mattino, sul cielo della città, gli elicotteri la fanno da padroni e così anche nel pomeriggio; quasi tutti i grattacieli hanno l’eliporto e, quindi, nonostante il traffico automobilistico, i ricchi si spostano con estrema facilità. A questo proposito, il parco d’elicotteri della città di San Paolo, è il più numeroso al mondo.
Ma sui grattacieli non ci sono soltanto eliporti, ma anche piscine! E tutto lo smog cittadino finisce nelle piscine.

Torniamo sulla strada. Come dicevo sopra, il traffico è caotico: avete presente quello di Napoli? Scordatevelo, quello di San Paolo è molto, molto di più! Nel traffico caotico s’inseriscono a zig-zag, e molto velocemente, i motorini dei “ponny express”; si tratta di un genere di lavoro a cottimo e, quindi, più consegne sono uguale ad un maggior guadagno e, per questo motivo, la guida è molto spericolata. Tutto ciò comporta una media, superiore a tre, d’incidenti mortali giornalieri. Anche questo è San Paolo.
Per le strade, anche quelle del centro, si trovano molti pedoni ed anche animali, asini e cavalli, che tirano carretti dai modelli più disparati, anche esseri umani girano per il centro tirando carretti carichi d’ogni cosa; non vi potete immaginare il genere di cose che si trovano sopra: dalla carta e cartone, alle lattine (recuperate dalle immondizie), a frutta e ad ogni altra cosa.
Ho visto anche carretti trasformarsi in letti e sostare, i più fortunati, sotto qualche cavalcavia o strada sopraelevata. Ma c’era anche chi li fermava ai bordi delle strade, sempre intasate dal traffico. E di notte ancora peggio: vi sono strade centrali che, a tarda ora, mostrano sfavillanti, ed allo stesso tempo malinconiche, luci di locali, uno contiguo all’altro, che offrono di tutto e di più, sessualmente parlando, con i procacciatori che si azzuffano per accaparrarsi i clienti.
Non esistono zone completamente moderne ed altre, invece datate; gli edifici più moderni sono attigui a casupole cadenti o restaurate alla meglio e risalenti ad oltre cinquant’anni. Grattacieli, che non è detto siano di lusso, e costruzioni “liberty” –definiamole pure così- che possono essere abitazioni, ma anche uffici, negozi, officine e quant’altro, sorgono gli a ridosso delle altre. Una caratteristica di un buon numero di grattacieli è di avere un lato molto stretto, alcuni di una sola finestra, perché gli appartamenti, in genere si tratta d’edilizia popolare, sono molto piccoli, di circa trenta/quaranta metri quadri; qualcuno li definisce “favelas verticali”.


Gli ingressi dei grattacieli, ovviamente quelli un po’ più ricchi, sono sempre controllati da guardie armate. Nessuno può entrare se non è controllato. Tutto ciò, però, non riesce a fermare i “writers” che scalano esternamente le costruzioni per imprimere sulle pareti i loro graffiti. E non è che arrivino solo ai piani bassi; ne ho visti alcuni anche al 10° piano! Affermano che siano un gruppo, una banda, nella quale i singoli si sfidano a chi riesce a salire più in alto per apporvi le loro “opere d’arte” e, naturalmente, ogni tanto, qualcuno cade. Non importa, la vita continua, tanto che il giorno dopo riprendono.
È certo che agli occhi di un europeo, a maggior ragione di un veneziano, l’architettura, il genere di vita ed il traffico di San Paolo suscita soprattutto un enorme “shock” e tutto è incomprensibile!

venerdì 15 dicembre 2006

Riflessioni sul Brasile (2): i meniños

La tournée brasiliana con il Coro Marmolada mi ha portato a conoscere, fra l'altro, due organizzazioni missionarie che si occupano di bambini e ragazzi in disagio, quelli che vengono chiamati “meniños de rua”.
È questo uno dei problemi maggiori del Brasile dove le differenze sociali sono marcatissime e dove vi sono pochi ricchi, estremamente ricchi, e tantissimi poveri.
Questo paese ha una popolazione molto giovane: il 70% è compreso fra gli zero ed i quarant’anni. Ma sono soprattutto i più giovani, i bambini, che fin dalla nascita rischiano grosso: vivono in ambienti malsani, le “favelas”, se non, addirittura, vivono per la strada; molto spesso la famiglia è composta solo dalla madre che, giovanissima, è rimasta incinta e che, per sopravvivere, si prostituisce.
Gli ambienti dei poveri confinano, anche se ben differenziati, da quelli dei ricchi ed allora le intrusioni dei primi nel mondo dei secondi sono frequenti.
I ricchi si difendono riducendo a fortini le loro dimore, con recinti murari ed elettrici e con guardie armate agli ingressi. Tutti raccomandano al turista di non girare da solo per le città perché basta poco per essere rapinati.
È una situazione davvero difficile, non per i ricchi, ma per i poveri che, fin da bambini, vivono alla giornata, non prospettando, cioè, alcun futuro. Ed è proprio questa “filosofia” che abbruttisce sempre di più, queste classi, che possiamo definire misere; non hanno nulla da perdere a compiere qualsiasi azione, tanto potrebbero finire anche ammazzati!
E non è questione d’età perché anche i bambini possono fare questa fine.
Ed allora sono benemerite queste organizzazioni, per lo più di religiosi, che cercano di cambiare la vita dei giovani, non tanto fornendo loro un pasto che senz’altro è la cosa che costa di meno in Brasile, quanto indirizzarli ad una professione, istruendoli.
È proprio l’istruzione che riuscirà ad affrancare questa parte di popolazione.
Per decenni i governi precedenti, soprattutto quelli retti dalla dittatura, hanno cercato di opporsi a questo modo di agire delle organizzazioni religiose con sistemi che, con un eufemismo, si possono definire “poco ortodossi”; ovviamente si trattava di persecuzioni, arresti e molto spesso anche tortura.
Il fondatore della Colonia Venezia di Peruibe, vicino a San Paolo, il frate domenicano veneziano padre Giorgio Callegari, deceduto nel 2003 dopo aver soggiornato quarant’anni in quelle terre, è un esempio di come furono trattate queste persone, religiosi e civili, solo per voler istruire i poveri.
Ho avuto modo di conoscere due persone che subirono la prigione e la tortura da parte degli aguzzini del governo dittatoriale ed una di queste porta le conseguenze ben visibili nel fisico ancora oggi.
Oggi c’è un governo “di sinistra” che, però, non ha la maggioranza negli stati più ricchi, quelli del sud, ma la mentalità del distacco, anche fisico, fra classi sociali è difficile da scardinare.
Vi sono numerose organizzazioni che aiutano i più deboli in tutto il Brasile; alcune funzionano molto bene, altre meno, per i motivi più disparati.
Ho visitato due di queste organizzazioni: la prima nella città di Criciuma, nello stato di Santa Catarina, dove una gran parte della popolazione è di origine italiana, soprattutto veneta. Sono i discendenti di coloro che, a fine ‘800, lasciarono le nostre contrade per cercare lavoro e fortuna in “Merica”, come cita un noto canto di emigrazione (ma questa è un’altra storia).
Criciuma ha 180.000 abitanti, dei quali ben 40.000 vivono nelle “favelas”.
Fra i bambini/ragazzi ospiti del “Bairro da Juventude”, questo il nome della struttura, ho notato che i tratti fisionomici di alcuni non sono quelli “classici brasiliani”, cioè di derivazione negroide, ma europei, direi “nordici”; il sacerdote che guida il “bairro”, padre Vincenzo Lunetta, rogazionista, mi ha confermato che non sono pochi i casi di bambini discendenti da veneti che, per situazioni familiari particolari e per lutti, fanno parte della massa diseredata.
Il “Bairro da Juventude” assiste circa 1200 bambini/ragazzi dai zero ai diciotto anni, dalla mattina alla sera; dopo tutti devono rientrare nelle famiglie, anche i più piccoli, perché la struttura, soprattutto l’asilo, non deve diventare un “deposito” di bambini.
Per i primi tre mesi di vita dei neonati vengono ospitate anche le madri perché provvedano all’allattamento al seno.
L’istruzione che viene data all’interno è quella professionale; ho visto un’attrezzatissima officina meccanica dove i più grandi imparano il mestiere di meccanico, che potrà garantire un lavoro dignitoso. Vi sono anche laboratori di musica, e qui non ci sono grossi problemi perché la musica l’hanno nel DNA, d’informatica e d’altro.
Uno “scuolabus” gira fra le scuole pubbliche e preleva i bambini, al termine dell’orario, o li porta, se il turno è pomeridiano, in quanto al “bairro” l’attività è soprattutto ludica. Non manca l’assistenza medica.
Lo scopo principale, oltre all’istruzione professionale, è quello di togliere i bambini dalla strada dove finirebbero nel degrado della droga, della prostituzione e della malavita.
Analoga situazione, anche se in forma più ridotta, l’ho riscontrata a Peruibe, a circa 100 km. da San Paolo, una città di 100.000 abitanti, sul mare, che è diventata la spiaggia dei cittadini agiati di San Paolo. Ovviamente, anche qui c’è una netta distinzione, basta una strada a dividere, fra quartieri degradati e quartieri “di lusso”, tutti con le caratteristiche descritte sopra.
Qui i bambini gestiti hanno un’età che va dai sei ai diciott’anni, età scolare, quindi.
Anche a Peruibe le scuole pubbliche operano su due turni e, quindi, anche la “Colonia” gestisce due turni.
L’istruzione professionale data è ad indirizzo agrario-forestale e ciò per la configurazione del territorio. Ma non mancano corsi di altro genere: musica, come ovvio, ma anche cucito e ricamo, pasticceria, artistica e scuola di mosaico.

I bambini incontrati in entrambe le strutture, pur nella loro vivacità naturale giovanile, e nell’allegria scatenata dai giochi e dalla musica, mi sono sembrati bisognosi, soprattutto, di affetto e negli occhi di tutti traspariva un velo di malinconia.
Molti sembravano alla ricerca di un’adozione a distanza in quanto sanno che, con questo sistema, è più facile proseguire negli studi.

Durante questi incontri ho vissuto delle esperienze, che definirei emozionanti, e che, comunque, desidero tenere solo per me e, spero, mi capirete.

giovedì 7 dicembre 2006

Conclusa con successo la tournée in Brasile del Coro Marmolada di Venezia

Un sunto di quindici giorni di tournée

Il Coro Marmolada di Venezia ha concluso la tournée in Brasile dove ha attraversato, in quindici giorni, gli stati del Rio Grande do Sul, di Santa Catarina e di San Paolo.
Il complesso veneziano, diretto da Lucio Finco, ha conseguito ovunque un grande successo sia da parte del pubblico adulto, d’origine italiana e non, sia da parte dei bambini, ospiti in strutture missionarie, che hanno innati nel sangue la musica ed il ritmo. I piccoli brasiliani hanno accolto, con particolare gioia ed entusiasmo, il canto appositamente messo a punto per questa tournée “Vamos Construir”, quasi un inno dei bambini che si rivolgono ai grandi invitandoli a costruire assieme un mondo migliore. Spesso i piccoli si sono immessi fra le voci del “Marmolada”, ma anche i coristi non sono stati da meno, inserendosi nei ritmi di samba che, con continuazione, scandivano la vita giornaliera degli ospiti dei centri d’accoglienza.
Il loro desiderio era, ed è, soprattutto l’affetto, sensazione che traspariva dagli occhi di tutti che, seppur allegri come vuole l’età, mantengono sempre un velo di malinconia.
L’incontro con i bambini, prima del “Bairro da Juventute” di Criciuma e poi della “Colonia Venezia di Peruibe” della quale il Coro Marmolada è “testimonial”, è stato, senz’altro, l’esperienza più bella ed emozionante che i coristi abbiano vissuto.
Non ci sono applausi, o pubblico che si alzi in piedi al termine di “Merica, Merica”, che valgano quanto i sorrisi dei bambini che abbiamo incontrato.
La missione del “Marmolada” in Brasile era anche quella di sensibilizzare, con la sua presenza e con il canto, pure i brasiliani a quello che, senz’altro, è uno dei problemi più angoscianti della loro nazione: l’estrema povertà ed il degrado in cui vive buona parte della popolazione, soprattutto più giovane, che può essere salvata solo togliendola dalla strada e con l’istruzione. Importante è anche far capire loro che non si può “vivere alla giornata”, una “filosofia” molto in voga fra chi non ha nulla, ma che, invece, è necessario costruire un futuro.
Noi speriamo di esserci riusciti, almeno verso coloro che abbiamo incontrato.
Il Brasile è il paese dei contrasti, il paese in cui si vede il lusso, l’estremo ed ostentato lusso, e, a pochi metri di distanza, il degrado! Favelas accanto a grattacieli e grattacieli ridotti a favelas perché formati da appartamenti di trenta/quaranta metri quadri. Macchine potenti e blindate che sfrecciano vicino a carretti carichi di stracci e che, molto spesso, si trasformano in letti che stazionano sotto i cavalcavia. Situazioni, almeno agli occhi di noi italiani, talmente “shockanti”, da non permetterci di poter definire quanto visto; non è possibile descrivere l’impressione ricevuta nel vedere le case di chi è appena un po’ ricco circondate da alte inferriate, filo spinato e fili elettrici nei quali non corre certamente una “bassa tensione”!
Siamo passati anche da Nuova Veneza dove, da pochi giorni si trova pure una gondola; ovviamente la chiesa principale è dedicata a San Marco e gli abitanti, italiani provenienti per la maggior parte dal bergamasco (la Serenissima aveva l’Adda come confine), parlano in veneto, uno strano veneto con alcuni termini ormai non più in uso da noi.
Abbiamo incontrato altri cori al XIV Festival di Criciuma, tutti cori dell’America Latina con musicalità e ritmi completamente diversi dai nostri che, comunque, hanno riscosso un ottimo successo, soprattutto per la raffinatezza e la delicatezza delle esecuzioni.
Ricordiamo anche un’altra operazione culturale svolta dal “Marmolada”: i libri d’autori italiani che i coristi si sono caricati nei bagagli per consegnargli all’Associazione “Bella Italia” di Santa Cruz do Sul (RS), associazione che organizza corsi d’italiano. Certamente non sono molti questi libri, ma ci sarà una continuazione in quanto prevediamo di raccoglierne altri, che poi saranno spediti.
In una piccola cittadina, ad economia essenzialmente agricola, Sobradinho, nel Rio Grande do Sul, abbiamo eseguito il concerto al lume di candela a seguito di un guasto alla linea elettrica che alimenta la città: è stato suggestivo, molto suggestivo, ma anche pericoloso, soprattutto per il presentatore, il sottoscritto, che, per portarsi al centro della chiesa, in quanto il microfono, ovviamente, non funzionava, doveva scendere ogni volta tre gradini di marmo nero (allo scuro)!
A Santa Maria (RS) il coro si è esibito nell’auditorium della Base Aerea, che ricordava i 35 anni di fondazione, ed è stata simpatica, nonché gradita, la consegna da parte di un corista, militare della Aeronautica Italiana, del CREST del 51° Stormo Bombardieri d’Istrana al colonnello Guasti, comandante della Base Aerea di Santa Maria.
Abbiamo cantato anche nella Chiesa di San Domenico, a San Paolo, luogo che vide la presenza del nostro concittadino Padre Giorgio Callegari, frei Giorgio, del quale, assieme all’Associazione “Amici della Colonia Venezia di Peruibe” cercheremo di continuare la sua opera, anche in memoria del nostro amico e corista Stefano Malgarotto, che fu colui che ci fece conoscere questa realtà.
Ma la tournée è stata anche molto altro e ne riparleremo ancora in occasione di una serata speciale che organizzeremo più avanti, nella nuova sede del “Marmolada”, dove, oltre ai racconti, ci saranno anche le immagini.
Anche la cascate d’Iguazù hanno visto la presenza del coro, però lì non si poteva cantare: l’acqua faceva troppa confusione! Bellissime! Impossibile descriverle: andate di persona!

mercoledì 6 dicembre 2006

Riflessioni sul Brasile (1): Iguazù


Cataratas do Iguaçu o Cascate di Iguazù … bellissime! Difficili da descrivere, però. Qualunque cosa si dica o si scriva non riesce ad esprimere la bellezza, la grandezza e la maestosità del luogo! Neppure le fotografie rendono bene l'idea.
È inutile, per goderle appieno bisogna andare sul posto, ed anche presto, prima che vengano rovinate dal “business” turistico, prima che diventino “Iguaçuland”.
Credetemi, non ci manca molto. Già ora ci sono chilometri di passerelle in cemento e ferro che ti portano fin sul limite dei salti; ai lati dei sentieri, quasi sempre di cemento, cartelli che indicano la presenza di serpenti, ma io non ne ho visti: solo un’iguana spaventata ed un caimano che prendeva il sole su un sasso in mezzo al fiume.
Elicotteri, che non fanno parte del paesaggio naturale, ti girano in continuazione sopra la testa per soddisfare le manie fotografiche di chi può spendere 70 dollari per dieci minuto di volo. Non basta: anche i gommoni che ti portano dentro le cascate, dove non puoi fotografare alcunché, dove, ovviamente, t’inzuppi d’acqua, però puoi dire agli amici, sempre invidiosi, :”Io sono stato dentro le cascate di Iguazù!” Ovviamente altri 40 dollari.
Per non parlare del video operatore che ti segue da quando scendi dal pullman (riprende uno per uno), sul trenino (anche questo da Iguazùland), soprattutto quando fa la curva, e sulle passerelle. Alla fine, quando stai pranzando, ti vedi in TV e poi se vuoi acquistare il DVD, almeno 5 per una comitiva, altri 25 euro l’uno (si euro questa volta).
Mi sa tanto che gli organizzatori turistici di questa località abbiano inviato qualcuno a Venezia per apprendere come si fa a fregare il turista!
Albergo di lusso, tutto nuovo e recintato con filo spinato e corrente elettrica per non fare entrare estranei. Si sa, in Brasile chi ha un po’ di soldi, bastano pochi, ha paura, tanta paura, di chi ne ha di meno! Ma questo è un altro argomento del quale tratterò nei miei prossimi “posts”.
Comunque vale la pena andarci: sono veramente belle!

Aggiornamento del 7.12 - Clicca qui per vedere un po' di foto

giovedì 16 novembre 2006

Arrivederci, o meglio ... a rileggerci, al 4 dicembre p.v. (fuso orario permettendo)

Dopodomani inizierò il viaggio per il Brasile e, quindi, sempre che non trovi qualche occasione, il "blog" andrà in vacanza.
Al mio ritorno, pertanto, riprenderò raccontandovi le esperienze vissute, sia dal punto di vista musico-corale che sociali e di amicizia.
Il tutto, però, se il fuso orario non mi creerà problemi.

Saluti e ... a rileggerci!

Sergio

mercoledì 8 novembre 2006

La banca del domani. Monte dei Paschi di Siena e Microsoft la stanno “costruendo”.

Dall’agenzia ADNKRONOS, una notizia che mi fa anche sorridere. Il Monte dei Paschi di Siena, la banca più antica del mondo, in collaborazione con Microsoft, sta creando lo sportello del futuro (leggi articolo).
Infatti tutte queste smania ed offerta di tecnologia, che sembrano a solo favore del cliente, mi sanno molto di un qualcosa per aumentare i vari costi, che dobbiamo per qualsiasi operazione bancaria.
Cosa chiede, soprattutto in Italia, chi ha contatti con questi istituti, che sembra ti facciano solo piaceri e ti regalino tutto? Principalmente, la richiesta è quella di abbassare i costi, che sono fra i più alti d’Europa.
Ma da questo orecchio le banche proprio non ci sentono.
Telefonia Ip e videoconferenza cambieranno, senz’altro, il rapporto personale fra cliente e colui che sta dall’altra parte.
Se, pur trattando personalmente, i funzionari bancari, per ordini certamente superiori, sono riusciti a tirare i bidoni dei “bond” argentini e delle obbligazioni Parmalat, cosa potrà capitare al disgraziato cliente che si avvicinerà allo sportello supertecnologico?
E poi sarà tutto talmente sicuro come promesso? Prima o poi, nonostante le precauzioni, salterà fuori qualche imbroglio, tipo “phishing”, magari anche lui supertecnologico, ed allora come tanti pesci, tutti ad abboccare all’amo!

lunedì 6 novembre 2006

Il “talian”

Fra una dozzina di giorni tornerò in Brasile con il Coro Marmolada di Venezia, del quale faccio parte da lungo tempo e, nell’occasione, tornerò anche in qualche parte del Rio Grande do Sul, stato che visitai tre anni fa.
Una delle cose che mi farà piacere incontrare nuovamente sarà la parlata di quella gente, per la maggior parte di origine veneta, che ha creato il “talian”.

Ma cosa significa questo termine? È questo il nome del dialetto (o lingua?) attualmente parlata da moltissimi discendenti di coloro che lasciarono le nostre terre a fine '800 per trovare fortuna in “Mèrica”; è un dialetto a base veneta, o meglio un misto dei dialetti veneti dell’epoca, con qualche vocabolo assimilato dal portoghese e, soprattutto, con la cadenza di quest’ultima parlata: sembra quasi un veneto parlato da un genovese! Con questo “post” desidero presentare il “talian”, a chi non lo conosce, con alcuni esempi di come si scrive in questa lingua e, per questo, vi propongo la trascrizione di due brevi brani tratti da un libro (citato nelle note) che mi è stato donato dall’Associazione Culturale Italiana “Stazione 35” di Carlos Barbosa.
Ringrazio l’autrice, che mi ha autorizzato la pubblicazione, e la sig.ra Teresa Maria Manfredini, presidente della predetta associazione, che ha fatto da tramite.


Imigranti taliani in Brasile
(1)


Nell’Itália, le persone vivêa massa male. Le famêie era grande e ghera poca tera de laorar. I magnea polenta, lentilha (2) (i fea el pan) e minestron (minéstra co verdure).
Le pedo malatie l’era: pelagra (sarna (3)), cólera e malária.
Non i se cambiava le robe e i se lavea due volte al ano. Tuti dela famêia i abitea nela sala. I paioni (colchão (4)) i era fati de scartosso.
Tuti i laorea in te la colonia dei paroni, che i vivea in cità. Le done le era come schiave. Le tendea de tuta la famêia e anche le laorea in colonia. Molte de ele portea carghe de pasto (5) su la schena, come le mule, per guadagnar pochi soldi.
Alora, ghe tochea vegner al Brasile.
Nel Brasile, l’era quasi al fin dela schiavitù. A San Paolo, ghe manchea persone per laorar con le piante del café. Alora i mandea par la Itália, persone, per far propaganda de la bona vita e de le richesse che ghéra nel Brasile. Queste per sone, guadagnava soldi per ogni persona che vegnea de la Itália.
I taliani non podea pi aguentar (6) i sofrimenti che ghera nela Itália e, come nel Brasile, la vita era meravigliosa, i gá volèsto vegner quá. Lori i ga scominsiá a vener de 1875 a 1890. I vegnea del Nord de la Itália (Vêneto). I andea per qualche parte de la Mérica (Argentina, Estati Uniti, Brasile…). Il viagio durea de due a due mesi e mezo. In nave i magnea male e, se alcun restava malato, prima de morir, i butea questo malato al mare, par lu no passare la malatia ai altri. I era tratadi come le béstie.
I rivea quá nel Brasile, nel Rio de Janeiro. Lá i restea quaranta di. I era vendesti come schiavi. Alora, i se desespera, perché i volêa tere e non ghe n’era tanta.
De ottanta a cento e venti mila italiani i è vegnesti al Rio Grande del Sul.
(Palestra (7) fata par Diogo Guerra a la nostra comunitá)


La vita dei imigranti (1)

I primi imigranti arivati quá i era tuti taliani per volta de l’ano 1878. I vegnea de la Itália con la nave. I ghe metea nove mesi per arivar al Brasile. Quei che i moria nel viagio, i éra butati al mare.
Le case l’era fate con sassi o legna. Le sfese i serea con baro (8), L’era de due piani. Le persone dela famêia le fea le case. Le parede, per separar i cómodi (9) dela casa l’era fate de tacoare (10) o scarêze (11). Le teglie (12) l’era de scándole. I stea nei primi tempio con il fogo impissá ala note intiera, perché le béstie cative non arivasse arente.
I è vegnêsti d’Itália perché lá non ghenera magnar e pósti per laorar. Nei primi mesi l’Itália mandea le semense e alcun magnar. Dopo, i magnea quel che i piantea o i andea a piê a Montenegro o a caval ciapar le cose che manchea. Pi tardi, lé vegnesto el tren, la Maria-fumaça.
I nostri imigranti bestemea tant perché ghenera revoltá per rento.
La pégio dificoltá, l’era le béstie del mato (13): leoni, tigri, bisse ragne …
Quasi tute le famêie, le gavea dôdese, quindese, o anca venti e quatro fiôi.


NOTE:
1 Tratti da “Alpinada – La voia de slongar i tramonti” -di Ana Tânia Tenedini
Ed EST Ediçôes per conto di Prefeitura Municipal de Carlos Barbosa-RS (Brasile).
2 Lentichia
3 scabbia
4 materasso
5 carico di pascolo – pasto = erba
6 sopportare
7 conferenza
8 argilla
9 stanze
10 bambù, canna
11 paglia abbastanza alta che veniva anche ta- gliata per le mucche. fa un fiore bianco, come una piccola bandiera, con cui i bambini giocavano.
12 dal portoghese “telha” = tegola
13 foresta

giovedì 2 novembre 2006

"Peso el tacon del buso"

Oggi, 2 novembre, ad una settimana dalla pubblicazione su “ilVenezia” della mia lettera “Di sinistra … ma non compagno” (vedi sotto), mi è arrivata una telefonata di una signora che, senza presentarsi, ma informandosi se ero io che avevo pubblicato quella lettera, mi diceva che “ … Darsié non è di Venezia, ma di Gorizia”. Al che risposi che era pur sempre un esponente dei Ds veneziani. Nuovamente l’ignota signora mi ribadiva che non era di Venezia e che aveva sempre vissuto a Gorizia.
Cercando di capire il perché di questa telefonata e di queste affermazioni, azzardai l’ipotesi della poca conoscenza del Darsié per quanto riguardava la storia di Venezia (vedi ultimo paragrafo della mia lettera) e lei mi fece capire che quella era la ragione della telefonata che, dopo il saluto, terminò.
Tuttora non riesco a capire perché e da chi mi sia stata fatta questa telefonata: una parente, una segretaria, una “portaborse” del partito? Se voleva essere una giustificazione circa l’ignoranza sulla storia veneziana, mi sembra che abbia peggiorato la situazione perché un esponente politico non può dire a vanvera tutto quello che gli capita per la mente; prima di parlare è meglio che s’informi e s’istruisca. Risultato: “Peso el tacon del buso!
Per la cronaca, Renato Darsié, se non è un suo omonimo, abita a Mirano, a pochi chilometri da Venezia.

mercoledì 1 novembre 2006

4 novembre 1966: “acqua granda” a Venezia.

Sono già trascorsi quarant’anni! Come passa veloce il tempo.
Molti giovani, forse, non lo sapranno, ma qual giorno due città, le più ricche al mondo, artisticamente parlando, stavano soccombendo alle forze della natura: Firenze e Venezia.
Non conosco cosa stiano facendo a Firenze per ricordare quel giorno; so, invece, che il Comune di Venezia sta preparando un sito con le foto e le riprese cinematografiche di quei drammatici giorni ( http://www.albumdivenezia.it/ )
Io non ho scattato fotografie, però c’ero. Questi sono i miei ricordi.
Il 3 novembre, sabato, con il Coro Marmolada, del quale facevo e tuttora faccio parte, ero andato ad Arzignano, in provincia di Vicenza, per un concerto. Pioveva e tirava un forte vento di scirocco (raffiche anche di 80 km. orari). Faceva caldo, troppo caldo per la stagione. Tutto il pomeriggio e tutta la sera continuò a piovere, e quando il pullman ci lasciò a Piazzale Roma, circa le tre del mattino del giorno quattro, pioveva ancora. Subito la situazione mi parve problematica. Nelle “fondamente” (strade veneziane, che s’affacciano su un canale), immediatamente a ridosso del piazzale, c’era già acqua, nonostante la zona fosse, e lo è ancora oggi, abbastanza elevata. Per prendere il vaporetto erano già state approntate le passerelle e notai il pontile d’approdo molto alto. Percepii subito che l’acqua aveva già raggiunto un notevole livello, uno dei più alti negli ultimi anni. Gli amici che dovevano procedere a piedi si trovarono subito in difficoltà e, lo seppi dopo, affrontarono le calli allagate per arrivare alle loro abitazioni. Ma anche coloro che, abitavano in altre zone di Venezia, scendendo alle varie fermate, si trovarono subito bloccati e dovettero camminare con l’acqua che, in certi punti, già arrivava alle ginocchia.
Io, allora, abitavo al Lido e quindi dovetti restare in vaporetto percorrendo tutto il Canal Grande ed il Bacino di San Marco. Non si vedevano pezzi asciutti ed in molte zone mancava già l’illuminazione pubblica. Ogni tanto si notava qualche chiazza oleosa: era la nafta, combustibile usato allora, uscita dai serbatoi che l’acqua, ormai, superava. Si capiva che la situazione era drammatica anche perché, secondo l’orario della marea astronomica, l’acqua doveva aver già iniziato ad uscire e, quindi, il livello doveva diminuire.
Lasciando il Canal Grande, ed uscendo nel Bacino di San Marco, il vaporetto fu investito da forti raffiche di vento ed iniziò ad ondeggiare.
La Piazza San Marco era scomparsa.
Quei pochi che salivano in vaporetto portavano notizie sconvolgenti. Ma si sperava nella bassa marea che avrebbe riportato la città alla normalità.
Io ero abbastanza tranquillo perché il Lido è molto più alto e, quindi, sarei stato all’asciutto. Verso le quattro del mattino arrivai a destinazione e scendendo dal vaporetto trovai solo qualche centimetro d’acqua, che aveva invaso il Piazzale S.Maria Elisabetta. Gli autobus avevano spostato la fermata agli inizi del Gran Viale, non ancora allagato, cosa che invece accadde qualche ora dopo.
Finalmente arrivai alla fermata vicino casa e dovetti affrontare un fortissimo vento che mi faceva camminare con fatica. Il mare rumoreggiava, ma non persi tempo a guardare ed entrai in casa.
Mia figlia non aveva ancora tre mesi e dormiva tranquilla; mia moglie, essendo rimasta tutto il giorno in casa, non si era resa conto di quanto fosse grave la situazione. Vista l’ora oltremodo tarda, non ci furono grandi colloqui e mi addormentai subito, nonostante il continuo rumoreggiare del mare.
E venne l’ora del risveglio; erano circa le dieci del mattino. Accesi la luce, ma tutto restò buio perché mancava l’elettricità. Andai alla finestra, alzai la tapparella e, da subito,faticai a vedere il palazzo di fronte: gli spruzzi d’acqua, trasportati dal vento, rendevano il vetro della finestra non trasparente.
Il riscaldamento non funzionava, ma non c’era freddo. La preoccupazione di mia moglie e mia era per la piccola Laura, perché ascoltando la radio a batterie, le notizie, pur nella loro frammentarietà, erano allarmanti. Affermavano che l’acqua, nelle sei ore in cui doveva scendere, era invece aumentata per la forza del vento ed ora riprendeva a salire con maggiore velocità e se i “murazzi” non avessero tenuto, il mare sarebbe entrato in laguna! Noi abitavamo proprio sul lungomare dove iniziavano i “murazzi”, barriera artificiale di grossi massi di pietra d’Istria, posti a protezione della laguna ancora dalla Serenissima nel XVIII secolo.
Una volta allattata ed addormentata la piccola, mia moglie ed io decidemmo di andare a guardare cosa succedeva. Scesi nell’androne del condominio trovammo la porta sbarrata da rinforz,i che impedivano si aprisse per la violenza del vento e, quindi, uscimmo per il retro.
Il lungomare era battuto dal vento. Arrivammo all’inizio di quella che doveva essere la piccola spiaggia dello stabilimento “Sorriso”, proprio di fronte a casa nostra, ma non vedemmo spiaggia, le capanne erano sfasciate e perfino i camerini in muratura non esistevano più. La forza del mare aveva distrutto tutto. Solo la struttura su colonne in cemento ancora resisteva. Ed i murazzi? Tenendoci l’un l’altra, per proseguire contro il vento, arrivammo a percorrere il centinaio di metri che ci separava da questa diga. Le onde, altissime, che s’infrangevano sui massi sottostanti, superavano in parte la barriera e si riversavano sui terreni sottostanti, allora coltivati ad orto. Una breccia sembrava già aperta e da lì l’acqua entrava più facilmente. Ogni tanto qualche onda più forte si riversava completamente dall’altra parte.
Eravamo soli sui murazzi, ed allora capimmo che, forse, sarebbe stato meglio rientrare.
Restammo a casa fino alle sedici, quando uscimmo nuovamente per vedere se si poteva andare a Venezia. Il piazzale, sul quale la mattina c’erano pochi centimetri d’acqua, ora era completamente allagato. Ormai da circa ventiquattro ore l’acqua continuava a crescere senza mai poter defluire. I motoscafi, natanti più piccoli che riuscivano ad approdare all’interno di un vicino canale, viaggiavano senza alcun orario e non era assicurato il ritorno. Non restava che ritornare a casa.













Il vento continuava ad infuriare, quando, all’improvviso, ci fu un silenzio quasi irreale ed anche la luce, ormai eravamo all’imbrunire, apparve strana. Il tutto durò poco. Dopo di questo percepimmo subito che il vento aveva cambiato direzione: ora proveniva da terra ed era il vento detto “di garbin”, il vento della salvezza!
Subito l’acqua cominciò a defluire e fu allora che saltarono fuori le magagne: gente senza casa con le masserizie in calle, il segno della nafta su tutti i muri, i negozi con la merce rovinata dall’acqua, corrente elettrica che funzionava solo a tratti, tanto che, di notte, gran parte della città restava al buio.
I giorni successivi, girare per Venezia era veramente deprimente.

domenica 29 ottobre 2006

Un "bravo" a Claudio Lippi

Devo ammettere, non m’interesso molto di televisione, ma la notizia, della quale ieri avevo letto lo “scoop” d’agenzia, e che, oggi, si trova in rete con maggiori aggiornamenti, mi ha un po’ rincuorato.

Finalmente qualcuno, che fa TV, si ribella a come è fatta la TV oggi.

Claudio Lippi
, vedi notizia , ha lasciato la trasmissione su Canale 5 della quale era anche autore dicendo: «Buona domenica è diventata un ring di nome e di fatto. Non posso condividere una televisione spazzatura fatta di parolacce e bestemmie allo scopo di fare audience»

Chissà che qualcun altro lo segua e lo imiti! Speriamo!
Io ho, però, i miei dubbi. Infatti, chi può permettersi di lasciare un lavoro di quel genere, senza poi essere osteggiato da tutti coloro che bazzicano quell’ambiente?

Per questo Lippi, che si è dimostrato coraggioso e di carattere, è ammirevole!
Auguri!


Su questo stesso argomento potete vedere il blog http://intersezioni.mioblog.net/index.php/2006/10/30/clamoroso-abbandono/

giovedì 26 ottobre 2006

L’imam aperto e progressista - Vi mando ad un altro blog: merita.

Questa volta non inserisco alcunché di mio, ma, se volete, potrete andare ad un "post", su un altro "blog", "post" del quale condivido in pieno quanto espresso nello stesso.
E' relativo alle ultime vicende dell'imam di Segrate.
I commenti metteteli pure nel "blog" originale

sabato 21 ottobre 2006

Piazze “del Popolo” e piazze “dei Signori”

Di piazze “del Popolo” in Italia ce ne sono abbastanza. Ne troviamo una a Roma, ad Ascoli Piceno, a Ravenna, a Cesena, ad Arezzo ed a Pesaro. Ma anche in centri più piccoli come Manfredonia, Modugno e Todi.
Ed altre ancora.

Se invece cerchiamo le piazze "dei Signori” ne troviamo solo quattro e tutte nel Veneto: Verona, Vicenza, Padova e Treviso.

Dove è andato a “manifestare” Berlusconi ed i suoi accoliti e sodali?
A Treviso ed a Vicenza nella “Piazza dei Signori”! Che strano!

Ve lo immaginate in mezzo ad una comunissima “Piazza del Popolo”?

P.S. - L'osservazione non è mia, mentre lo è la ricerca di dove si trovano le piazze con questi toponimi.

venerdì 20 ottobre 2006

Di sinistra, ma non ... "compagno"!

Oggi ho ricevuto una “mail” dalla Federazione Provinciale di Venezia dei Democratici di Sinistra al … “Caro compagno”. Poiché non lo sono mai stato ed anche perché, proprio oggi, su Il Gazzettino, appaiono delle dichiarazioni che proprio non mi piacciono (vedi articolo riportato sotto), ho scritto al direttore del quotidiano:

Egregio Direttore,
desidero, tramite il giornale da Lei diretto, informare la Federazione Provinciale dei Democratici di Sinistra che non desidero ricevere e-mail indirizzate con “Caro compagno”, come quella che mi è pervenuta proprio oggi, perché non lo sono e non lo sono mai stato. Evidentemente l’indirizzo lo hanno recuperato quando andai a votare per le “primarie”, nelle quali anche loro erano interessati.
Nulla in contrario a ricevere avvisi, però, ripeto, non intestati al “compagno”.
Non so come si arriverà al Partito Democratico se si continua con queste forme antiche e superate, oppure con il becero attacco alla Chiesa Cattolica, che sa molto del comunismo degli anni ‘40 e ’50 (quello dei comunisti mangiapreti), come espresso proprio su Il Gazzettino del 20 ottobre dalle dichiarazione del loro esponente Darsié, che gongola per il fatto che i matrimoni civili, in Venezia, abbiano superato quelli con rito religioso.
Se credono ancora che il potere della Chiesa sia un “potere civile”, quelli come Darsiè si sbagliano di grosso; e cosa c’entri il fatto che Venezia sia, e sia stata, una città laica per il fatto che la Basilica di San Marco non era la sede del Patriarca, ma solo la Cappella Ducale, vuol dire che è meglio si vada a rileggere la storia della Serenissima e non si azzardi a dare interpretazioni quantomeno ridicole.
Ringrazio e saluto

Sergio Piovesan

Chissà se la pubblicheranno.
___________
A tutto il 25.10 NON ANCORA PUBBLICATA.

Poiché non é stata pubblicata neppure oggi 26.10, la ho inviata nuovamente a IL GAZZETTINO e, inoltre, cosa che non avevo fatto la volta precedente, anche a: "Nuova Venezia", "Il Corriere del Veneto" e "ilVenezia".

27.10.2006 - Pubblicata su "ilVenezia" e "ilMestre" (pag.11)
___________________________________________
IL GAZZETTINO - Venerdì, 20 Ottobre 2006

Se la Chiesa non si preoccupa ...

(M.F.) Se la Chiesa non si preoccupa più di tanto per la diminuzione dei matrimoni religiosi, la parte laica della società esulta per la vittoria della modernità sul potere religioso.
«È il segno dei tempi - commenta l'esponente dei Comunisti Italiani Renato Darsiè, che della laicità ha sempre fatto un cavallo di battaglia - e dimostra inequivocabilmente che la Chiesa perde potere. La gente, insomma, non la percepisce più come il regolatore della vita quotidiana e sente la presenza di uno Stato. È un grande e importante passo in avanti».
Darsiè è stato in prima linea non solo nella battaglia per il matrimonio, ma anche per il funerale laico, con una serie di interrogazioni in consiglio comunale che avevano sollevato il problema della mancanza di una sede adeguata per dare l'estremo saluto a persone non credenti in modo squisitamente laico.
«C'è anche un altro aspetto - continua - ed è che la popolazione, non riconoscendo più alla Chiesa il ruolo di regolatore della vita e dei rapporti sociali, ha assunto anche un ruolo di autonomia rispetto alle credenze precedenti. Questo accade oggi anche nel Veneto più profondo, dove negli ultimi anni c'è stata una forte presa d'atto della presenza di uno Stato custode dei diritti e garante dei rapporti. Il caso di Venezia, dove il matrimonio civile ha superato il 60 per cento del totale, è diverso dal resto del Veneto. Venezia è storicamente una città laica, non solo negli ultimi decenni. Non debbo essere io a ricordare che il Patriarca stava a Castello e San Marco era la cappella privata del Doge. In altre città della provincia, invece, la vita è stata sempre organizzata dalla Chiesa».
Insomma, una maggioranza di matrimoni civili è sintomo di maturità sociale?
«Certo, lo Stato ha preso il posto nella Chiesa nella vita quotidiana e la sua autorità è sentita dai cittadini. La perdita di potere della Chiesa è un salto culturale abbastanza importante. Per dare un'immagine, ricordo nella "Battaglia di Algeri" di Gillo Pontecorvo che ad un certo punto una giovane coppia rifiuta di farsi sposare dai francesi e si rivolge per la celebrazione del matrimonio al Comitato di liberazione nazionale. In quel momento si verifica il passaggio di potere tra il vecchio e il nuovo Stato».

mercoledì 18 ottobre 2006

RAVEO – Cava di gesso (seconda puntata)

Cittadini di Raveo che manifestano contro la possibile apertura della cava nelle vicinanze del loro paese (22 agosto 2006)


Il 17 settembre ho inserito un “post” su questo argomento e, ad un mese di distanza, ci sono delle novità, purtroppo delle novità non entusiasmanti.
Infatti la giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia ha deciso, in data 12 ottobre, di recepire integralmente il parere della commissione di Valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.), parere espresso favorevolmente alla coltivazione della cava, in data 2 agosto.
A parte il fatto che la delibera della giunta regionale non si è espressa entro i 30 giorni prescritti (2 agosto e, quindi, entro il 2 settembre), ma solo 70 giorni dopo, restano ancora molti dubbi sul perché sia stata presa questa decisione che, tuttavia, non è unanime. Infatti, mancavano tre assessori in quella seduta, e, inoltre, uno ha dato parere contrario.
E c’è anche da tenere in considerazione, e tutto da discutere, il motivo per il quale la giunta ha dato parere favorevole, e cioè che non poteva esimersi, in quanto “atto dovuto”, e, quindi, poteva solo prendere atto di una valutazione tecnica.
La richiesta dell’assessore contrario (per la cronaca Antonaz) era quella di rinviare la pratica alla commissione, in attesa di ulteriori approfondimenti, visto che non sarebbero stati tenuti in considerazione i numerosi pareri negativi espressi da più istituzioni e organi tecnici.
Ora, vista che l’attuale amministrazione comunale di Raveo è nettamente contraria all’apertura della cava, ed in questo è supportata dalla gran parte della popolazione, non resta altro, alla stessa, che esprimere un ulteriore parere negativo e, comunque, intentare ricorso al T.A.R. contro la procedura della commissione V.I.A.
La strada è ancora lunga e, speriamo, prenda una direzione diversa!

Per approfondimenti: http://www.piovesan.net/raveo/Rassegna%20stampa.htm

venerdì 13 ottobre 2006

Chi vuole tornare al latino?

Navigando sul sito Corriere.it mi sono imbattuto in un sondaggio, ovviamente immesso in questi giorni a seguito delle notizia relativa ad un parere favorevole di Benedetto XVI al ritorno, per i sacerdoti che lo desiderassero, alla celebrazione della Messa in latino, quella del rito di san Pio V.
La domanda era ed è: “Siete favorevoli al ritorno della messa in latino?” ed il risultato è, a tutt’oggi (13.10 ore 12), il seguente:

SI 58,3%
NO 41,7%
I votanti sono 20.931


Sinceramente devo ammettere che il risultato, pur con tutte le attenuanti che è giusto adottare, mi sorprende.
Innanzitutto penso che sia da valutare chi siano i votanti; senz’altro non sono coloro che hanno assistito, coscienti, alle ultime messe in latino in quanto l’età di costoro è di circa 70 anni, quindi non abituali di internet. E poi non è detto che costoro siano in numero così favorevole al SI.
Consideriamo anche che un certo numero abbia voluto votare SI giusto per essere il solito “bastian contrario”, ma quanti saranno?
Ed allora chi potrà far parte di questa maggioranza silenziosa che vuole ritornare all’antico?
Chi vorrà sentir dire ancora “oremus” al posto di “preghiamo”, oppure “In principium erat Verbum …” invece di “In principio era la Parola … “ e così via?
Non credo ci siano molti nostalgici della lingua latina anche perché se una volta s’iniziava a studiare dopo la V elementare e magari anche solo per tre anni, oggi mi sembra che inizi solo dopo le tre medie inferiori. Quindi chi sapeva un po’ di latino erano senz’altro più numerosi una volta che non oggi.
Oppure è proprio la mancanza di questa “conoscenza” che ha spinto a votare SI?
I dubbi mi restano!
Una cosa mi farà piacere, quando e se potrò riascoltare una liturgia in latino: il canto gregoriano che ha tutto un suo fascino particolare.
E voi cosa ne pensate?

martedì 10 ottobre 2006

Passa una nave!

Il pomeriggio di ieri, 9 ottobre, mi sono recato sull'Isola di San Giorgio Maggiore e, mentre mi trovavo sul piazzale antistante la chiesa palladiana, è passata una nave.
Ed ecco la documentazione del suo passaggio!

Sulla “finanziaria” e anche qualcos'altro!

Art. 63
(Trattamento economico dei ministri)
1. Il trattamento economico complessivo dei Ministri
e dei Sottosegretari di Stato, previsto dall’art. 2,
comma 1, della legge 8 aprile 1952, n. 212 e
successive modificazioni, è ridotto del 30% a
decorrere dal 1° gennaio 2007.


Quello che mi piace della “Finanziaria” è l’articolo 63!
Ed anche il successivo articolo 64.

Art. 64
(Automatismi stipendiali e misure di contenimento
per i trattamenti accessori dirigenziali)

Era ora che qualcuno incominciasse!
Ma quello che non si vede nelle 253 pagine del provvedimento, almeno in una lettura molto veloce, è l’applicazione di questo articolo anche ai parlamentari, ai componenti le giunte ed i consigli regionali, provinciali e comunali. E, perché no, anche ai componenti le cosiddette municipalità.
Sai che risparmio di spesa pubblica ci sarebbe!
Ma io allargherei questo articolo anche ai pensionati della politica, a coloro che, magari solo dopo due legislature (parlamentari e consiglieri regionali), se ne possono stare in panciolle a farsi gli affari loro e godersi pensioni di qualche migliaio di euro al mese! E non ci vengano a dire questi signori che se le sono pagate le pensioni! Con quali soldi?
Andiamo avanti con altri possibili risparmi di spesa pubblica.
Non ho letto di risparmi sulle cosiddette “auto blu”, quelle usate dai vari personaggi della politica ed istituzionali nonché da alti dirigenti.
Ma è mai possibile che non possano usare l’automobile loro? Perché, oltre alle favolose prebende devono godere anche di queste agevolazioni? E non vengano a dire che è questione di sicurezza. Questo forse è da valutare.

Lasciatemi, a questo punto, portare un esempio veneziano e poi traetene le conseguenze.
Mi riferisco alle “auto blu”, o meglio, ai “motoscafi blu” che non sono blu ma in “lustrofin”, cioè in legno pregiato tirato a lucido, lustrati in tutte le sue parti.
Spesso mi soffermo in Fondamenta Santa Chiara, di fronte al supermercato Coop, dove si trova un pontile di attracco del Consiglio Regionale. Soprattutto durante il mattino c’è un viavai di motoscafi, con tanto di bandiera della Regione del Veneto che, dopo una sosta, caricano poche persone, da due a quattro, e ripartono. Prevedo che si tratti di consiglieri regionali che si recano a Palazzo Ferro-Fini, sede del consiglio.
Ovviamente si tratta di consiglieri (ma sono solo consiglieri?) che provengono dalla terraferma, dal “dogado” come si diceva una volta, dalla “campagna” insomma!
Quello che non capisco è perché si debba spendere soldi pubblici per questo “servizio”. Basterebbe che i consiglieri si facessero quattro passi a piedi fino a San Tomà e poi un brevissimo tratto in vaporetto fino a Santa Maria del Giglio, proprio nei pressi della loro sede istituzionale. Tutti ne avrebbero beneficio: ovviamente le casse pubbliche, ma poi anche i singoli consiglieri che si godrebbero Venezia, prima facendo quattro passi a piedi (farebbe bene anche alla loro salute) e poi godendosi un pezzo di Canal Grande.
Qualcuno penserà che forse perderebbero tempo prezioso da adoperare più utilmente nel loro prezioso lavoro. Il tempo di percorrenza, compresa la sosta del motoscafo per attendere qualcun altro che probabilmente ha telefonato avvertendo di essere in arrivo (a proposito chi paga il telefonino?), non è di molto inferiore al percorso che ho descritto sopra. I vantaggi economici, invece, sarebbero indubbi visto anche che i costi di manutenzione di un motoscafo sono di molto superiore a quelli di un’autovettura.
Ma chi si prende la briga di fare questi provvedimenti? Vogliamo forse suscitare un pandemonio?
Eppure sarebbe così bello vedere passeggiare i nostri consiglieri regionali e, perché no, magari fermarli per strada e dire loro cosa pensa la gente sul loro operato. Ma è proprio questo che non vogliono.

Ma tornando alla finanziaria vera e propria, volete leggervi il testo completo (253 pagine) o provare quanto guadagnerete o perderete nell’applicazione delle nuove aliquote Irpef? O qualcos’altro? Allora cliccate qui
E sempre legato alla finanziaria o, più precisamente, al famoso ceto medio, ecco una lettera di un lettore di “Italians” rubrica di Severgnini su Corriere.it, lettera che condivido al 100%

sabato 7 ottobre 2006

Socrate e le galline

Oggi volevo scrivere un "post" sulla finanziaria, ma ho desistito dopo aver saputo cosa ha combinato Socrate (vedi post precedente) questa mattina.
E per sollazzare i miei sei lettori (erano cinque), ecco qui il racconto di come sono andati i fatti.
Durante un giretto per la campagna attorno a Mestre, libero dal guinzaglio, il "famigerato" è entrato nel cortile di una casa di contadini ed è uscito, poco dopo, con una gallina in bocca.
Subito tutti (mio genero, mia figlia ed anche il proprietario della gallina) a corrergli dietro finché, probabilmente accortosi che l'aveva fatta grossa, ha depositato la gallina ai piedi di mia figlia, la più tenera con lui, e si è nascosto dietro di lei.
Il contadino ha chiesto come risarcimento del danno 20 (venti) euro! Il tutto, ovviamente, "in nero" così, pur avendo l'assicurazione sul cane, non è possibile chiedere risarcimento!
Accontentato, forse ingenuamente, il povero contadino, che si è tenuto pure la gallina morta, mio genero è andato all'Auchan ed ha constatato che una gallina, per lo più già spennata, costa la bellezza di 2 (due) euro!

domenica 1 ottobre 2006

SOCRATE

Non spaventatevi, non mi inoltrerò nel difficile –per me- campo della filosofia perché Socrate è solo il nome del mio cane; o meglio, del cane di mia figlia. Comunque mia moglie ed io lo gestiamo da lunedì al venerdì, dalle 8 alle 17 quando mia figlia viene a riprenderselo. Da oggi, però, lo vedremo solo ogni tanto, quando andremo a Mestre a trovare mia figlia e la nipotina che arriverà.
A dire il vero, anche se eravamo un po’ legati alle sue esigenze, sento già che mi mancherà.
È un cane con il “pedigree”, uno spinone italiano di quasi tre anni, bello, simpatico ed affettuoso. Però, non ubbidisce troppo (forse proprio per questo è simpatico) e, quando si sente un po’ abbandonato, ti fa qualche scherzo (dal suo punto di vista) o dispetto (dal punto di vista mio).
Alle dieci del mattino, dopo un pisolino, inizia a presentarsi all’uno o all’altra e ti guarda come per dire: “Usciamo?” E così si fa una passeggiata per Venezia, obbligatoriamente tenendolo a guinzaglio. Inizia così un continuo “annusamento” e se trova la pipì di una cagnetta è difficile smuoverlo: sembra che, con il suo nasone, debba fare un’accurata analisi delle urine. In effetti, dicono, che con il loro fiuto riescono a capire molte cose.
Ma il periodo più bello, ovviamente anche per lui, è quando siamo in montagna dove, fuori del paese, corre, inseguendo chissà quali tracce attraverso boschi, prati, rovi e ruscelli; le zone preferite da lui sono quelle più fangose e quindi, molto spesso il rientro a casa avviene con un cane molto diverso per la sporcizia accumulata; più è sporco e bagnato e più si diverte; io un po’ meno. Ovviamente segue una doccia in giardino, cosa per lui gratificante.
Il suo gioco preferito è quello di rubare i cuscini e farsi inseguire in giardino. Anche questo è un divertimento per lui, mentre per me lo è un po’ meno, però è simpatico.
Ripeto, … mi mancherà.

venerdì 29 settembre 2006

A Venezia i prezzi sono maggiorati anche del 60% rispetto a quelli della terraferma!

Su IL GAZZETTINO di oggi 29 settembre appare un servizio sui prezzi a Venezia che sono molto più alti, in tutte le merci, di quelli effettuati nella cosiddetta “terraferma”, cioè a Mestre che fa sempre parte del Comune di Venezia (vedi articoli).
Il tutto nasce da una ricerca dell’”Osservatorio dei prezzi”, studio effettuato dall’Ufficio Statistica dello stesso Comune.
Che nella nostra città i prezzi fossero più alti era cosa risaputa, ma non a questi livelli, o per lo meno era solo percepita; oggi ne abbiamo la conferma statistica in barba al “pianto greco” di numerose categorie di commercianti, imprenditori, artigiani, …. . di “botegheri” insomma!
Si sa che qui incidono maggiormente i costi di trasporto in quanto c’è un passaggio in più: dal camion alla barca e, anche per tratti notevoli, … a mano. Ma da un’incidenza maggiore ad arrivare anche al 60% in più, evidentemente qualcosa non quadra.
Secondo me i maggiori costi dovuti al trasporto sono soltanto una scusa per poter imporre qualsiasi prezzo in una città dove la colpa di tutto è il turismo e coloro che sfruttano la città, i summenzionati “botegheri” ai quali si aggiungono albergatori, affittacamere e simili (quest’ultimi tutti in nero).
Per rendervi conto “linkate” al sito del Comune specifico. (Una volta entrati nel sito, per vedere queste differenze "cliccate" su "Osservatorio prezzi" e quindi su "Comunicato stampa")
Cosa comporta tutto ciò? Un po’ alla volta anche gli ultimi veneziani che non vivono sul turismo e non sono “botegheri”, sempre più impoveriti (o fatti impoverire) dovranno, per forza, lasciare la loro città. Quindi questa diventerà una specie di “Disneyland” dove i turisti, fra qualche anno ne faranno parte anche i cinesi che sono molti, non troveranno più veneziani, ma solo “finti veneziani”, magari in maschera o costume settecentesco, che canteranno nelle gondole un po’ di tutto, gondole che scivoleranno, non più sull’acqua, ma su una melma strana nata dal poco defluire delle acque per le chiusure dei portelloni del MOSE!!!

martedì 19 settembre 2006

“Il canto dei battipali” – Canto popolare veneziano che suscita, in qualcuno, particolari “crisi di attenzione”

Alcuni lettori di questo “blog” sanno già che il sottoscritto fa parte di un coro, altri non lo sapevano e lo sanno ora. Quest’ultimi potranno “linkare” (che brutto modo di dire) sul sito del Coro Marmolada proprio qui di fianco.
Detto questo vorrei raccontare di una situazione sorta proprio ieri sera, durante le prove, relativamente ad un canto del nostro repertorio che stavamo ripassando.
Il canto s’intitola “Il ritmo dei battipali” ed è un canto di lavoro veneziano le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
Chi desiderasse maggiori delucidazioni potrà trovarle “cliccando” qui.
Come avrete certamente capito, dopo aver letto le “delucidazioni”, si tratta di un testo le cui strofe erano inventate di volta in volta per dare il ritmo al durissimo lavoro dei “battipali”; è un testo (vedi nota in calce) evidentemente inventato da persone che conoscevano la storia della loro città, storia intrisa, molte volte, di leggenda. Le strofe riportate non sono le uniche, ma una parte di moltissime edizioni nate nel corso dei secoli; sono, però, quelle più conosciute, forse perché le più usate.
La questione di ieri sera è nata dall’intervento di un corista che ha ritenuto di suggerire l’eventualità di modificare il testo, adottando altre strofe, per il particolare momento di tensione in cui stiamo vivendo. A queste affermazioni è nato un piccolo putiferio sedato subito dalla disciplina imposta dal maestro del coro.
Porgere delle attenzioni particolari ad un mondo che non vuol dialogare (per dialogare bisogna essere in due, altrimenti si tratta di monologhi) mi sembra esagerato in questo caso specifico. Il testo è quello che è, lo è stato per secoli, e non vedo l’opportunità di modificarlo. Inoltre viene evidenziato un periodo storico, molto lungo, interessato da guerre fra veneziani e turchi che non erano guerre di religione (guerre sante come si dice oggi) ma guerre per il predominio dei mari al fine di un espansionismo commerciale che arricchiva. Erano anche guerre di difesa da parte dei veneziani, ed europei in genere, perché non possiamo dimenticare che i turchi arrivarono fino alle porte di Vienna e che la città-fortezza di Palmanova fu costruita dai veneziani proprio in difesa dei turchi.
Che dopo le parole siano condite con espressioni del vernacolo veneziano (“turco cane” o “fede … pagana”) questo dà senz’altro una maggiore schiettezza al canto stesso.

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Nota:
O issa eh - E issalo in alto oh
Ma in alto bene eh - Poichè conviene oh
Per 'sto lavoro eh - Che noi l'abbiamo oh
Ma incominciato eh - Ma se Dio vuole oh
Lo feniremo eh - Col santo aiuto oh
Viva San Marco eh - Repubblicano oh
Quello che tiene eh - L'arma alla mano oh
Ma per distruggere eh - El turco cane oh
Fede di Cristo eh - La xé cristiana oh
Quela dei turchi eh - La xé pagana oh

domenica 17 settembre 2006

Raveo – Breve cronistoria della ventilata apertura della cava di gesso.

Vi racconterò -come avevo promesso al mio ritorno dalla villeggiatura in quel di Raveo- la storia della cava di gesso che qualcuno vorrebbe aprire da quelle parti.
Le montagne che sovrastano il paese, ed in particolare la zona prestabilita, sono formate “... da alternanza di piccole stratificazioni gessose e gessoso – marnose, intercalate a livelli calcareo – marnosi”, com’è indicato dalla Relazione Geologica del Piano Urbanistico Regionale Generale (P.U.R.G.).
Negli anni ’80 l’amministrazione comunale, nel redigere ed approvare il Piano Regolatore Generale (PRG) del territorio, stabilì che una zona, di più modesta area e diversa da quell’attuale, fosse destinata ad attività estrattiva.
A fine anni ’90 altri amministratori, quelli che conclusero il loro mandato con le ultime elezioni amministrative (2004), spostarono, con una variante al PRG, l’area aumentandone la superficie e, ovviamente, anche la cubatura del materiale da estrarre.
L’area interessata, attualmente boschiva, è formata da diverse proprietà. Nel corso degli ultimi anni la società interessata a “coltivare” la cava ha cercato in diverse maniere di acquistare dette proprietà offrendo anche importi “importanti” ai singoli proprietari. Ci fu chi, allettato dall’offerta, cedette e chi no. Purtroppo ci fu anche chi cercò di speculare, acquistando dai proprietari per poi rivendere alla società interessata, guadagnandoci sopra.
Naturalmente tutti questi “movimenti” erano portati avanti con molta “discrezione” per non allarmare il mercato e, ovviamente, la popolazione che, nonostante il PRG e le sue varianti fossero stati pubblicati all’albo comunale, non aveva valutato bene quale sarebbe stato l’impatto dell’attività estrattiva.
Qualcuno si oppose a questo modo di amministrare il territorio comunale e, nel 2003, sorsero le prime manifestazioni spontanee di cittadini contrari alla cava.
Il tutto portò, nel 2004, ad un avvicendamento nell’amministrazione comunale che, oggi, è assolutamente contraria all’inizio di un’attività estrattiva che nuocerebbe all’ambiente in generale e, ovviamente, alle altre attività artigianali ed agricole nonché alla popolazione.
Ricorsi dietro ricorsi, prese di posizione della popolazione di Raveo, con in testa l’Amministrazione Comunale, ma anche di non residenti, d’autorità (sindaci dei paesi vicini, Amministrazione Provinciale, Comunità Montana) ed associazioni varie, si sono susseguiti fino a quest’ultima estate 2006 in attesa delle decisioni della Commissione Regionale per la valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.).
E proprio nel bel mezzo dell’estate è arrivata la mazzata! La commissione VIA ha dato parere favorevole con il voto anche del presidente, l’Assessore Regionale all’Ambiente Moretton, il quale ha precisato che i pareri richiesti erano in maggioranza favorevoli; questo non è assolutamente vero! Il sindaco di Raveo pubblicamente lo ha smentito ed ha chiesto spiegazioni. Arriveranno?
Il 22 agosto u.s. una nutrita assemblea d’abitanti di Raveo (approssimativamente fra il 30 ed il 40% del corpo elettorale) ha discusso animatamente il problema palesando la volontà di non volere la cava.
Ora si mettono in campo anche le forze politiche della Carnia ed allora … siamo in una botte di ferro!
Come andrà a finire? Vi terrò informati.

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Chi volesse approfondire l’argomento potrà collegarsi al link http://www.piovesan.net/raveo/index.asp dove troverà documentazione varia nonché una nutrita rassegna stampa sull’argomento.
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Quelle che seguono sono le conclusioni della perizia geologica commissionata dal Comune di Raveo:

1) POSSIBILI CONSEGUENZE.
L’apertura di una cava a cielo aperto espone all’azione degli agenti esogeni i litotipi presenti in zona che, non più protetti dalla copertura arboreo – vegetale, subiranno, essendo facilmente erodibili, un rapido degrado.
L’alterazione delle caratteristiche meccaniche si propagherà, per ovvi fenomeni d’infiltrazione di acque meteoriche (fenomeni non evitabili in alcun modo), alle zone limitrofe non direttamente interessate all’area di scavo, con conseguenze, se pur non quantitativamente valutabili al momento, sicuramente rilevanti.
L’ipotesi più probabile che si può al momento formulare contempla una continua e progressiva destabilizzazione dei terreni posti ai margini della zona d’intervento, con conseguente innesco di fenomeni franosi di varia entità che, una volta in atto, risulterà difficile, oltre ad essere estremamente oneroso, circoscrivere e limitare.
L’importanza e l’estensione degli stessi risulterà, inoltre, crescere al trascorrere del tempo, parallelamente ai maggiori volumi di terreno interessati dalle infiltrazioni delle acque meteoriche.

2) CONSIDERAZIONI FINALI.
L’apertura di una cava a cielo aperto, con conseguente rimozione della copertura arboreo – vegetale, determinerà l’infiltrazione delle acque meteoriche nel terreno. Poiché quest’ultimo è di natura facilmente erodibile, è assai probabile che si inneschino fenomeni franosi che porteranno, con il trascorrere del tempo, al progressivo collassamento dei terreni circostanti la cava.
Tali fenomeni risulteranno difficilmente circoscrivibili, ed i vari interventi a salvaguardia del territorio risulteranno comunque assai onerosi.

Grazie San Marco!

Da questa mattina, anzi da questa notte, qui a Venezia sta “scravassando” (scravassar= termine onomatopeico veneziano che indica il piovere a scrosci).
Grazie San Marco!
Ma c’è di più: la marea, anche aiutata dal vento e dalla bassa pressione, ha raggiunto + 90 cm. sul “medio mare”; quindi la Piazza (ovviamente l’unica piazza di Venezia, quella di San Marco, tutti gli altri spazi vengono chiamati Campi) è andata sotto acqua, così come altre parti, quelle più basse, della Città.
Grazie San Marco!
Ma perché, si chiederà qualcuno, ringraziare il santo protettore della città per questi fatti meteorologici?
Grazie San Marco perché facendo piovere a dirotto ed alimentando la marea hai permesso il fallimento dell’invasione dei “padani”, richiamati dal capo sciamano a celebrare i loro riti celtici, offensivi e razzisti.
Gli anni scorsi, però ogni anno sempre meno, c’era, nella mattinata, un continuo affluire di fazzoletti e cappellini verdi, di bandiere con il sole celtico e, purtroppo di bandiere, quelle ad uso turistico, con il Tuo simbolo.
Questa mattina, sotto la pioggia, sono uscito per “controllare” e, grazie San Marco, non ho visto cappellini e fazzoletti verdi e neppure una bandiera!
Grazie San Marco!

venerdì 15 settembre 2006

Tutto tace

Oggi ho navigato, con una certa curiosità, fra la decina di “blog” che di solito visito.
In considerazione che gli autori di molti di questi dimostrano, ed alcuni si dichiarano, di essere mangiapreti o anticlericali, oppure liberi pensatori la cui religione è la sola Ragione, mi aspettavo qualche “post” sulla … “guerra” alla “guerra santa” da parte del Papa.
Tutto tace!!! Boh?

giovedì 7 settembre 2006

“ANNI DURI”: un libro autobiografico di don Primo Paties presentato a Raveo il 20.8.2006

Anche il commento a questo libro o, più propriamente il parlarne, è legato al paese di Raveo perché l’autore, un sacerdote di 83 anni, monsignore, ma che preferisce essere chiamato solo don Primo, da molti anni frequenta, come il sottoscritto, questo piccolo paese carnico in occasione delle ferie estive.
"Un sacerdote di 83 anni ricorda la sua gioventù. Un lungo viaggio nella povertà dei paesi e nella speranza delle persone"; questo è scritto nella IV di copertina. E proprio la povertà, ma sarebbe meglio parlare di miseria, è la protagonista. “Anni duri”, il titolo, è veramente appropriato.
Don Primo racconta, con semplicità e con incisività, caratteristiche della sua personalità, gli anni dell’infanzia e della giovinezza trascorsi in un borgo, Pedemonte, ai piedi della montagna friulana sulla destra del fiume Tagliamento, ma anche a Treppo Carnico, il paese della madre e dove nacque.
Sono ricordi che riportano al tempo passato quando tutti, e non solo i poveri, vivevano più semplicemente; non esisteva il consumismo!
Ma non si tratta solo di un libro di ricordi per il solo piacere di ricordare.
Infatti, in queste pagine scopriamo anche il percorso travagliato che portò l’autore a diventare prete. Un percorso spirituale forse al di fuori di quella che poteva essere la regola per arrivare al sacerdozio, una regola che allora, per alcuni, poteva essere solo una via di scampo da una vita grama.
Leggendo questo libro anch’io, pur più giovane (o, se preferite, meno anziano) dell’autore, sono tornato ai miei anni giovanili quando frequentavo le scuole elementari. Allora mi colpiva, e lo ricordo benissimo ancora oggi, il momento in cui uscivamo da scuola dopo la fine delle lezioni. Eravamo divisi in due gruppi: c’era chi, come il sottoscritto, varcava il portone e, dopo aver sciolto le righe, prendeva la via di casa e chi, invece, si avviava, sempre in riga, verso i locali della palestra dove era servita la “refezione scolastica”, una minestra ed un panino (pane comune o pane nero), ai bambini poveri che erano anche “ufficialmente poveri” perché le loro famiglie erano iscritte in un registro comunale chiamato ordinariamente “libro dei poveri”!
E mi ricordo ancora l’odore della minestra che arrivava fino alle aule durante l’ultima ora.
Questo capitava in città, dopo la seconda guerra mondiale. Gli anni giovanili di don Primo si collocano, invece, attorno alla fine degli anni ’20 e nel decennio successivo; evidentemente i “Campi Dux”, le colonie montane e marine e le refezioni scolastiche non arrivavano fino a Pedemonte. Ma neppure l’INPS vi arrivava, pur essendo don Primo orfano di padre, muratore deceduto sul lavoro in Eritrea a costruire le strade per l’Impero.
Nella parte finale, dove entra in scena la vita in seminario, don Primo, diventato poi educatore ed insegnante (docente di storia e filosofia, preside e rettore dell’Istituto G.Marconi di Portgruaro), non risparmia critiche ai metodi educativi, quasi repressivi della personalità dei giovani, usati nel seminario stesso e nelle scuole cattoliche di allora.

Il libro è stato presentato in anteprima a Raveo il 20 agosto u.s.
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“Anni duri” di don Primo Paties
Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone
Finito di stampare nel luglio 2006.

mercoledì 6 settembre 2006

Raveo (prima puntata)

Ho concluso le ferie, o, più precisamente, ho concluso il lungo soggiorno montano in quel di Raveo. Godere di periodi così lunghi di vacanza è proprio dei pensionati, l’unica cosa bella di questa situazione. Per il resto sarà difficile che ne parli anche se credevo fosse peggio!
Desidero approfittare della pazienza dei miei sei/sette lettori (prima erano cinque) per parlare del paese che mi ha visto soggiornare gli ultimi due mesi e che frequento da ben quarantaquattro anni.
Raveo si trova in Carnia, zona del Friuli diventata famosa trent’anni fa per il terremoto. Oggi, e già da alcuni anni, è tutto ricostruito, ed anche bene!
Per essere più preciso, Raveo si trova a pochi chilometri da Tolmezzo a quindici minuti di strada dall’uscita dell’autostrada di “Carnia” sulla Udine-Tarvisio.
Ovviamente, se ne parlo, è un bel paese dove si vive bene. L’aria è buona anche perché, ogni tanto, si sente il “profumo” di sano letame! Però spesso si sente anche il profumo dei suoi rinomati biscotti, gli “Esse di Raveo”, quando sono sfornati.
Si trova ad un’altitudine di 518 m. s.l.m. ed i suoi abitanti sono 489. Non è molto alto ma il suo clima, anche con i grandi caldi di questi ultimi anni, è ottimale; né troppo caldo né troppo freddo! Pure d‘inverno il clima è buono perché i monti che l’attorniano lo proteggono dai venti freddi.
È un paese antico poiché risale al periodo della dominazione longobarda ed anche il nome sembra derivi da un capo che si chiamava Re Vejo.
Il suo territorio fa parte del “Parco Intercomunale delle Colline Carniche”.
Ma tutte queste notizie, nonché altri approfondimenti, si trovano anche in internet!
A questo punto ci sta bene una fotografia, un bel panorama!


(foto di Tanja Ariis)

Possibile che non ci siano problemi in questo paese dal nome longobardo e dove sembra che sia tutto “rose e fiori”? Non è possibile! Anche Raveo ha i suoi problemi, anzi il suo problema! Si chiama “cava di gesso”!
Non esiste ancora, per fortuna, ma c’è chi propone di aprirla e chi ha già presentato il progetto.
È una questione che si protrae da alcuni anni, che vede l’attuale amministrazione comunale contraria, come lo è anche la maggior parte dei suoi abitanti.
Purtroppo, ed è notizia di mezza estate, anche la commissione di “Valutazione d’impatto ambientale” (V.I.A.) della Regione Friuli-Venezia Giulia ha dato parere favorevole pur avendo acquisito, da parte d’altri enti preposti a fornire un parere, la maggioranza di pareri negativi. Misteri della politica! (Forse non troppo “misteri”).

Mi fermo qui, ma vi prometto che continuerò sullo stesso argomento, anche ampliando la “storia della cava”.

Alla prossima.