mercoledì 30 aprile 2008

C'è anche chi intraprende crociate contro il ... web!

Il cantautore Enrico Ruggeri, 50 anni, lancia una crociata contro internet. Dice di non usare la rete e presenta anche un brano contro il web dal titolo «Il giorno del black-out».

Ne dice un po’ di “tutti i colori” (clicca qui per l’articolo su Corriere.it del 29.4), cose ovvie e banali e, a volte, anche esagerate.

Lui parte dal presupposto che chi usa il web non faccia altro: non legge un libro, non parla con alcuno, non ha altri interessi: insomma, è solo uno che si rincretinisce davanti allo schermo a “chattare” tutto il giorno.

E no, caro Ruggeri, sotto sotto c’è qualcos’altro che, invece, ti tocca sulla tasca: più gente naviga in internet e più saranno coloro che scaricheranno musica a gratis, con conseguenti minori introiti per l’industria della musica e per i cantanti. Non voglio, con questo, giustificare chi scarica in continuazione brani musicali senza sborsare un euro, ma se le case discografiche, e quindi anche gli autori ed esecutori, pretendessero di meno, allora aumenterebbe la vendita dei CD musicali in modo legale.

Oltre al prezzo dei CD, che è elevato, in Italia paghiamo una tassa sui supporti digitali vergini, nella presunzione che questi verranno “masterizzati” con musica illegale. Perché io, che non scarico alcun brano, devo pagare una tassa solo perché su quel CD potrei, ripeto “potrei” (condizionale), registrare musica senza averla comprata? È un’assurdità.

Tornando al web ed al suo uso, è vero che c’è chi lo usa male, ma questo non dipende dallo strumento! Dipende esclusivamente dal cervello (sempre che esista e sia funzionante) dell’utilizzatore!

venerdì 25 aprile 2008

Le otto ore – Canto di protesta e lotta

In uno dei post precedenti, “Lavoratori risvegliatevi!!! (2), avevo inserito, fra l’altro, l’ascolto del canto “Le otto ore”, un canto di protesta e di lotta delle mondine delle province di Vercelli e Novara.

Ve lo ripropongo con lo spartito (clicca qui), con le parole del testo e con le notizie storiche che seguono.

Fin dal 1869 esisteva un regolamento (regolamento Cantelli) che prevedeva le otto ore di lavoro giornaliere in risaia nella provincia di Novara. Era una conquista di notevole portata da parte delle mondine, sfruttate doppiamente perché lavoratrici e perché donne, e che sempre sono state in prima linea nella lotta dei diritti dei lavoratori.

Nel 1906 il deputato socialista vercellese Modesto Cugnolio rispolverò questo regolamento e ne chiese l’applicazione perché i padroni di allora, i grandi latifondisti agrari, evidentemente, volevano farne carta straccia. Il canto “Le otto ore” risale a quest’anno, come forma di propaganda e di lotta; prese piede e, da allora, venne cantata nelle risaie e nei campi per difendere i diritti dei lavoratori.

La seconda lotta dei lavoratori si ebbe negli anni 1921-22 quando questi diritti vennero posti in discussione dagli agrari che si facevano forti del nascente fascismo che appoggiarono in maniera preponderante.

Il canto fu poi adattata alle trasformazioni politiche verificatesi dopo la seconda guerra mondiale.

Come vedete la storia si ripete! I padroni di oggi, non più gli agrari, ma gli industriali, vogliono rivedere, e quindi ridurre a carta straccia, il recente decreto legislativo sulla sicurezza nel lavoro.

Dall'inizio dell'anno ad ora (25 aprile 2008 – ore 18,36), per lavoro, ci sono:
333 morti
333444 infortuni
8336 invalidi

(dal sito http://www.articolo21.info/ )

Per completezza dell’informazione storica cito quanto scritto da Irmo Sassone e pubblicato per conto dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli.
http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/sassone182.html

“Il regolamento della provincia di Novara del 1869 si fondava su una legge in vigore ma mai applicata e affermava che "i lavori della risaia devono iniziarsi un'ora dopo il levare del sole e terminare un'ora prima del tramonto", proprio nelle ore in cui la zanzara è più attiva. Lavorando meno ore, avrebbero lavorato più persone.”

“Il regolamento Cantelli, così chiamato dal nome del firmatario, prevedeva che, iniziando il lavoro alle ore 5,30 o alle ore 6 del mattino, e terminando alle 15 del pomeriggio, con le pause per la colazione e il pranzo, non si poteva lavorare più di 8 ore, e le lotte si svilupparono su questa rivendicazione.”

giovedì 24 aprile 2008

Lavoratori risvegliatevi (3)

Mi rivolgo a quei lavoratori che, con il loro recente voto (di speranza, di protesta o di qualcos’altro che non si capisce), hanno fatto rialzare la cresta alla destra ed al padronato.

Già in altri post precedenti ed in commenti ad altri blog avevo previsto una cosa che, oggi, a pochi giorni dal risultato elettorale si sta rivelando, purtroppo, esatta. Parlo della richiesta della Marcegaglia, prossimo presidente di Confindustria, di rivedere la legge sulla sicurezza sul lavoro, di recente entrata in vigore con un apposito decreto legislativo.

«Chiederò al prossimo governo la modifica delle norme restrittive appena introdotte» -così dice la Marcegaglia- per la quale l'inasprimento delle sanzioni fatto dal governo Prodi è stata «una scelta profondamente sbagliata».

Così continua su questo argomento Corriere.it: “ … La soluzione deve essere «nella diffusione della cultura della sicurezza». Per la Marcegaglia occorre promuovere «corsi di formazione aziendale innanzitutto per responsabilizzare imprenditori e controparti sindacali». Serve «un salto di qualità» per dare concretezza «agli sforzi intrapresi nella qualità degli interventi e della formazione e nel coinvolgimento delle strutture associative per la sensibilizzazione dei territori e la piena applicazione delle norme».”

Insomma, pannicelli caldi per una malattia, chiamiamola così, che, ogni giorno “produce” incidenti e morti; vengono chiamate “morti bianche” quelle sul lavoro, morti dovute, quasi sempre, a sfruttamento dei lavoratori ed agli scarsi, se non inesistenti investimenti sulla sicurezza. Si sa, sono costi e quindi meno profitti!

Parla, sempre la neo presidente degli industriali, di “… diffusione della cultura della sicurezza …”, ma non si sa chi debba essere acculturato: i lavoratori? Senz’altro qualcuno, e parlo di coloro che vengono nel nostro paese e sono sfruttati, avrà bisogno di questo acculturamento.

Ma chi, invece, guadagna, ed ha sempre guadagnato, sulla pelle dei lavoratori, quello non ha bisogno, quello deve guadagnare e guadagnare sempre di più.

Ed ora vuole rivedere le pene previste dal decreto legislativo del precedente governo! Pene sacrosante!

Li avete votate? E allora teneteveli e … godete! … e morite! Contenti, però!

Per gli altri post clicca qui e qui.

Per l’articolo su Corriere.it, clicca qui

mercoledì 23 aprile 2008

Albergatori veneziani ... piagnoni!

Avete mai chiesto, soprattutto in passato, ad un contadino com’era l’andamento della stagione?
La risposta era sempre, pur se nei differenti dialetti, questa: “Meglio l’anno scorso!”
Oggi, lo leggiamo molto spesso sui giornali, non solo i contadini, o meglio agricoltori perché il termine “contadino” viene preso come dispregiativo, si lamentano che tutto va male, che era meglio l’anno precedente e così via.Sempre un piagnisteo, che segue un criterio ed un modo di pensare ormai radicati: se quest’anno invece di guadagnare 10 come l’anno scorso ne guadagnano 9, hanno perso 1 e non guadagnato 9! E giù lacrime!
E gli albergatori veneziani, che, a quanto stabilisce una recente inchiesta, Venezia –nel settore alberghiero- è la città più redditizia del mondo, reagiscono usando il criterio sopraccitato!
Non è una cosa nuova e su questo argomento ho scritto ancora.
Ecco qui sotto cosa scrive oggi Il Gazzettino.

(al.va.) «Stiamo parlando di prima o dopo il 2001?». Franco Maschietto, presidente dell'Associazione veneziana albergatori (Ava) reagisce così all'ultima classifica sulla redditività nel settore alberghiero. Stando allo studio "Hospitality vision - global performance review" realizzato da Deloitte, Venezia si conferma infatti per il quinto anno la città più redditizia al mondo per il settore alberghiero. Per intenderci, i ricavi per camera disponibile hanno toccato nel 2007 i 265 dollari, con una crescita del 22\% rispetto all'anno precedente. Insomma, un albergo a Venezia vale un tesoro. Eppure, non sono gli albergatori - un po' come le altre categorie economiche - a lamentarsi spesso e volentieri? Franco Maschietto rilancia: «Stiamo parlando di prima o dopo il 2001?». Il presidente dell'Ava ammette: «Certo che il settore alberghiero è redditizio, ma non lo è più come sette anni fa. Le spese generali sono aumentate, gli utili sono calati». Tre gli elementi cui fa riferimento il presidente dell'Ava: l'aumento esponenziale dell'offerta di posti letto, l'aumento degli affitti, l'aumento dei costi dell'intermediazione on line. Partiamo dall'offerta. Il boom - dice Maschietto - si è verificato in occasione del Giubileo del 2000 ed è via via continuato: ai tradizionali alberghi si sono aggiunti gli affittacamere, i bed&breakast, gli alloggi in affitto. Un'esplosione di posti letto che ha aumentato l'offerta e, giocoforza, ridotto gli utili. Il secondo fattore riguarda gli affitti, perché non tutti gli albergatori sono proprietari dei muri. «Sapete quanto costano i muri di una camera all'albergatore in affitto? Beh, si va da 1000 a 1200 euro al mese». Va da sè che il prezzo della camera praticato al cliente, anche se si ferma una sola notte, ne risente. E poi c'è la mediazione. «Una volta l'80\% delle prenotazioni le faceva direttamente l'albergo, adesso il rapporto si è invertito: l'albergo gestisce il 20\% di prenotazioni e la fetta più grande, l'80\%, avviene in Internet attraverso siti specializzati». Che, ovviamente, applicano all'albergo un costo per il servizio. Quanto? Tra il 20\% e il 25\%. Con una «aggravante»: «Le mediazioni con i siti on line non ci riempiono gli alberghi tutto l'anno, non programmano i flussi, non ci garantiscono una copertura per 365 giorni. Così il periodo più difficile resta sempre l'inverno». Come, dice il presidente dell'Ava, quello appena trascorso. Per intenderci: una volta la "copertura" dei posti letto era pressoché totale, «io arrivavo al 95\% su tutto l'anno, adesso, con una offerta più massiccia, in certi periodi dell'anno si fa fatica». «È per questo - aggiunge - che puntiamo sul nostro sito VeneziaSì: ci consentirebbe di risparmiare e di investire i risparmi in città perché di quel che guadagnano gli altri siti con le intermediazioni, qui non resta niente». Messi assieme il boom dei posti letto, le spese dell'intermediazione e magari anche il caro affitti, il risultato finale è che gli utili sono in calo. Questo dice Maschietto pur non nascondendo che quello alberghiero resta pur sempre dà un settore redditizio: «Solo che prima del 2001 a fine anno un albergatore poteva contare su un utile attorno al 30\%, adesso siamo sul 15\%. La metà».

lunedì 21 aprile 2008

RESISTENZA - Le chant des partisans

Sbagliano quei comunisti che pensano, e usano, la Resistenza come qualcosa di esclusivo.
Sbagliano i bempensanti (leggi fascisti) che pensano che la Resistenza sia un valore comunista.

La Resistenza è un valore che appartiene a tutti gli italiani, e non solo.

Appartiene a tutti coloro che sono contro le dittature e le disuguaglianze sociali.

Alla faccia del sindaco di Alghero che, evidentemente, non ha capito alcunché.

Sul post precedente ho incluso testo e musica di "Bella Ciao". Oggi vi invito a leggere e ad ascoltare "Le chant des partisans"

LE CHANT DES PARTISANS
(Chant de la Libération)


Ami, entends-tu / Le vol noir des corbeaux / Sur nos plaines?
Ami, entends-tu / Les cris sourds du pays / Qu'on enchaîne?
Ohé! partisans, / Ouvriers et paysans,
C'est l'alarme! / Ce soir l'ennemi / Connaîtra le prix du sang
Et des larmes!

Montez de la mine, / Descendez des collines, / Camarades!
Sortez de la paille / Les fusils, la mitraille, / Les grenades...
Ohé! les tueurs, / A la balle et au couteau,
Tuez vite! / Ohé! saboteur, / Attention à ton fardeau:
Dynamite!

C'est nous qui brisons / Les barreaux des prisons / Pour nos frères,
La haine à nos trousses / Et la faim qui nous pousse, / La misère...
Il y a des pays /Ou les gens au creux de lits

Font des rêves; / Ici, nous, vois-tu, / Nous on marche et nous on tue,
Nous on crève.

Ici chacun sait / Ce qu'il veut, ce qui'il fait / Quand il passe...
Ami, si tu tombes / Un ami sort de l'ombre / A ta place.
Demain du sang noir / Séchera au grand soleil

Sur les routes.
Sifflez, compagnons, / Dans la nuit la Liberté
Nous écoute...

(Paroles de Maurice Druon et Joseph Kessel - Musique d'Anna Marly)
1943


TRADUZIONE
Amico senti il nero volo dei corvi sulle nostre pianure?
Amico senti le sorde grida del paese che viene incatenato?
Ohè Partigiani,operai e contadini alle armi.
stasera il nemico conoscerà il prezzo del sangue e delle lacrime.
Uscite dalla miniera, scendete dalle colline, compagni!
Tirate fuori dalla paglia i fucili, la mitraglia, le granate.
Ohè combattenti col fuioco e col coltello colpite!
Ohè sabotatore attenzione al tuo fardello:dinamite...
Siamo noi che spezziamo le sbarre delle prigioni per i nostri fratelli.
Incitati dall'odio, spinti dalla fame, dalla miseria.
Ci sono dei Paesi dove la gente nel suo letto s'abbandona ai sogni.
Qui, ci vedi, marciamo e uccidiamo e moriamo.
Qui ognuno sa ciò che vuole, ciò che fa quando agisce.
Amico, se cadi un amico esce dall'ombra al tuo posto.
Domani sangue nero seccherà al sole alto sulle strade.
Cantate, compagni,nella notte la Libertà ci ascolta.
Se qualche blogger volesse, in questi giorni, riproporre i due canti, i loro link sono:
http://www.piovesan.net/xxx/BELLACIAO.mp3
http://www.piovesan.net/xxx/LeChantDesPartisans.mp3

domenica 20 aprile 2008

Bella ciao

Il sindaco di Alghero non vuole che la banda suoni “Bella ciao”, alle celebrazioni del 25 aprile.

Leggi le notizie qui e qui.

Evidentemente il revisionismo storico e la rimozione dei valori antifascisti, così come proclamato di recente dal forzista Dell’Utri -con riabilitazione dei mafiosi ed il “placet” del suo capo- sta prendendo piede.

Ed allora ricordiamo i versi di “Bella ciao”, anche per il sindaco di Alghero. Il suo indirizzo e-mail, se qualcuno desidera scrivergli, è questo: sindacodialghero@comune.alghero.ss.it

BELLA CIAO

Una mattina mi son svegliato,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
ed ho trovato l'invasor.

O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.

E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.

E seppellire lassù in montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.

E le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E le genti che passeranno
Mi diranno «Che bel fior!»

«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!»


Se poi volete ascoltare il brano, cliccate qui

Per notizie sul canto, cliccate qui


sabato 19 aprile 2008

Lavoratori, risvegliatevi!!! (2)

Dopo le dichiarazioni di Montezemolo (vedi post sull'argomento) alcuni, anche da destra, hanno voluto esprimere dei distinguo. Pensate che anche Calderoli si dissocia (quasi, quasi, ritiro il mio post!!!) .
Nonostante tutto, la storia ci insegna che gli industriali hanno sempre cercato di "tener sotto" i lavoratori, hanno sempre, e solamente, guardato al profitto. Se oggi i lavoratori hanno qualche diritto, non è per concessione dei padroni, ma per le lotte sostenute nel corso di quest'ultimo secolo.
Chi ha appoggiato, al suo nascere -ed anche dopo- il fascismo?
Speriamo solo di non tornare indietro e di dover riprendere a cantare contro i padroni e gli oppressori!

Ascoltate!

Le otto ore - Sebben che siamo donne - Benito - Oh, com'è bella la vita

(in formato mp3)

I danni dell'economia solo turistica a Venezia

Quanto riportato sotto è relativo ad un articolo, a firma di Paolo Bonafé, apparso su "il Venezia" del 18 aprile, articolo che condivido "in toto" per la circostanziata denuncia dell'economia veneziana basata sul solo turismo.

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I molteplici processi di ristrutturazione, hanno già causato l’allontanamento da Venezia di molte aziende, con il seguente cambiamento della struttura produttiva della città, che ha influito sulle stesse trasformazioni antropologiche e socio-economiche, che ben conosciamo. In questo contesto, si è sviluppato il solo settore turistico che, seppure fonte di ricchezza e occupazione, dominando il mercato in una logica di mono-economia, ha comportato un impatto deflagrante sul tessuto cittadino: lo sviluppo turistico, non armonizzato, ha comportato il lievitare dei costi della vita quotidiana e ha drogato il mercato della casa. In questo settore, l’esplosione della formula del B&B, strutture alberghiere di piccole dimensioni a gestione domestica, ha sottratto al mercato dei residenti anche gli appartamenti di piccole-medie dimensioni. Ogni anno, l’ipotesi di introduzione di forme di regolazione dei flussi turistici, occupa una settimana del dibattito cittadino, per poi essere archiviata, perché comporterebbe strumenti di complessa gestione. Ma intervenire a favore della città e dei suoi cittadini, significa anche uscire dalla logica della mono-economia turistica, nella consapevolezza che, per ogni azienda che lascia, Venezia diviene sempre più povera, non solo dal punto di vista economico, ma anche perché devitalizzata nel suo tessuto cittadino. In questo senso, va messo al centro dell’attenzione politica e imprenditoriale il ruolo del Porto, che potrebbe essere il polo da cui ripartire, per riprogettare l’economia della città.

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Su questo argomento ho trattato anch'io su post precedenti

http://sp1938.blogspot.com/2006/07/venezia-citt-diversa-venezia-citt.html

http://sp1938.blogspot.com/2008/01/venezia-non-tanto-una-disneyland-per.html

http://sp1938.blogspot.com/2008/04/ancora-su-venezia-i-suoi-problemi-ed-il.html



venerdì 18 aprile 2008

Lavoratori, risvegliatevi!!!

“Vile, tu uccidi un uomo morto”. Questo potrebbe dire qualcuno al presidente uscente degli industriali Montezemolo, che si rivolge alla “sinistra radicale” come “ … patrimonio di una minoranza esigua che oggi non ha neppure rappresentanza in Parlamento”.

Nel suo discorso di commiato, passando il testimone alla Marcegaglia, si è tolto qualche sassolino e forse anche qualcosa di più!

Però, affermare “Lavoratori vicini a noi” ed anche “I sindacati non sono più capaci di rappresentarli”, mi sembrano modi di dire più adatti ad una campagna elettorale che quelli di un’assemblea confindustriale.

Ai lavoratori che muoiono sul lavoro ed ai loro famigliari, cosa andiamo a dire? “Siate vicini al padrone che vi difende!”. Ed a quelli che vengono licenziati? “Il padrone e come un … padre! Ha la stessa radice etimologica!”.

Riferendosi ai sindacati ed ai sindacalisti : “ … sono molto più vicini alle nostre posizioni che non a quelle dei sindacalisti”. Via, non esageriamo! Tutti sbagliano, anche i sindacati, o meglio, i sindacalisti, ma tra questo e le affermazioni di Montezemolo ce ne passa!

“ … È veramente ora che il sindacato apra gli occhi e si confronti con il mondo reale, rinunciando a pratiche vecchie, come quegli scioperi rituali e inutili che ogni due anni accompagnano puntualmente i rinnovi contrattuali”. Questo un altro passaggio di Montezemolo.

Pratica vecchia lo sciopero oppure e pratica vecchissima il fare orecchie da mercante da parte dei padroni? Cosa deve fare il dipendente? Aspettare che il padrone si degni di decidere quando e come concedere, bontà sua, qualche misero euro in più? Oppure non è giusto che, alla scadenza, il contratto venga aggiornato e rinnovato? Chi è che tira sempre il culo indietro?

Poi chiede al nuovo governo “… una profonda riforma del Welfare con un mercato del lavoro più selettivo e più flessibile … “, che si traduce in maggiore possibilità di licenziamenti quando e come vogliono!

Insomma, mani libere ai padroni senza quei “rompiballe” di sindacati!

E la Marcegaglia risponde: “Vi prometto di metterci tutta l'anima e tutte le mie capacità e penso che insieme potremo continuare ad avere una Confindustria forte che contribuisca a un futuro migliore per noi e per i nostri figli”.

Vorrei sapere di quali figli sta parlando: quelli degli industriali o quelli dei lavoratori?

Qui se si bada agli industriali ed ai loro sodali, torniamo ai tempi delle sommosse sedate alla maniera del generale Bava Beccaris!



Lavoratori, risvegliatevi!!!

martedì 15 aprile 2008

Vini velenosi

Un blog che frequento, quello di CoRobi, riprendendo i recenti fatti di cronaca sul vino adulterato e dannoso, ha pubblicato l’elenco delle ditte che hanno lavorato e immesso nel mercato 70 milioni di litri di vino, più veleno che vino.

Una di queste era già stata condannata 22 anni fa con lo scandalo del vino al metanolo che fece anche dei morti.

A parte il fatto che non capisco come questa ditta abbia potuto riprendere a lavorare, spero che la magistratura proceda alacremente nell’inchiesta e nelle punizioni che dovrebbero essere esemplari.

Comunque, per tutelarsi, è bene portare con sé l’elenco di queste ditte in modo da controllare le etichette al momento di acquistare qualche bottiglia di vino.

Stampatevi l’elenco che segue:

Le quattordici cantine che secondo il pm hanno acquistato il vino sotto inchiesta

Vinicola Marseglia -Ortanova (Foggia)

Cantina Sgarzi -Castel San Pietro (Bologna)

Cantine Soldo - Chiari (Brescia)

Cantine Borgo San Martino - La Morra (Cuneo)

Morettoni Spa - Santa Maria degli Angeli (Perugia)

Acetificio Pontiroli - San Felice sul Panaro (Modena)

Nuova Commerciale - Ovada (Alessandria)

Coppa Angelo & f. snc - Doglieni (Cuneo)

Vinicola Santa Croce - Monteforte d'Alpone (Verona)

Azienda Agricola Rizzello spa - Cellino San Marco (Brindisi)

Cooperativa tre produttori - Latiano (Brindisi)

Casa Vinicola Poletti - Imola (Bologna)

Sarom Vini srl - Castel Bolognese (Ravenna)

Cantina Campi - Seclì (Lecce)

Per maggiori notizie leggete l’articolo dell’Espresso, cliccando qui.

lunedì 14 aprile 2008

"Cantare la guerra" - Da "Stelutis alpinis" a "Le voci di Nicolajewka": ... canti di guerra?

Quella che segue è la prefazione ad un opuscoletto che, il mio amico Paolo ed io abbiamo prodotto e che presenteremo a margine di una discussione che terremo giovedì 17 aprile, alle ore 17,30, presso la Scoléta dei Calegheri, in Campo San Tomà a Venezia.

“Quest’anno si ricorda il 90° anniversario della fine della prima guerra mondiale, la “grande guerra”; anni fa analoghe ricorrenze venivano chiamate anche “anniversari della vittoria”, sempre che si possa chiamare “vittoria” quando milioni di uomini, sia fra i militari che fra i civili hanno perso la vita. Nell’occasione di un evento tanto significativo per la considerazione doverosa dei guasti di una guerra per noi assurda e terribile, ma di tutte le guerre con essa, abbiamo pensato fosse cosa utile, e ci auguriamo apprezzata, riunire nel presente fascicolo alcuni articoli che, su tale tema e sulle canzoni che ad esso hanno fatto e fanno riferimento, abbiamo pubblicato nel giornalino dell’Associazione ‘Coro Marmolada’.

I materiali qui vorrebbero contribuire alla considerazione non banale o consuetudinaria ( soprattutto da parte dei più giovani) di tutto ciò che, anche nel canto corale come nella letteratura o in altre espressioni artistiche, ‘prende le misure’ con realismo e consapevolezza ad un tema aspro ed impegnativo, ma non trascurabile, poiché le guerre continuano ad esserci e, attorno a loro, continuano a morire tante, troppe persone.

È nata così una domanda: “I canti degli alpini, alcuni dei quali anche nel repertorio del “Marmolada”, sono canti di guerra oppure no?”.

Conoscendo come e dove erano nati e chi li cantava, la conclusione è stata, per noi: “No, non sono canti di guerra!”

E questo troverà riscontro nelle pagine che seguono e negli incontri pubblici che avremo nel corso di quest’anno.”

Il titolo dato all’incontro di giovedì è: “Da Stelutis alpinis a Le voci di Nicolajewka : canti di guerra?” e questo perché i due canti nel titolo sono due “canti simbolo” di un certo modo di cantare, di fare musica, forse non il più moderno né quello più di moda.

Due canti, assieme a tanti altri simili, che nascono in guerra o s’ispirano alla guerra, ma non sono canti di guerra; sono, invece, di condanna alla guerra.

I motivi che ricorrono sempre sono amore, pace, pietà ed anche, alcune volte, allegria.

Il testo completo dell’opuscolo lo trovate in formato pdf, cliccando qui.

Una lettera al blog "Italians" di Beppe Severgnini

Sul blog "Italians" di Beppe Severgnini, sul sito di Corriere.it, una lettera romantica e nostalgica di un "non veneziano" mi ha dato l'occasione di rispondere e, proprio pochi minuti fa, ho inviato al blog suddetto la seguente lettera che sottolinea e rincara quanto espresso dall'interlocutore:

Caro Beppe, prendo lo spunto dalla lettera di Bruno Coppola (13 aprile) che parla dei suoi annui ritorni a Venezia e che la trova cambiata rispetto a quando lui vi studiava, presso il Collegio Navale di S.Elena, ai tempi della guerra. Sono passati molti anni da allora, da quando entravano in laguna le due navi scuola della Marina Italiana (accanto all’”Amerigo Vespucci” c’era anche la gemella “Cristoforo Colombo” consegnata poi all’Unione Sovietica a titolo di risarcimento danni di guerra).

Di questo spettacolo (era veramente uno spettacolo l’ingresso di questi due velieri) ho solo vaghi ricordi in quanto ero molto piccolo, ma mi ricordo com’era, come si è trasformata Venezia negli anni successivi e come si trasforma, in peggio, anche oggi.

Intanto bisogna dire che negli anni ai quali accenno sopra, in Venezia centro storico c’erano più del doppio dei sessantamila abitanti attuali (fra poco andremo sotto questa soglia) ed il turismo era d’èlite.

Oggi, soprattutto a causa di sciagurati regolamenti che hanno liberalizzato tutto (liberalizzare da noi prende il significato di fare, impunemente, quello che si vuole) la città è in mano a chi del turismo fa solo speculazione. Ormai le case non si affittano più a residenti, a chi vuole abitarci perché qui è nato e perché qui ha il suo lavoro; le case, anche quelle messe male, vengono vendute o affittate ai “foresti”, -termine che non vuol dire solo forestieri, ma che sta a indicare chi non è veneziano- a prezzi elevatissimi e quasi sempre “in nero”; chi ha un lavoro “normale” e chi è solo un lavoratore dipendente non possono permettersi di sborsare le cifre richieste. Ed allora vanno ad abitare a Mestre o anche nel resto della provincia veneziana. Diminuiscono gli abitanti e, di conseguenza, chiudono tutte quelle attività commerciali a servizio del cittadino, i negozi sotto casa. Inoltre, aumentano i prezzi di tutte le categorie merceologiche.

Insomma, il turismo sta uccidendo Venezia!

È in discussione un progetto di legge regionale, solo per Venezia, che prevede che un albergo possa avere una “dependance” oltre i cento metri di distanza previsti attualmente, una legge nefasta che farebbe di questa città un unico grande albergo: una “Veniceland” per i turisti che, nell’ultimo anno, sono stati 21 milioni e sono in crescita; naturalmente una “Veniceland” senza veneziani.

Cordiali saluti

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Non so se la lettera verrà pubblicata fra le dodici che giornalmente vengono scelte, ed io, comunque, la propongo anche sul mio blog.

venerdì 11 aprile 2008

Ricordatevi quando sarete nella cabina elettorale!

Quando, dopodomani, entrerete nella cabina elettorale pensate a come imbrogliò una minorenne -che oltretutto aveva appena vissuto una tristissima vicenda familiare- colui che potrebbe diventare primo ministro.
Informatevi come è arrivato all'acquisto della dimora di Arcore -pagando una "pipa di tabacco"- quella che era stata la residenza dei Casati-Stampa, nella quale, cercando di cambiare la legislazione, vuole erigersi il mausoleo.
Il tutto in seguito ai raggiri dell'amico Previti e, forse, con la poca saggezza del giudice tutelare della minore. Si trattò del classico imbroglio.
Cliccate qui per leggere il mio post di due anni fa, nel quale riassumevo la vicenda e ... "Ricordate gente"!

mercoledì 9 aprile 2008

Centrale elettrica ad idrogeno a Porto Marghera

Finalmente una buona notizia che proviene da quel luogo di veleni che si chiama Porto Marghera! Una nuova centrale elettrica alimentata ad idrogeno! Finalmente una centrale elettrica che non produrrà anidride carbonica.

Gli studi e le ricerche erano in piedi da qualche anno e, come trovo oggi su Corriere.it (vedi sotto), entro il 2009, cioè fra poco più di un anno e mezzo, sarà funzionante. Sarà alimentata dall’idrogeno che, attualmente, è ancora scartato dal petrolchimico, cioè da una fabbrica di veleni. Comunque, proprio a Marghera vengono portati avanti ricerche su questo campo e speriamo che, a breve, si arrivi a estrarre l’idrogeno, a prezzi convenienti, dall’acqua.

Articolo di Corriere.it dell’8 aprile 2004

Potrà soddisfare la domanda elettrica di una cittadina di 60-80 mila abitanti

Elettricità dall'idrogeno a Porto Marghera

Pronta entro l'anno prossimo, utilizzerà il gas scartato dal polo petrolchimico e non emetterà CO2

DAL NOSTRO INVIATO
PORTO MARGHERA (VENEZIA) –
Hydrogen Park: forse il nome è un po’ altisonante. Ma qui oggi è stato avviato il cantiere della prima centrale elettrica a idrogeno di taglia industriale del mondo, 16 megawatt, quanto basta per soddisfare le esigenze di 60-80 mila persone, evitando di scaraventare nell’atmosfera quasi 20 mila tonnellate di anidride carbonica. Proprio così, perché l’idrogeno, bruciando, genera soltanto vapor d’acqua e ossidi d’azoto, che tuttavia verranno filtrati prima di uscire dai camini. Risultato: emissioni quasi zero. «Un piccolo impianto, ma un grande progetto ingegneristico e industriale, che ci colloca al primo posto nel panorama internazionale - ha detto l’aministratore delegato dell’Enel Fulvio Conti nel dare il via ai lavori del cantiere, che sorge a ridosso della centrale a carbone di Fusina, nel cuore del polo petrolchimico di Porto Marghera-. L’impianto, che entrerà in funzione entro il 2009, comporterà un investimento di 47 milioni di euro». Di idrogeno si parla da anni come del vettore energetico del futuro, quello che già alimenta fuel cell di automobili per ora carissime, ma assolutamente ecologiche.

PRODOTTO DI SCARTO - Nel caso della centrale elettrica di Fusina l’idrogeno verrà utilizzato semplicemente come combustibile, bruciandolo dentro una speciale caldaia. Un uso intelligente e quanto mai opportuno perché, finora, l’idrogeno era un prodotto di scarto dei cicli di lavorazione dell’etilene nel polo petrolchimico, eliminato al ritmo di 1,3 tonnellate l’ora. Un vero spreco. «Dall’anno prossimo, l’idrogeno sarà trasferito dal settore petrolchimico alla nuova centrale, per mezzo di una tubatura lunga 4 km, e andrà alimentare un ciclo combinato –ha spiegato il professor Gennaro De Michele, responsabile della ricerca scientifica all’Enel-. L’idrogeno brucerà azionando una turbina per la produzione diretta di energia elettrica. Ma anche il calore di scarto dell’impianto sarà utilizzato per produrre vapore che, a sua volta, sarà utilizzato dalla turbina della vicina centrale a carbone». Insomma, in tempi di energia a caro prezzo, qui si utilizzerà tutto con la massima efficienza. Hydrogen Park è un consorzio nato per iniziativa dell’Unione Industriali di Venezia che si propone, come hanno sottolineato il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan e il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, di convertire l’area di Porto Marghera in un polo di energie rinnovabili e pulite.

E CI SAREBBERO ANCHE I RIFIUTI - Ma Cacciari ha anche lanciato un duro atto di accusa contro la «burocrazia ministeriale» che sta impedendo il maggior uso energetico del cdr (il combustibile derivato dai rifiuti). «Qui da anni tentiamo di raddoppiare l’utilizzazione del cdr, passando da 35 mila a 70 mila tonnellate anno di rifiuti bruciati per uso energetico. Ma ci vengono frapposti ostacoli inammissibili, che per noi si traducono in una perdita di 4 milioni di euro l’anno. Una politica schizofrenica, incompatibile con la grave situazione energetica del Paese». A margine della presentazione della nuova centrale a idrogeno, è stato confermato un altro importante progetto ecologico avviato dall’Enel: lo stoccaggio, all’interno di giacimenti geologici profondi, dell’anidride carbonica emessa dalla centrale elettrica a carbone di Brindisi . La prima sperimentazione di questo impianto sarà effettuata entro l’anno prossimo. Sarà un altro modo di alleggerire il carico dei gas serra che fanno crescere la temperatura del pianeta.

Franco Foresta Martin

Aggiornamento del 9.4.2008 ore 21,00

In effetti si tratta della prima centrale ad idrogeno al mondo.

Ed ecco la pagina dedicata de IL GAZZETTINO di oggi (ieri non è uscito)

lunedì 7 aprile 2008

Ancora su Venezia, i suoi problemi ed il "soffocamento" turistico.

Su "ilVenezia" di oggi si trovano i commenti di due scrittori, abituali opinionisti del quotidiano "di cortesia", che si collegano al mio post precedente.
Pertanto, riporto i due articoli, ribadendo il principio che la Regione farebbe meglio a non interessarsi di Venezia!

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Hotel Laguna, albergo globale

Un vigile che invece di occuparsi di ciò che di sacrosanto dovrebbe occuparsi, strappa uno striscione di mano a un gruppo di bambini. Un assessore che a due passi da lì, si occupa del vero grande problema veneziano: i panini mangiati in Piazza San Marco. Complimenti alle istituzioni veneziane, capaci - grazie a quel vigile - di dare una bella immagine di sè a chi, in età evolutiva, saprà da oggi in poi che delle istituzioni, forse, è meglio a volte diffidare. Complimenti anche - ma sul serio, stavolta - ai 40xVenezia, che con il Frozen di sabato scorso e la civilissima contestazione “Venezia non è un albergo”, hanno messo il dito in una piaga profonda.

Già, perché fra l’indifferenza solita, tipica dei veneziani, la Regione - intesa come istituzione - sta varando qualcosa che trasformerà definitivamente Venezia in una Disneyland. Venezia in un albergo globale, unico, definitivo. Ed è sconcertante in questo notare la totale assenza, l’assoluto silenzio della giunta veneziana, sindaco in testa. Ancor più sconcertante è che il più grande, immenso, inimitabile amante di questa città, il suo assessore al turismo, sabato, a due passi da lì, invece di aderire e contrastare per primo una proposta scellerata, dato appunto il suo sperticato amore per la città, fosse invece impegnato ancora una volta in inutili e demagogici interventi da paesello di provincia. Mentre su Venezia sta per scattare la ghigliottina alberghiera, lui sta ancora lì, a preoccuparsi dei panini smangiucchiati all’ombra del Campanile. Dopo l’insopportabile tiritera, inutile, irritante e sciocca che ci tocca ascoltare a ripetizione sulla Linea 1 (“È un dovere di tutti... “), ecco che si torna alle regolette da maestra d’asilo. Intanto, sotto gli occhi del mondo, Venezia sprofonda nei veri, enormi problemi dovuti a una incapacità manifesta di gestione dei flussi turistici. Ma si sa, in salotto non si deve sporcare e allora delle briciole di quei panini si occuperanno degli angioletti volontari, che invece di guardare al vero grande gioco - sporco? - in atto sulla loro città, andranno a insegnare una nuova educazione al turista sbocconcellante il sandwich. Questa è la nostra deprimente Venezia di oggi, cari veneziani, specchio, peraltro, del degrado politico-istituzionale di questo paese.

Roberto Ferrucci - Scrittore - www.robertoferrucci.com

Forma urbis

I veneziani che se ne vanno, inutili al turismo

Chissà, forse ha ragione il vicepresidente della Regione Luca Zaia, che nel suo nuovo disegno di legge sul turismo consente a qualsiasi attività ricettiva di dotarsi di dependance ovunque in città, a patto di rimanere all’interno dello stesso Sestiere. Perché proibire agli abitanti di Sant’Elena di arricchirsi vendendo o affittando i loro appartamenti agli alberghi della Bragora, mentre nella zona di San Marco ciò avviene da sempre? Anche alla Giudecca non verranno negati spazi agli affittacamere di San Barnaba, per la gioia degli ultimi anziani che andranno a godersi la meritata pensione in un condominio di Preganziol, e dei turisti che entreranno finalmente in case vere, come veri veneziani, senza tutta quella gente attorno che sa solo lamentarsi senza riuscire a godere dei tesori d’arte di cui è circondata. Ha ragione Zaia: dove ce li mettiamo più di 20 milioni di turisti l’anno, se non mandiamo via anche gli ultimi abitanti dalle loro case? Anzi, già che ci siamo, diamo loro una casa a Malcontenta, e facciamoli tornare tutti i giorni in costume storico, per la delizia del crescente turismo cinese.

Perché fare la fatica di governare un fenomeno così complesso come quello del turismo, quando si può facilmente mandare tutto in vacca, una volta per sempre? Da ultimo, menzione di disonore ai vigili che in Piazza San Marco hanno strappato uno striscione di protesta, non offensivo per alcuno, dalle mani dei bambini. Neanche nei tempi peggiori. A meno che i tempi peggiori non siano questi.

Alberto Toso Fei - Scrittore

domenica 6 aprile 2008

Venezia, “paradiso fiscale”?

In questi giorni è apparsa sui giornali locali una notizia relativa ad un’idea espressa da alcuni “intellettuali” veneziani, raccolti attorno ad un’agenzia di comunicazione “partner di Ca’ Farsetti” (per i non veneziani, Ca’ Farsetti è la sede del Comune di Venezia).

“Venezia zona franca. Per contrastare lo spopolamento del centro storico, trattenere i residenti in città. E invertire una tendenza che sta mettendo in ginocchio la vivibilità della Laguna e le casse comunali”. Questa, in sintesi, l’idea.

L’agenzia in questione si chiama “Fondaco” ed ha un suo sito nel quale si può leggere l’attività e gli scopi di questo ente ( http://www.fondacovenezia.org/?I[session][currentIdSez]=3 ) ed anche questa nuova idea o teoria , che riporto, tale e quale si trova sul sito.

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UNA NOSTRA PROPOSTA: NUOVA NORMATIVA FISCALE PER VENEZIA 28.03.2008

Lo strumento fiscale è l’unico in grado oggi di garantire e programmare il futuro di Venezia. Risorse finanziarie pubbliche per mantenere e valorizzare la città non ce ne sono e quindi è necessario, e non più rinviabile, pensare all’innovazione e a strumenti che possano generarne di alternative. Sono necessari interventi strutturali per evitare il continuo spopolamento ed avviare una stagione di “progettazione”. Venezia è città unica al Mondo (almeno questa è l’opinione pubblica internazionale), per tale deve essere trattata. E’ risaputo che soltanto per mantenere il suo patrimonio sono necessari ingenti quantità di denaro; è risaputo (così evidenziano anche le ultime statistiche) che il costo della vita è maggiore rispetto agli altri centri urbani; è risaputo che risiedere è sempre più difficile sia per il caro affitti che per l’acquisto. Sono tutti argomenti di cui si parla da decenni ma ancora le soluzioni non si vedono. C’è da considerare poi il processo di riconversione e bonifica di gran parte del territorio di terra martoriato da uno scellerato sviluppo industriale (Marghera e Mestre) che richiede ingenti investimenti non più rinviabili. Se tutto ciò è vero (e noi ne siamo convinti) l’unico modo per affrontare e risolvere questi problemi è quello che Venezia diventi fiscalmente “zona franca”.

Un fisco capace di “trattenere” coloro che vogliono vivere in città: dall’esenzione totale per l’acquisto della prima casa all’esenzione totale per chi affitta, dalla deducibilità integrale del canone di locazione (sia per residenti che per studenti, questi ultimi finiti gli studi potrebbero decidere di fermarsi definitivamente a Venezia e facendo così magari qualche bella testa pensante anziché andare in cerca di nuovi lidi potrebbe rimanere qui) alla deducibilità totale per coloro che fanno interventi di restauro. Agevolazione massima per le aziende che desiderano aprire una loro sede in città (sia nel centro storico che nelle aree dove è necessaria la riqualificazione urbanistica) questa volta però in modo serio (sedi reali e non fantasma come avviene nei paradisi fiscali) con un periodo minimo garantito di residenza (10 anni) e l’obbligo di offrire nuovi posti di lavoro e quindi nuove opportunità per i giovani. L’esempio in Europa lo abbiamo: l’Irlanda. Da ultimo per reddito pro capite e prodotto interno lordo è diventato in pochi anni il Paese con il più alto tasso di sviluppo perché ha saputo attrarre con misure fiscali intelligenti la disponibilità di numerose multinazionali senza che l’ambiente subisse stravolgimenti. In questo modo l’Irlanda è il Paese più giovane d’Europa (ogni 3 abitanti 2 sono giovani – da noi il contrario!). Tutto ciò gli irlandesi lo hanno fatto offrendo un territorio semplice avendo però la marcia in più dell’entusiasmo e del modo sempre positivo di accogliere la gente. Proviamo a trasferire tutto ciò a Venezia e ci renderemo conto che abbiamo tutte le potenzialità per cambiare marcia. E’ necessario attrarre, prima dei soldi, intelligenze e competenze in forza delle quali individuare i migliori percorsi di sviluppo. Così Venezia può ritornare ad essere la città del futuro. Un meccanismo capace di mettere in moto nuove attività, di generare nuova ricchezza e fare da volano ad un sistema che va al di là della città museo in larga parte appiattita e a rimorchio del turismo di massa. L’invito che rivolgiamo alle Istituzioni, a tutti i livelli, è quello di chiedere all’Unione Europea una deroga speciale per il territorio comunale di Venezia (forse in quella sede incontreremo maggiore sensibilità e quindi maggiore chance che tutto ciò si realizzi). Un provocazione, un’utopia, un sogno, forse di tutto un po’ ma per raggiungere grandi risultati è necessario pensare in grande!

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I giornali hanno subito “sparato” sui titoli “Paradiso fiscale”. Qualcuno ha fatto dei raffronti con il Liechtenstein, visto che in questi giorni sono saliti all’onore della cronaca i nomi di chi portava i suoi soldi nel piccolo principato.

È certo, però, che un cambiamento del genere è, senz’altro, molto difficile, ma non impossibile.

Nel leggere giornali e sito ho subito pensato che queste cose le avevo già dette io, su questo “blog” due anni fa ed anche dopo. Ma si sa, io non sono nessuno, ho solo cinque o sei lettori e non ho seguito di giornali.

Per chi volesse perdere un po’ di tempo, ecco i “link” ai miei “post”.

http://sp1938.blogspot.com/2006/07/venezia-citt-diversa-venezia-citt.html

http://sp1938.blogspot.com/2008/01/venezia-non-tanto-una-disneyland-per.html

Io parto dal fatto che noi veneziani siamo pochi e diversi e, quindi, per la nostra diversità e per essere rimasti in pochi, dobbiamo essere tutelati, o, più precisamente, dobbiamo tutelarci. Quale miglior tutela se non quella di essere autonomi? Nulla a che vedere, però, con altri movimenti secessionisti! Anzi, se vogliamo una secessione, questa è dal Veneto. Infatti, non vorrei che a decidere di quello che deve essere fatto o non fatto a Venezia siano assessori e/o consiglieri regionali, che non abitano nella nostra città, ma nel “contado”, come la legge regionale che vogliono approvare e che permetterebbe di aprire “dependences” di un albergo anche dall’altra parte della città rispetto alla sede centrale dello stesso (oggi è prevista una distanza massima di cento metri). Questa legge, se approvata, farebbe di Venezia un unico albergo, una città solo dedicata ai turisti, una Venezia senza veneziani; non sarebbe più una città, ma diventerebbe Veniceland!

Una cosa è certa: se non vi saranno, in futuro, delle scelte coraggiose per la mia città, questa finirà veramente male e non saranno le acque alte a finirla!

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