mercoledì 24 ottobre 2007

Le attività e le organizzazioni avviate da Padre Giorgio Callegari e le associazioni che le supportano.

Giovedì 18 ottobre, presso la sala della Scoleta dei Calegheri, in Venezia, è avvenuto l’incontro pubblico con il presidente del CEPE, Paulino Caldeira e con il responsabile del "Progetto Quilombos", Celso Consalves.
A presentarli al pubblico veneziano ha provveduto l’Associazione Amici della Colonia Venezia di Peruibe, nella persona della presidente, la signora Anna Maria Maresca.
L’incontro è stato preceduto dalla proiezione di un filmato, risalente al 2002, con un’intervista a “frei Giorgio”, Padre Giorgio Callegari, l’”inventore” di tutte queste organizzazioni che operano a San Paolo del Brasile, nella Colonia Venezia di Peuribe e nel villaggio all’interno, nella foresta, dove vivono i Quilombos.
Cos’è il CEPE? Questa sigla sta ad indicare il “Centro Ecumenico de Publicaçoes e Estudos” che gestisce la Colonia Venezia e la Scuola Agraria di Peruibe, ma anche i centri della Gioventù e Scuola “Esperança” di San Paolo. Viene da chiedersi: "Perché “ecumenico”"? La curiosità è appagata dicendo che qui convergono non solo i cattolici, ma anche altre chiese cristiane.
“Tutto questo” ha detto Paulino Caldera “non potrebbe andare avanti se non ci fosse l’aiuto che proviene dall’Europa e, in particolare, dall’Italia, dalle Associazioni presenti in Venezia, ma anche in altre città.”
In effetti, la società brasiliana non è in grado di provvedere autonomamente a queste forme di assistenza vera e propria ai più poveri perché, in quella realtà, vi sono pochi “troppo ricchi” e molti, anzi moltissimi, poveri, troppo poveri. La cosiddetta “classe media” è molto limitata ed anche il censo di chi la compone è limitato.
I ricchi poi, per natura, non sono prodighi con questa massa di diseredati e, potendoselo permettere, li escludono fisicamente dal loro modello di vita: quindi, non sovvenzionano alcun’organizzazione di questo tipo e neppure si prestano a fare volontariato.
Anche il governo brasiliano è lontano da queste organizzazioni alle quali fa arrivare pochissimo avendo, peraltro, grossi problemi sociali da risolvere.
Se venisse a mancare la contribuzione e l’assistenza da parte di queste associazioni italiane, ma anche svizzere, queste organizzazioni dovrebbero diminuire l’attività e mandare a casa questi bambini e giovani.
L’organizzazione locale, cioè in Brasile, sta, inoltre, provvedendo a sensibilizzare e coinvolgere, in particolar modo a Peruibe, anche i cittadini nonché i familiari dei bambini e/o giovani assistiti. Questo non è facile perché, molto spesso, le famiglie sono formate esclusivamente da una donna, anche molto giovane, e più figli; manca il padre, spesso più padri, ed anche sconosciuti.
È previsto, fra i diversi programmi, anche l’aggiornamento della biblioteca della “Colonia Venezia” in modo che vi siano più libri per bambini e ragazzi.
A Peruibe, all’interno della “Colonia Venezia”, esiste un “museo”, ovvero due stanze dove sono raccolte opere d’arte (quadri, sculture, opere in vetro e altro), in gran parte provenienti dall’Italia, e da Venezia in particolare; questo è stato voluto, ancora anni fa, da “frei Giorgio” perché anche i poveri devono conoscere il “bello” e devono capire che la vita non è solo mangiare, ma che esiste anche altro.
Ovviamente, per continuare nell’esercizio dell’attività svolta e per iniziare nuove attività o migliorare quelli esistenti, il tutto prevede delle spese che, per il 2008 superano il milione di Euro.

Chi, fra i miei “cinque lettori” volesse approfondire, lo invito a cliccare su http://www.amicicoloniavenezia.org/ ed anche su http://www.progettomeninos.it/


Per il “Progetto Quilombos” cliccate su http://www.progettomeninos.it/quilombos.html

Il Coro Marmolada di Venezia, del quale faccio parte, è “testimonial” del “Progetto meniňos Frei Giorgio”.

Su Peruibe e la Colonia Venezia ho gia scritto Riflessioni sul Brasile (2): i meniños
e Riflessioni sul Brasile (5) – La “Colonia Venezia” di Peruibe


Questo post, che resterà in testa al blog per alcuni giorni, a causa della mia assenza dalla rete per un periodo, vuole essere un invito ai miei “cinque lettori” a conoscere le attività delle associazioni che continuano l’opera di padre Giorgio Callegari, domenicano di Venezia, che ha trascorso più di quarant’anni in Brasile, dove ha sempre operato a favore degli ultimi, subendo, per questo, il carcere e la tortura durante la dittatura in quel paese.



AGGIORNAMENTO del 5.11.2007

Link ad un articolo di Luca Ferrari su "Il reporter" (giornale "on line") dal titolo "Frei Giorgio, un sacerdote per i più deboli"

http://www.ilreporter.com/articolo.aspx?LANG=ITA&IDCAT=2&IDART=220&PAGE=1

I "bloggers" potranno stare tranquilli?

Sembra che siano bastati solo tre giorni all’autore del DDL, tramutato in legge il 3 agosto u.s., per portare delle modifiche alla predetta legge, precisando che la stessa dovrà valere esclusivamente per i giornali “on line” e gli editori.
Per il momento, quindi, sembra che i “bloggers” ed i titolari dei siti privati possano stare tranquilli.
Comunque, visto i tempi che corrono (maggioranze variabili, ministri che sono in bilico, governo che non si sa se andrà avanti), sarà bene vigilare.

Per leggere l’articolo di Corriere.it, clicca qui.

Per i precedenti, clicca qui.

lunedì 22 ottobre 2007

Aung San Suu Kyi: l'eroina sconosciuta

Vi invito a leggere la storia dell’eroina dell’ex Birmania, Aung San Suu Kyi, che da anni è praticamente prigioniera della dittatura militare.
Per farlo, cliccate qui

Il “problema” del nome al quarto ponte sul Canal Grande

Il sindaco e la giunta comunale hanno proposto quale nome del nuovo ponte sul Canal Grande, quello progettato dall’architetto spagnolo Calatrava, “Ponte de la zirada”, termine che in veneziano significa svolta. Il lemma è già attribuito ad una chiesa lì vicina, quella di “Sant’Andrea de la zirada”, e questo perché quella zona si trova proprio sulla svolta del Canal Grande.
Anch’io sono propenso a questa soluzione ed ho inviato la sotto riportata lettera a “Il Gazzettino”, il giornale di Venezia che sta effettuando una specie di sondaggio, sia a mezzo e-mail, sia con i mezzi tradizionali (cartoline).

Vedi anche altro post sull’argomento “ponte”


“Ponte de la zirada” va bene!
Poco più in là c’è la chiesa di “Sant’Andrea de la zirada” ed il ponte si trova proprio sulla svolta, cioè “su la zirada”.
Trovo ininfluente, almeno dalle remore esposte da qualche "personaggio" intervistato da Il Gazzettino, che gli stranieri non riescano a pronunciare bene questo lemma veneziano; se dobbiamo dipendere dagli stranieri anche su questo, abbiamo proprio raggiunto il fondo.
Allora perché invece di chiamarlo “ponte” non lo chiamiamo “bridge”?
Per quanto riguarda “Santa Lucia”, la santa, ormai, si trova un po’ più lontano, a San Geremia. Inoltre c’è già la stazione ferroviaria, che porta questo nome, essendo stata costruita al posto della omonima chiesa demolita.
Trovo poco corretto che un gruppo distribuisca delle cartoline già con il nome prestampato, come riportato su Il Gazzettino del 22 ottobre.
Forse, come seconda soluzione propenderei per “Ponte de Santa Chiara”.
Sono assolutamente contrario e chiamare il ponte con il nome del progettista.
Modificare il nome di Piazzale Roma è complesso, soprattutto per privati e aziende che lì risiedono, però il tutto potrebbe essere superato con il “già”, cioè “Campo de la Zirada già Piazzale Roma”. Comunque, a Venezia, nei diversi documenti, si usa il sestiere ed il numero anagrafico, quindi sarà da cambiare solo qualche carta intestata.

domenica 21 ottobre 2007

Un’esecuzione corale da … godimento!

Ieri sera, sabato 20, mi sono veramente divertito! Ancor meglio: ho goduto del piacere di cantare assieme ai miei amici del coro.
Sarà stata l’occasione, il 50° anniversario di fondazione del Gruppo Rocciatori “Gransi”, sarà stato il luogo, la Basilica dei SS. Maria e Donato a Murano che risale nella sua forma attuale al XII secolo e dove l’acustica è perfetta, sarà stata la particolare attenzione che tutti i coristi hanno posto alla direzione, in questo caso particolarmente felice, sarà stato anche molto altro, fatto sta che il Coro Marmolada ha cantato veramente bene. E cantare veramente bene è sempre un piacere, in primo luogo per gli esecutori.
Il pubblico è importante, però, chi canta lo fa essenzialmente per una sua passione e, quindi, è bello sentire le diverse voci, le diverse parti che si fondono in un’unica armonia, che seguono l’interpretazione che il maestro, con pochi cenni, da in ogni momento dell’esecuzione, sia si tratti di “fortissimi” come anche di “pianissimi”, sia nei rallentamenti sia nelle accelerazioni.

È bello vivere questi momenti, soprattutto all’interno del coro.
Gli applausi ed i complimenti ricevuti sono importanti, ma secondari.
Grazie al maestro ed agli amici!

sabato 20 ottobre 2007

Aumento del pane: chi sono i “ladroni”?

Leggevo su “IL GAZZETTINO” di oggi 20 ottobre (clicca qui per l’articolo completo), che a Roma il pane, nello specifico le rosette, è passato da €.1,00 ad €.1,79 al Kg. nel giro di un giorno, cioè dal 29 settembre (il 30 era domenica) al 1° ottobre. Un aumento del 79%!

Gli alimentari, soprattutto quelli del settore agricolo, aumentano sempre e non diminuiscono mai. Avete notato, per caso, quando la stagione è buona e, quindi, anche la produzione, una diminuzione di prezzo? Mai! Tutt’al più un aumento minore. Quando poi la stagione va male, una riduzione, per esempio, del prodotto del 10% avremo allora i prezzi che aumentano del 20%.

Ma torniamo al pane e, nello specifico, al prezzo del pane, non a Roma, ma a Venezia.
L”Osservatorio dei prezzi” del Comune di Venezia segnala, nella sezione “Comunicato stampa”, per il mese di settembre 2007, i seguenti dati di media per un chilogrammo di pane:

- prezzo medio nell’intero comune.....€.3,71
- prezzo medio a Mestre e dintorni....€.3,36
- prezzo medio a Venezia ..................€.4,39


Se vado alla sezione “Osservatorio” vedo, sempre per il mese di settembre, e sempre per un chilogrammo di pane, che il prezzo minimo è di €,2,50 e quello massimo di €.5,20!
Cos’è? Pane d’oro?
Per la cronaca, nel panificio dove mi servo io, questa mattina il prezzo delle rosette era di €.4,00 e quello del pane domenicale di €.4,50.

Allora mi chiedo: siamo sempre in Italia? Oppure: Venezia è una città speciale?
E se lo è per il prezzo del pane, perché non lo può essere per gli stipendi e per le pensioni?
Perché i commercianti, ma anche tutti coloro che non sono a reddito fisso, devono godere della specificità e della specialità di Venezia, mentre tutti gli altri (ripeto lavoratori a reddito fisso e soprattutto i pensionati) devono solo subire le conseguenze negative di questa città che, seppur meravigliosa, spesso rende la vita difficile?

Ripeto e concludo: perché a Roma le rosette costano, dopo gli ultimi aumenti, €.1,79 ed io, a Venezia, per le stesse rosette pago €.4,00.

Qualcuno risponderà: “ …. Roma ladrona!”.
No! Venezia e, ancor meglio, i commercianti veneziani sono “ladroni”.

Disegno di legge che "censura" bloggers e siti internet

Non ho ancora letto su altri blog, però ho letto la notizia di un recente DDL (disegno di legge), approvato dal Consiglio dei Ministri, che paragonerebbe l'attività dei bloggers e di chi opera su siti internet all'attività editoriale con conseguente creazione di un "registro" con l'obbligo di iscrizione, ecc., ecc., ecc, ....

Clicca qui per leggere il testo approvato.

Ringrazio per avermi elevato al rango di "editore", ma ............ NON CI STO!


Per firmare la petizione per il ritiro di questo DDL, clicca su

http://www.petitiononline.com/noDDL/

mercoledì 17 ottobre 2007

"Genocido degli armeni": un commento che merita maggiore visualizzazione.

Un commento al quale ritengo giusto dare più spazio e visibilità è stato immesso nel post sul “genocidio degli armeni”.
+EmPaThY*, questo il “nickname”, si qualifica come una studentessa non ancora diciannovenne e, anche per questo motivo, mi sembra ancora più importante riportarlo su questo post.

+EmPaThY* ha scritto ...
Sono una studentessa di quasi diciannove anni, e quest'anno mi sono diplomata con una tesina in cui, tra l'altro, ho trattatato ampiamente del genocidio armeno, col sostegno del mio prof. di storia. Mi sono documentata per un anno intero tramite libri ed articoli pubblicati in rete, perchè purtroppo l'argomento è talmente scomodo che se ne parla raramente, e chi lo fa difficilmente è esente da soggettività "ideologica", per così dire. Sì, perchè la Turchia di oggi fa gola a molti, dagli Stati Uniti a Israele fino all'Europa,e così si propaganda fino alla nausea questo falso mito di uno stato islamico "occidentale" e "democratico"!
Ebbene, parliamone. C'era una volta un dittatore, un uomo che, una volta salito al potere, se n'è guardato bene dal condividerlo con il popolo, e che, come un vero "Grande Fratello", costruì attorno a sè un culto della personalità che ancora oggi rasenta il fanatismo religioso. Un personaggio laico, esente da fondamentalismo, e che pure non esitò a massacrare le minoranze etniche e a cacciare tutti i dissidenti in nome di un principio di unità nazionale. C'era anche un partito, formato da persone violente ed estremiste, che in nome di una leggendaria pretesa di purezza razziale si macchiò dei crimini più orrendi mai concepibili. Ma non sto parlando di Saddam Hussein o di Stalin, nè del partito nazionalsocialista tedesco o dei khmer rossi.
Sto parlando di un uomo chiamato Kemal, noto al mondo come Ataturk, e del Partito dei Giovani turchi, entrambi coinvolti nella perpetuazione del genocidio armeno.
Purtroppo sarebbe troppo lungo trattare in questa sede in maniera compiuta di questo orribile delitto così vergognosamente sottaciuto per quasi un secolo, ma invito chi leggerà questo messaggio a riflettere su alcune questioni.
Tutti sappiamo cosa significa Shoah. Chi sa cosa significa Metz Yeghern?
Tutti sappiamo chi erano Goering, Himmler, Goebbles. Quanti conoscono Enver Pasha, Talaat Pasha, Djemal Pasha? In Germania non ci sono strade né monumenti dedicati ai primi, ci sono invece in Turchia per gli ultimi.
Tutti sappiamo cosa originò quell'anacronistica favola che fu l'Arianesimo. E il Turanesimo?
Chiedete agli Armeni.
Ma non chiedete al governo turco. A meno che non desideriate un processo per "lesa nationalità".


Metz Yeghern? Turanesimo? Enver Pasha? Talaat Pasha? Djemal Pasha?
Andate a vedere cos’erano o chi erano!
Altri, per opportunismo, preferiscono non vedere e non conoscere.
Un esempio lo trovate su alcuni interventi nel “forum” di Panorama.

Per altra documentazione interessante sul "genocidio degli armeni" cliccate su http://www.egeneration.pg.it/egmag/it/node/626

La Turchia minaccia gli Stati Uniti per la questione del "genocidio armeno".

La Turchia minaccia gli Stati Uniti per la questione del "genocidio armeno".
Fra l'altro "... la Turchia respinge la versione armena secondo cui nei massacri del 1915-16 rimasero uccisi 1,5 milioni di cristiani armeni ed afferma che i morti furono «da 300 a 500 mila» e respinge con sdegno la definizione di genocidio per quei massacri."
Però, 500 mila morti ammazzati, ... una bazzecola!!!
Clicca qui per consultare l'articolo del "Corriere.it" di ieri e qui per il mio precedente post del 14 ottobre.

martedì 16 ottobre 2007

La leggenda di “Bepi del (dal) giasso”

Qualche tempo fa lessi il libro “Misteri della laguna e racconti di streghe” di Alberto Toso Fei nel quale, fra l’altro, si narrava di un tizio chiamato “Bepi del giasso” (Giuseppe del ghiaccio).
Questi, secondo una leggenda dei primi del ‘900, non sarebbe stato altro che Giuseppe (Bepi in veneziano) Stalin, il quale avrebbe soggiornato in laguna, presso l’Isola di San Lazzaro degli Armeni, dove avrebbe svolto il mestiere del campanaro.
Tutto sarebbe accaduto nel 1907 e poco dopo.
In effetti, quel soprannome era quello attribuito, proprio a Venezia, al dittatore sovietico.
Leggendo il libro suddetto, si capisce che si tratta di una leggenda, nel nostro caso proprio di una “leggenda metropolitana”, mentre in vari siti internet che, per caso, in questi giorni ho visitato per vedere cosa si trovava sul “genocidio degli armeni” (vedi post sottostante), quello che è leggenda viene dato quasi per certo.
In quel periodo Stalin si trovava, invece, in Finlandia, a Baku ed anche in Siberia (prigioniero).
Pertanto non è vero che Stalin, nel corso della sua esistenza, sia passato per Venezia. È solo una leggenda!

lunedì 15 ottobre 2007

BLOG ACTION DAY

Oggi è il "BLOG ACTION DAY", giornata dove molti blog hanno deciso di pubblicare, un post che parlasse di ambiente sotto qualsiasi punto di vista.
A questo aderisco anch'io e vi ripropongo un mio post di pochi giorni fa.
Cliccate su
http://sp1938.blogspot.com/2007/10/aboliamo-luso-delle-gomme-americane.html

domenica 14 ottobre 2007

Il genocidio armeno, da parte dei turchi, e le difficoltà di un suo riconoscimento

Molti anni fa, quando, da studente, praticavo l’atletica leggera, e, trovandomi al campo sportivo, per gli allenamenti, con ragazzi di altri istituti, incontravo anche miei coetanei che, fra di loro parlavano o il francese, oppure una lingua sconosciuta; scopersi, solo chiedendo, che si trattava della lingua armena.
Questo poteva succedere perché a Venezia esisteva un Collegio Armeno dove venivano a studiare alcuni ragazzi di etnia armena provenienti un po’ da tutto il mondo perché le loro famiglie, anche da parecchie generazioni, appartenevano alla “diaspora armena”; erano cioè gente che aveva dovuto abbandonare la propria terra perché perseguitati soprattutto per la loro religione.
Infatti, il regno d’Armenia, fu il primo stato che divenne cristiano, cioè dove il cristianesimo fu religione di stato. Questo accadde nel 301 d.c. e, nel 428 d.c. il Regno d’Armenia perse la propria autonomia restando soggetto ad altre potenze nei cui territori venivano professate altre religione. Fu, però, con l’arrivo dei turchi selgiuchidi e con la caduta dell’Impero Romano d’Oriente che il popolo armeno si trovo circondato dall’islam ed allora iniziarono le persecuzioni più cruente, che, oltre a procurare sofferenze e morte, dispersero individui e famiglie, prima in giro per i paesi del Mediterraneo e, poi, per il mondo intero.
La Repubblica di Venezia, la Serenissima, nei suoi oltre mille anni di vita e di storia, diede ospitalità agli armeni, dapprima perché commercianti e, quindi, anche a coloro che fuggivano dalle terre conquistate dai turchi.
C’è chi pensa, ma si tratta solo di leggende, che i veneziani avessero una particolare simpatia per queste popolazioni perché originarie dagli stessi luoghi, le coste del Mar Nero: infatti nell’Iliade di Omero si parla degli Eneti, residenti nell'antica Paflagonia, alleati dei troiani, che, dopo la distruzione della città, si unirono ad Antenore per sbarcare nelle lagune del nord dell’Adriatico. Dagli Eneti derivano i Veneti.
Nel 1717 il Senato della Repubblica (sempre la Serenissima) donò ad un benedettino di rito armeno, transfuga da Modone, un’isola della laguna dove, a capo di altri monaci, fondò la Congregazione Mechitarista Armena.
Venezia era il ponte naturale di un Occidente proteso verso l'Oriente e, da allora, quest’isola, l'isola di San Lazzaro, detta “degli Armeni” divenne la "piccola Armenia", ancor oggi meta di pellegrinaggi e luogo ove cresce e si corrobora l'identità nazionale, portando copiosi frutti spirituali e culturali. Nel 1836 e fino al 1990 operò in città il Collegio Armeno.

Durante la prima guerra mondiale gli armeni, che si trovavano in Turchia, furono oggetto di persecuzioni da parte del governo di quel paese che concludeva il regime “ottomano” e proseguiva, a guida laico-militare, con il movimento dei “Giovani Turchi”.
In quel periodo furono uccisi, nei modi più disparati e crudeli, oltre due milioni di Armeni che, da millenni si trovavano in quelle terre. Vedi qui e qui

In questi ultimi anni è uscito in libro, un romanzo, che narra la storia di una famiglia armena dell’Anatolia e degli abitanti di quel paese, che, per la maggior parte, perì in quel massacro. Alcuni fuggiaschi raggiungono a Venezia il nonno dell’autrice, Antonia Arslan. – “La masseria delle allodole” è un libro che vi consiglio di leggere. Nel 2004 è arrivato secondo, per due voti, al Premio Campiello.

A differenza dell'Olocausto ebraico, riconosciuto e condannato da parte tedesca, quello armeno non è stato né riconosciuto né tanto meno condannato da parte della Turchia attuale che, anzi, in ogni occasione continua a negare il fatto che sia mai avvenuto un genocidio degli armeni.
A tutt'oggi la Turchia spende ingenti somme per mistificare la storia e far tacitare tutti coloro che, specialmente nel mondo occidentale, reclamando una postuma giustizia per gli armeni, chiedono che il genocidio armeno venga riconosciuto, in quanto tale, dai vari paesi ed in primo luogo dalla Turchia.Per tacitare queste richieste la Turchia ancora oggi corrompe politici, studiosi e giornalisti occidentali affinché, affermando il falso, neghino che vi sia mai stato un genocidio armeno. Oltre a ciò ricorre alle minacce ed ai ricatti politici, come ha recentemente fatto con la Francia allorquando l'Assemblea Nazionale, prima, ed il Senato, poi, hanno riconosciuto il genocidio armeno.
Anche in Europa (1987) è stato riconosciuto il genocidio armeno. In Italia, dapprima alcuni consigli comunali, fra il 1997 ed il 2003, hanno votato questo riconoscimento ed anche il parlamento italiano (2000).

Vedi anche qui

E la Turchia continua a negare!

È notizia di questi giorni che anche gli USA stanno procedendo verso questo riconoscimento che, però, trova molti ostacoli, fra i quali, in primo luogo, il presidente Bush.
La Commissione Esteri della Camera Usa ha approvato la risoluzione per 27 voti contro 21, ignorando la richiesta del presidente americano George W. Bush e del governo turco di respingere il documento.
La Turchia ha definito "un insulto" la risoluzione che afferma che gli armeni furono massacrati dall'Impero Ottomano.


Queste le dichiarazioni della amministrazione Bush:
"Siamo contro la risoluzione sul genocidio degli armeni, ma non possiamo fare niente per impedire al Congresso di votarla, se non fare pressioni sui parlamentari perché votino contro". "La cosa più bella sarebbe che la risoluzione venisse ritirata - ha detto Casey - ma a questo punto tale sviluppo appare improbabile".

ed ancora …

"Rimaniano contrari alla risoluzione numero 106 adottata dalla Camera dei Rappresentanti", ha dichiarato il portavoce presidenziale Gordon Johndroe, "per il grave pregiudizio che essa potrebbe arrecare alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti".

Evidentemente quello che conta, alla faccia della storia e dell’intera umanità, è il possesso delle basi per continuare la guerra in Iraq ed anche il controllo sul medio oriente e sul petrolio.

Desidero concludere questo post rimandandovi ad un mio scritto, di qualche anno fa, nel quale tratto di un canto armeno, il cui spartito è stato trovato nella ricchissima biblioteca dell’Isola di San Lazzaro degli Armeni e che il Coro Marmolada di Venezia, al quale appartengo da molti anni, esegue, in originale. Leggendo questo pezzo avrete anche modo di ascoltare il canto che s’intitola “Alakiaz partzer sara a”. Clicca qui.

giovedì 11 ottobre 2007

La “povertà relativa”.

Il 4 ottobre, l’ISTAT ha pubblicato i dati sulla “povertà relativa” in Italia nel 2006. (Vedi comunicato stampa dell’istituto)
Intanto vediamo cos’è la povertà relativa: questa si basa sul confronto tra le spese medie mensili per consumi delle famiglie. Ma c’è anche la “povertà assoluta” che, invece, viene valutata in relazione al valore monetario di un paniere di beni e servizi mensili.
La statistica che ci ha fornito l’Istat è, dunque, inerente la “povertà relativa”, mentre quell’assoluta è ormai qualche anno che non viene più calcolata; eppure sostiene l’ADUSBEF, sarebbe più interessante e più veritiera.
Ad esempio, in una comunità di ricchi, il meno ricco risulterebbe relativamente povero!

Ma c’è un altro dato che stride: il PIL aumenta, come la povertà! Ed allora come la mettiamo? Clicca qui ed anche qui.

La stampa ha fatto titoloni ed articoli il 5 ed il 6 ottobre.
Poi più nulla.
I blog, poi, sono ancora impegnati con il V-day, con Santoro e Mastella e con i “bamboccioni” (a proposito, come se la sono presa! D’altra parte la maggioranza dei redattori di blog sono dell’età dei “bamboccioni”; comunque, brutta espressione della realtà).
A dire il vero ci sono anche molti che continuano a parlare dell’ex Birmania e ad impegnarsi su questo con iniziative di vario genere.

Della “povertà relativa” non ho visto molto in giro!

Il giornale del nordest, Il Gazzettino, ha pubblicato un fondo di Ulderico Bernardi (vedi sito) che fa particolare riferimento al nordest e da la causa alla “questione settentrionale”!
Questa, proprio non la capisco. (clicca qui per leggere l’articolo). Scrive, fra l'altro, a questo proposito: “Stereotipo per stereotipo, si continua a gridare dagli al ricco, spremendo le categorie che hanno saputo rovesciare le condizioni di povertà d'altri tempi. Caricando artigiani, coltivatori diretti e piccoli imprenditori dello stigma di evasori fiscali; negando l'esistenza di una "questione settentrionale", che poi vuol dire carenza di servizi pubblici, disattenzione colpevole per i fattori dello sviluppo, ma anche generalizzazione e banalizzazione riguardo alle vere situazioni esistenziali nelle nostre province.”
Ma non si rende conto che sta parlando di categorie che hanno “fatto i schei” sì con il loro lavoro, ma anche e soprattutto, con l’evasione. Porta ad esempio i coltivatori diretti (vedi il mio post precedente); questi hanno evaso, nel corso degli anni, soprattutto quando la categoria era un serbatoio di voti per la DC, la contribuzione per la pensione e per la “cassa malati”; e quando non evadevano pagavano pochissimo.
Artigiani, piccoli imprenditori! Ma se andiamo a vedere le categorie che maggiormente evadono, sono proprio questi, oltre ai liberi professionisti.
Insomma, il prof. Bernardi, parla di tutto fuorché di quei poveri diavoli che sono … i poveri. Per lui la povertà è, invece, “la questione meridionalista”, il “federalismo che non c’è”, le “tasse che spremono i poveri imprenditori che si sono fatti da soli”.
Di tutt’altro tenore l’intervista di Adriano Favaro, su “Il Gazzettino” del 6 ottobre, ad un altro professore, a Giovanni Sarpellon, sociologo, docente a Udine e Venezia, che è stata la prima persona, in Italia, ad interessarsi, scientificamente, di povertà. (Clicca qui per leggere l’articolo)
Dice, invece, Sarpellon: «Il Nordest è fatto di piccoli e bravissimi imprenditori, gente molto attiva (spesso ricca). Ma c'è anche l'altro mondo, quello della gente normale, impiegati, operai; senza l'iniziativa personale che ha trasformato quest'area nel "mitico nordest"».
Novecentosettanta euro (la soglia della povertà relativa), tradotti in lire, erano un dignitoso stipendio e/o pensione prima del 2000; per carità, non c’era da scialacquare, ma, sinceramente, non si parlava di povertà.
Il prof. Serpellon imputa invece la causa all’euro, non alla moneta in se stessa, ma al cambio “personalizzato” effettuato da molti. La colpa? …«Dell'euro. Per alcuni vale mille lire per altri duemila. Chi sta dalla parte delle mille lire soffre».
E chi ha applicato questo “cambio”? Non certo i dipendenti ed i pensionati!

martedì 9 ottobre 2007

Nelle vigne del Veneto, irregolari sette aziende su dieci.

“Contadino, scarpe grosse e cervello fino”. È questo un modo di dire per indicare la furbizia di chi, per mestiere, lavora la terra. Si sentiva qualche anno fa quando i contadini erano parecchi. Ai nostri tempi ce ne sono pochi e non si chiamano più contadini, ma agricoltori, coltivatori, imprenditori agricoli, ecc., ecc; tuttavia restano sempre “contadini” e la loro furbizia è aumentata: non si affannano più ad escogitare piccoli trucchi atti a migliorare le loro condizioni, anche se a discapito di altri. Oggi assumono lavoratori in nero ed evadono tasse e contributi.

Questa è la realtà del mondo agricolo, soprattutto nel Veneto, la regione dove, stranamente, aumenta non solo il PIL, ma anche il numero delle famiglie al limite della soglia di povertà (ne parlerò in un prossimo post). Ovviamente non si tratta di famiglie di “contadini”.

Prima di proseguire, leggete quanto scrive oggi “il Venezia”! (Cliccate sulla foto per ingrandire e leggere l’articolo).

Cosa ve ne pare?
In questo caso si tratta di vignaioli, che magari fanno anche un buon vino, ma che non lo fanno pagare poco. Anzi, i prezzi di questo prodotto salgono ogni anno e, sinceramente, si assiste anche a casi che possono essere ben definiti “scandali”! E con questo intendo i prezzi esorbitanti di certe bottiglie.
Anche i responsabili della categoria si sono accorti e, proprio al “Vinitaly” di quest’anno, il presidente dei produttori di vini italiani ha suggerito di “ … darsi una regolata per quanto riguarda i prezzi …”.
Arrivano i controlli e cosa fanno i nostri “contadini”? Si lamentano, si considerano dei perseguitati, loro che sembra facciano un’opera di misericordia dando, a chi vendemmia, da mangiare “ … vino e soppressa … e qualche euro …”!
Conosco uno di questi individui che, per una giornata di lavoro a vendemmiare, offriva, al nipote (studente universitario) e ad altri, un piatto di pasta e fagioli e affettato e, in più, due bottiglie di vino.
Ma quello che mi dà maggior fastidio è la razione del vice presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, leghista travisano, che, a detta del giornalista, afferma fra l’altro: “… Ben vengano i controlli, ma queste sono retate! Non si può trasformare un momento storicamente di festa come la vendemmia in una retata tra i vigneti”. Inoltre contesta i dati forniti dalla CGIL.

Vorrei concludere questo post con il ricordo di quello che mi raccontava il mio amico Mario.
Questi frequentava, per motivi di lavoro essendo esattore della società che distribuiva l’energia elettrica (non era ancora Enel), le case coloniche di una zona della provincia di Venezia ai margini della laguna. Ricercava, con l’occasione, prodotti genuini e, a volte acquistava del vino. Prima dell’acquisto era consuetudine assaggiare il prodotto. Questa zona di produzione non è fra le migliori perché la terra è molto vicina al mare e, quindi, si dice che questo vino “ … sa di salso …”.
Al momento dell’assaggio il contadino, furbo, chiedeva se voleva accompagnare il bicchiere con qualcosa da mangiare, magari un carciofo. Qualcuno si chiederà dove sta la furbizia; anzi, penserà, il contadino, in questo caso, era gentile. Invece il mio amico Mario, che conosceva il trucco, ringraziava e rifiutava perché sapeva che, mangiando un carciofo, qualsiasi vino, anche il più imbevibile, ha un gusto particolarmente buono.



Bloggers for Burma

Do volentieri spazio ad un "post cumulativo" che 16 "bloggers" hanno composto per far sentire le loro voci di sostegno, come lo sono la mia e quelle di chiunque voglia ospitare questo "post", a coloro che che si battono per la libertà nella ex Birmania.
Solo un link ad un articolo odierno su "Corriere.it" per aggiornarvi su quanto sta accadendo in quel paese e, soprattutto, ...

... PER NON DIMENTICARE

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Chi sono i Bloggers for Burma? Sono 16 bloggers che vogliono far sentire la loro voce a sostegno di chi lotta pacificamente per la libertà. O, forse, solo 16 pazzi utopici che credono ancora che i diritti umani e la democrazia siano e debbano essere dei valori cardine del mondo di oggi e di quello di domani. Queste le nostre parole:

"I diritti umani, la libertà e la democrazia sono la linfa della società in cui noi viviamo. Diritti acquisiti e forse un po’ scontati per quelli nati, come me, dopo la nascita della Repubblica che ne hanno sentito il profumo nell’aria, per la prima volta, inspirata.

I diritti umani, la libertà e la democrazia sono, invece, per molti popoli concetti astratti di cui è persino vietato parlare. Per il Popolo Birmano una ragione valida per farsi massacrare.

Pacificamente, senza opporre resistenza.

In tempi di fanatismi religiosi che costano vite innocenti e minacciano i fondamenti della società civile, i monaci buddisti si uniscono al loro Popolo per chiedere il rispetto della loro grandissima dignità di uomini, di cittadini.
Non lasciamo che la loro giusta e onorevole protesta resti confinata in una piccola regione del mondo. I diritti umani, la libertà e la democrazia devono essere patrimonio di tutta l’umanità.

E perciò in un abbraccio mondiale gridiamo: “Free Burma!”

ArabaFenice (Anna Maria Stufano)
http://nonsologiovinazzo.blogspot.com
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"Non entro in argomentazioni socio-politiche essendoci sicuramente persone più competenti e preparate del sottoscritto a farlo.
Preferisco soffermarmi su quelle che sono le sensazioni e analizzare l'incedere di questi accadimenti.

Spero tanto di sbagliarmi ma le trovo molto simili a quelle già vissute per il Darfur.

Un'ondata iniziale di sdegno, accompagnata da immagini crude (si pensi all'esecuzione di quel giornalista o ai monaci investiti dai camion militari senza troppi complimenti!), da notizie che facevano crescere sempre di più l'angoscia, da una preoccupazione sempre crescente per quelle popolazioni. All'inizio aperture di Tg, radio, prime pagine dei quotidiani ed oggi invece? ... Oggi niente di più di qualche trafiletto "riempitivo" nell'home page di qualche sito e nulla più. Al radiogiornale delle 8.30 neanche menzione. Aldilà di tutte le parole e le elucubrazioni che si possono fare relativamente alla vicenda, la mia preoccupazione è che però stavolta non ci si dimentichi di loro perchè quando si comincia a dimenticare chi soffre si diventa complici dei loro aguzzini!"

Chit (Claudio Chittaro)
http://www.chitblog.net
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"Quando la mattina, aprendo gli occhi, sancisco la nascita di un nuovo giorno, ringrazio chi di dovere per questo dono.

Quando, attraverso i giorni che si susseguono, sono artefice della mia vita e del mio destino, ringrazio i miei Avi.

Li ringrazio per il dono che mi hanno fatto. Li ringrazio per la libertà di cui oggi godo.

Ogni giorno che passa, ogni istante che vivo, mi rendo conto della fortuna che ho. Sono un uomo libero.
Non per tutti è così. Il popolo della Birmania, guidato dai monaci buddisti, lotta per la libertà.
E' una lotta fatta attraverso la parola, attraverso la pace. Parole di libertà e di pace che si scontrano contro armi e intolleranza.

Diamo un'eco a quelle parole. Non lasciamoli soli. Insieme si può. Libero uomo in libero Stato".

Davideelle (Davide Longo)
http://davideelle.blogspot.com

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"Finchè ci saranno uomini di guerra pronti a colpire, soffocare, uccidere ed imprigionare uomini di pace, noi ci saremo ad additarli, a condannarli, a non dimenticare.

Contro tutti i regimi di ogni colore urliamo l'urgenza di vedere la Birmania libera.

Finazio (Ignazio Finizio)
http://finazio.blogspot.com
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"Una comunità internazionale "distratta" in tutti questi anni ha ampiamente ignorato la Birmania e quello che vi succedeva.

In pochi hanno però ignorato le possibilità economiche che offre questo paese.
Non è un mistero che, a dispetto delle condanne ufficiali, fra i maggiori investitori in Birmania ci siano Francia, USA e Gran Bretagna.

Compiamo tutti un gesto concreto per aiutare il popolo birmano.

Chiediamo con forza che l’Unione Europea applichi sanzioni economiche severe; nel frattempo ognuno faccia un piccolo significativo gesto boicottando le multinazionali che sfruttano le risorse energetiche del paese".

Franca Bassani
http://franca-bassani.blogspot.com
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"Abbiamo imparato qualcosa da Piazza Tien an men? I monaci birmani, oggi, da soli non possono farcela.

Siamo noi, quelli che non verranno incarcerati o torturati se protestiamo, che dobbiamo aiutarli a liberarsi della dittatura che soffoca il loro desiderio di libertà.

Restiamo uniti per la Birmania e non dimentichiamola".

Luca Zerbato
http://liberodipensare.blogspot.com

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"I Paesi Democratici di tutto il mondo non possono tacere sulle nefande azioni repressive dell'attuale governo birmano. Ci vogliono azioni concrete a sostegno della popolazione oppressa.

La diplomazia da sola non basta a salvaguardare il rispetto dei diritti umani, tanto più in questo caso dove le relazioni di opportunità tra governi sembrano prevalere sulla salvaguardia dei diritti umani fondamentali".

Mariad (Maria D'Ordia)
http://mariad-nonsolosogni.blogspot.com
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"Quello che accade in Myanmar, ma noi preferiamo parlare di ex-Birmania, è la palese dimostrazione che la libertà di parola e di manifestazione del proprio pensiero, come è nel diritto di ogni essere umano, è continuamente minata e minacciata da chi usa e abusa del suo potere.

Il nostro contributo vuole essere perciò una sorta di marcia che simbolicamente avviene di pari passo assieme a quella degli straordinari monaci birmani e dei tanti cittadini che con ammirevole forza e determinazione hanno deciso di non arrendersi e sono scesi pacificamente in piazza per opporsi alla dittatura e affermare con coraggio i valori della democrazia e della libertà. Un sacrificio per un grande e nobile ideale che sta avendo però degli orribili risvolti di dura e inaudita repressione e violenza che stanno superando il varco dei crimini contro l’umanità.

Noi scegliamo di dare voce al loro urlo soffocato da meschini e sanguinari criminali. Noi siamo con loro.
Il nostro è perciò un grido che vuole e deve andare al di là di qualunque interesse economico, oltre qualunque pregiudizio culturale e politico.

Aiutaci anche tu.
Diamo voce al gesto dei monaci birmani…alla loro libertà. Alla pace".

Mimmo.
http://mimmoworld.blogspot.com
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"Marciando in silenzio 

abbiamo fatto sentire la nostra voce


Ora tocca agli altri gridare"



Osteria dei Satiri
http://osteriadeisatiri.blogspot.com

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"La Libertà e la Democrazia sono dei valori assoluti, nessun fucile o manganello potranno mai soffocarli.

Aldo Moro diceva ai suoi sequestratori: -"se mi ucciderete farete di me un Martire della Democrazia".

La Storia diede ragione a Moro, il suo sacrificio divenne un martirio in nome della Libertà e divenne la Tomba Politica del Terrorismo Brigatista!!!

Il popolo birmano grazie ai suoi martiri vincerà la tirannia militare, il sacrificio dei monaci e del popolo è stato un esempio mondiale e ha acquisito una Forza Politica molto importante per la democrazia e la libertà della Birmania".

Polis (Francesco Spallacci)
http://polisfs.blogspot.com
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"Quando un Paese non è una grande potenza, non ha una forza economica sufficiente, viene da una storia di occupazione e sfruttamento coloniale, chi lo può difendere dagli appetiti degli Stati "avanzati" o emergenti?

Quando un popolo non ha mai conosciuto la democrazia, o ha visto soffocare la sua breve stagione di democrazia perchè il leader che si era scelto non era quello gradito a chi decide le sorti del mondo, chi lo può aiutare?

Quando qualcuno di quel popolo e di quel Paese riesce a trovare la forza ed il coraggio di esporre la propria vita al rischio di vedersela strappare, pur di risvegliare le coscienze e di interrompere una tirannia ultradecennale, sopportata e supportata da interessi economici esterni, chi può fargli sentire che non è solo?

Per noi che la democrazia la conosciamo e la viviamo, è un dovere morale non tacere su ciò che succede in Birmania, come in Darfur.

Per uno Stato come l'Italia e per un'entità come l'Unione Europea dovrebbe essere un dovere
premere in ogni modo per porre fine alla dittatura, anche con misure plateali.

Io vorrei che l'Italia desse un segnale fortissimo a chi sta lottando per liberarsi, boicottando le Olimpiadi di Pechino".

Raser (Stefano Ravasio)
http://raser.ilcannocchiale.it

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"Non riesco a trattenere le lacrime, le parole non escono, vorrei aggiungere solo una citazione che mi accompagna da sempre e che ho scolpito nel cuore; mi ha sempre guidata, come un maestro:

Libertà vo cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.
Dante Alighieri

Cercando in rete mi rendo conto che non abita solo il mio cuore
http://www.flickr.com/photos/barbarageraci/1442930561/

Remyna in preghiera".

Remyna (Marina Remi)
http://marinaremi.wordpress.com

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"Da bambino mi piaceva ambientare le mie fantasie di principesse e castelli suntuosi, elefanti giganti e monaci che lottano contro le tigri, in Birmania.

Non sapevo esattamente dove fosse collocato geograficamente quel paese e questo toglieva ogni limite alla mia fantasia.

Ora sono diventato grande, ho imparato esattamente dove si trova la Birmania. Tra confini delineati con il sangue e la violenza.

Sogno che i bambini, nati sotto la dittatura militare, il prima possibile tornino, a loro volta, a fare sogni di luoghi incantati, sotto un cielo di riacquisita libertà".

Richard Gekko
http://richardgekko.altervista.org

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Non si muore soltanto quando si cessa di vivere, ma anche quando il terrore invade l'esistenza quotidiana, e la possibilità d'esprimere liberamente le proprie opinioni viene brutalmente stroncata.

Nessuno ha il diritto d'uccidere la libertà altrui.

Romina
http://intersezioni.awardspace.com

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E' impensabile che nel III millennio ci siano ancora posti dove vengono calpestati i diritti umani e dove non c'è libertà, ma purtroppo è così.

Quello che sta succedendo nell'ex Birmania lo dimostra. L’esempio dei monaci è da seguire: la democrazia esce dai monasteri che sono da sempre espressione di moralità, tradizione, cultura.

Spero che il popolo birmano riesca nel suo intento di liberarsi dal regime in modo non-violento con l’ausilio della sola forza di risorse apparentemente intangibili come moralità, cultura, conoscenza, informazione libera, ma che però sono i veri pilastri di un sistema democratico.

I monaci, con la loro protesta pacifica, sono convinti che la democrazia potrà essere ristabilita senza lotte violente o spargimento di sangue.

Auspico che abbiano ragione e che si possa concludere tutto nel migliore dei modi pacificamente. Per far questo occorre far sì che non si distolga l'attenzione da ciò che accade da quelle parti e fare pressioni affinché la Comunità internazionale non si dimentichi di loro; a telecamere spente si possono compiere crimini orribili.

Non smettiamo di parlare del Burma, della sua storia e di quello che sta accadendo. Noi, insieme ai blogger di tutto il Mondo possiamo davvero rappresentare un grande aiuto per il popolo birmano. FREE BURMA!!!

Salpetti
http://salpetti.wordpress.com

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Never Alone

Aria acre
pungente
odora di zolfo
puzza di stantio.

Cenere avvolge
I cieli morenti di Rangoon

Vuoto, Deserto, Nulla Assoluto,
Riempiono con suono assordante
luoghi un tempo vivi
Allietati dal silenzio
E da raggi di sole arancione in preghiera.

Ed ecco un altro Tibet
Un altro Cile
Un'altra Cambogia
Un altro Darfur
Un altro Nazismo.

Ecco altro odio.

E questo mio tenue respiro
Per non lasciarvi soli MAI!

Daniele Verzetti, Rockpoeta
http://agoradelrockpoeta.blogspot.com
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Come avrete potuto osservare leggendoci, tanti modi diversi di sentire e raccontare questa tragedia, ma in gola, ciascuno di noi, ha un solo urlo: FREE BURMA!

F.to: BLOGGERS FOR BURMA.

domenica 7 ottobre 2007

Segnalazione di concerti di canto corale

Impegni diversi mi impediscono, per un po’ di giorni, di dedicarmi, con la serietà dovuta, al blog.

Desidero comunque segnalare alcuni eventi nel campo della musica corale che vi saranno nel corrente mese di ottobre a Venezia ed a Padova e provincia.

Il Coro Marmolada di Venezia sarà in concerto sabato 20, alle ore 20,45, presso la Basilica dei SS.Maria e Donato a Murano in occasione delle manifestazioni per celebrare il 50° di fondazione del Gruppo Rocciatori “Gransi”.

Per il programma della serata clicca qui.


Sempre il 20 ottobre, alle ore 21,00, a Sarmeola di Rubano (PD), presso il Teatro Opera Provvidenza vi sarà la 26a Rassegna Rubanese di Canto Corale organizzata dal Coro Lavaredo di Padova ed alla quale, oltre al coro organizzatore, saranno presenti la “Corale Zumellese” di Mel (BL), i “Cantori delle Cime” di Lugano (CH) ed il “Chorus Band” di Giussano (MI)


Sabato 27 ottobre, alle ore 21,00, a Padova presso l’Auditorium Pollini, organizzato dal Coro “Tre Pini", vi sarà il “Concerto dalla Città del Santo", con la partecipazione del coro organizzatore, del Coro PieMme di Padova e del Coro MGV Liederkranz di Friburgo - Opfingen (Germania ).

mercoledì 3 ottobre 2007

Tournée in Veneto del Gruppo Teatrale “Frotole del Baracon” di Nova Palma – Brasile (RS)

Nel corrente mese di ottobre il Gruppo Teatrale “Frotole del Baracon” di Nova Palma, nello stato del Rio Grande do Sul in Brasile, sarà in Veneto, la terra dei loro padri, e presenterà la propria produzione in “talian” la lingua, di origine veneta, parlata da buona parte della popolazione del Rio Grande do Sul dove, tra fine ‘800 ed inizi ‘900, emigrarono parecchi concittadini del nordest dell’Italia.
I comuni che il gruppo teatrale visiterà sono: Sovizzo (VI), San Bonifacio (VR), Marostica (VI), Pasiano di Pordenone (PN), Riese Pio X (TV), Tiene (VI), San Rocco (VR).

Clicca per Calendario e Presentazione

martedì 2 ottobre 2007

Aboliamo l’uso delle gomme americane!

Leggevo, su “il Venezia” di ieri 1° ottobre, una notizia che può apparire strana. Vi riporto l’articolo:
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Se il fumo diventa un alibi per sporcare

La Municipalità di Mestre ha varato un provvedimento che vieta il fumo all'interno del Bosco di Mestre e lungo le rive del fiume Marzenego. Stretta proibizionista più severa della stessa legge nazionale, la "Sirchia", ha lamentato qualcuno. Atto di intollerante discriminazione nei confronti dei fumatori, ha rimarcato qualcun altro. Tutti si chiedono - lecitamente, beninteso - se non sia una limitazione troppo severa della libertà altrui (anche se in Inghilterra, per esempio, è appena entrato in vigore il divieto di fumare all'interno della propria auto, mentre si è alla guida). Chi sostiene il provvedimento mestrino spiega invece che è a beneficio della salute dei cittadini, e per la prevenzione di possibili incendi. Ma si sbaglia. Sbaglia perché proibire il fumo solo nel bosco o in riva al fiume è troppo poco. Bisognerebbe proibirlo ovunque, sul territorio comunale. E non per velleità sanitarie o di sicurezza, ma perché le sigarette sporcano, e i fumatori che le raccolgono nei loro posacenere portatili sono un'irrilevante minoranza. Chi fuma si sente autorizzato a gettare le sue cicche per terra, in acqua, dappertutto. Si tratta di un comportamento inaccettabile. La scorsa estate l'assessorato all'Ambiente della Provincia di Venezia ha fornito i visitatori delle spiagge di piccoli posacenere in cui riporre i mozziconi. Basterebbe che ogni fumatore se ne dotasse, per proprio conto, senza attendere superflui inviti alla civiltà. E poi fumasse dove meglio gli pare: nella sua auto, nel bosco, in riva al fiume. Ma portandosi a casa la roba sua.
Alberto Toso Fei
*Scrittore .

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In effetti, questa proibizione di fumare in un luogo aperto, come precisato nell’articolo, non è un allargamento della legge “Sirchia”, ma serve unicamente a preservare questi luoghi dalla sporcizia delle cicche.
Basta notare per le strade, soprattutto quando un netturbino le ramazza, per vedere quante cicche sono buttate a terra.
Ovviamente, questa disposizione mi trova consenziente a tal punto che l’allargherei alle … “gomme americane”.
Avete mai pestato una gomma americana? Come ve la siete tolta dalla scarpa? Non è una cosa fastidiosa e schifosa?
Oppure, soprattutto in qualche ufficio o luogo pubblico, avete mai messo la mano sotto il piano di un tavolo? Che cosa avete trovato? A me è capitato più volte di trovare una gomma americana appiccicata sotto! Che schifo!
Ma parliamo di quelle sputate a terra e che non si attaccano alla vostra scarpa. Un po’ alla volta, anche in seguito al calpestio, penetrano nella pietra e, col tempo diventano macchie nere che solo con un po’ d’acqua e con la scopa non si tolgono.
A Venezia, tutta lastricata da pietre di “trachite euganea”, si vede una miriade di queste macchie: veramente uno sgradevole vedere.
Ma questo succede anche in altre città dove è stata usata, soprattutto nei centri storici, la pietra, anche d’altro tipo, per lastricare il suolo.
A Mestre, la piazza principale, Piazza Ferretto, restaurata qualche anno fa, ha già dovuto “sopportare” (per via della spesa) una pulizia particolare.
Vi riporto, di seguito, la pubblicità di una ditta che provvede a queste pulizie:
“La gomma da masticare, detta anche gomma americana o cingomma (dall'inglese chewing gum) si ottiene dal caucciù mescolato a zucchero e ad aromatizzanti e lavorato al fine di ottenere un impasto gommoso. La sua composizione fa sì che si attacchi ai pavimenti, scurendosi e creando delle sgradevoli macchie.
Grazie all'utilizzo d’appositi prodotti e macchine, è possibile rimuoverli, senza danneggiare il fondo su cui si sono depositati.”

Fra gli “appositi prodotti e macchine” si trova un attrezzo che, con getti di vapore ad alte temperature e pressione, provvede alla ripulitura.
Il guaio è che il lavoro deve essere fatto una macchia per volta. Immaginatevi il costo di queste pulizie!
Facciamo un po’ di conti di quante gomme americane sono masticate a Venezia, senza contare quelle dei residenti, anche perché, essendo in gran parte anziani, queste si attaccano alle protesi dentarie sia fisse sia mobili! Si parla di venti milioni di turisti l’anno; ipotizziamo che solo il 10% usi “masticare” e che di questi solo la metà sputi a terra la gomma; risultato: 1.000.000 di gomme che penetrano nelle pietre di Venezia.
Oltre all’estetica non certo gradevole, mi chiedo quanto possa venire a costare la pulizia? Senz’altro un’enormità!
Ed allora perché non proibire l’uso di questo prodotto in città, dove vieterei anche la vendita.
Ai trasgressori una multa pari al costo della pulitura di un certo numero di macchie! Fate un po’ voi quante!

Aggiornamento al 4.10.2007

Proprio ieri sono passato per Piazza Ferretto, a Mestre: nonostante la ripulita di qualche tempo fa, le pietre sono nuovamente chiazzate di macchie nere. E non si tratta di perdite di automobili e/o motorini, perchè la piazza in questione è chiusa al traffico e lì si può solo passeggiare. Senz'altro, poi, non si può dare la causa ai turisti perché Mestre non è una città turistica.

lunedì 1 ottobre 2007

Venezia - Il ponte di “Calatrava”

In piena estate sono stati sistemati i conci.
Il concio, in architettura, si definisce il blocco di pietra facente parte di una struttura muraria e a tal fine lavorato, in modo da assumere forme definite e più o meno regolari. Per estensione sono chiamati conci anche i monoliti in cui sono suddivisi i grandi getti di calcestruzzo. Nel nostro caso, non si tratta di calcestruzzo ma d’acciaio.
Parlo quindi delle tre sezioni in cui è diviso il costruendo quarto ponte sul Canal Grande, chiamato anche, per il momento (ma non si sa fino a quando), “ponte di Calatrava” dal cognome dell’architetto progettista.
È stato fatto, da parte de “Il Gazzettino”, un sondaggio sul nome da dare al nuovo ponte ed i risultati hanno dato una preponderanza a “Santa Lucia”, il nome anche della stazione ferroviaria, costruita dove si trovava una chiesa dedicata a questa santa. Al secondo posto il nome di un monastero (Santa Chiara), che esisteva nella zona di Piazzale Roma, e che ancora si trova nella toponomastica.
Ho lasciato passare il momento più caldo delle critiche, quasi tutte irridenti e contrarie; si sa, i giornali si lasciano scrivere (anche i “blog” per questo) e molti parlano perché è di moda parlare contro la “casta” (cose di questi giorni) politica che ha voluto e portato avanti il progetto.
Un progetto andato avanti un po’ troppi anni, con un conseguente aumento dei costi.
Poi, fra le critiche si scoprono coloro che non vedono bene un manufatto stilisticamente moderno in un contesto veneziano, dove l’antichità (ed il vecchiume) è preponderante.
A questa critica si può confutare facilmente in quanto lo “stile” antico in Venezia non è unico; infatti, nella nostra città, accanto al palazzo gotico ne troviamo uno rinascimentale, oppure bizantino o d’altro periodo, fino all’’800, secolo, quest’ultimo, nel quale, purtroppo, sono sorti più che altro degli obbrobri.
Nel ‘900, invece, quasi nulla, sempre per l’intoccabilità di Venezia e tutto con lunghe discussioni soprattutto da parte di coloro che avevano voce in capitolo; il resto, il popolo, di solito ha sempre e soltanto protestato.
Ad esempio porto il progetto del nuovo ospedale presso l’ex macello di San Giobbe del famoso architetto Le Courbisier; siamo negli anni ’50 del secolo scorso e, per parecchio, hanno discusso, quasi una lotta fra i favorevoli ed i contrari; conclusione: hanno vinto i contrari che, hanno avuto ragione, sempre nello stesso periodo, sulla Palazzina Wright in Canal Grande.
Era quasi una parola d’ordine: a Venezia non si poteva costruire alcunché di moderno e questo modo di pensare, e di operare, è andato avanti.
Anche l’utilità del manufatto è stata contestata, il più delle volte solo per partito preso o perché, chi era contrario preferiva che i soldi fossero destinati ad altri progetti. Ma anche i primi vaporetti hanno suscitato la contrarietà per la loro utilità, il tutto con presagi negativi per la città!
Il ponte unirà il terminal automobilistico di Piazzale Roma con quello ferroviario e per questo c’è chi ha sentenziato che uno non arriva in automobile a Venezia per ripartire in treno, e viceversa. Ben limitata questa visione!
Fra coloro che si lamentano troviamo negozianti e gestori di banchetti che si trovano sulla sponda di Piazzale Roma perché perderebbero una parte del flusso pedonale che, invece, si sposterebbe sull’altra sponda; interessi particolari quindi!
Nessuno, però, ha preso in considerazione questo fatto: a fianco della stazione ferroviaria è in ristrutturazione il palazzo dell’ex compartimento delle FFSS di Venezia; a fine restauri saranno trasferiti in questo edificio una miriade d’uffici regionali che, attualmente, si trovano dislocati in diverse parti della città e si calcola che gli impiegati addetti saranno circa seicento. Tutto ciò comporterà un notevole flusso di persone formato non solo dai dipendenti, ma anche, e soprattutto, da tutti coloro che dovranno affluire, per i più svariati motivi, a questi uffici; tutta gente che verrà da gran parte del Veneto, chi in treno (bene, così diminuirà il traffico su gomma) e chi in automobile.
Non posso esprimermi, invece, relativamente all’estetica del ponte: sarà bello? Sarà brutto? Aspettiamo ancora qualche mese, quando sarà completato: un arco d’acciaio, vetro e cemento, sul quale sarà preponderante la luce. Vedremo!

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