giovedì 27 maggio 2010

I veneziani "contro" i turisti!

La blogger Emilia  alcuni giorni fa ha scritto un post sulle cose che non sono raccomandabili da fare a Venezia (vedi qui) . Lei, come turista e straniera, ne ha viste, ovviamente, solo alcune e, allora, penso di indicarne altre.
Ed inizio con quella che proprio su Il Gazzettino di oggi è salita all'onore della cronaca; mi riferisco ai cosiddetti "lucchetti dell'amore" che, giovani e meno giovani, chiudono sulle ringhiere di alcuni ponti veneziani. In generale si tratta di turisti che, in quella che viene chiamata da alcuni "la città degli innamorati", si giurano eterno amore con questo simbolo del lucchetto. 
Uno attaccato all'altro formano dei grappoli che molto spesso diventano ruggini e che finiscono col pesare (anni fa un fanale di un ponte sul fiume Tevere è crollato per il peso dei lucchetti). 
Cari turisti il fatto di togliere questi lucchetti ha un costo che non pagate voi, ma noi veneziani!
Un'altra cosa che non dovrebbero fare coloro che vengono a Venezia, magari in comitiva, è quella di occupare completamente lo spazio di una strada (calle o fondamenta) costringendo chi deve passare a chiedere ripetutamente "permesso", senza essere ascoltati subito, il più delle volte, e costringendo chi deve passare a ripetute richieste. Porto due esempi: sulla fondamenta di San Simeone Piccolo (quella sul Canal Grande di fronte alla stazione ferroviaria)  c'è un albergo (Carlton Hotel) dove spesso alloggiano comitive che quando escono dall'albergo, prima di iniziare il giro per Venezia, sostano tranquillamente senza rendersi conto che sono su una pubblica via ed occupano totalmente la larghezza della fondamenta. Stessa cosa succede poco prima di arrivare a Piazzale Roma (stessa fondamenta) dove si trova un attracco di grandi motoscafi  che propongono  itinerari lagunari; anche qui le comitive stazionano senza curarsi della gente che deve passare. 
Già ho trattato il successivo "inconveniente" su un post di qualche tempo fa relativo al ponte di Calatrava. Si tratta di come vengono trasportati i "trolley" per i ponti veneziani e, visto che ne ho già parlato, vi rimando a quel post.
Un altro atteggiamento di parecchi turisti, che proprio non sopporto, è quello di entrare in spazi privati; questo accade ogni giorno proprio nel palazzo dove c'è il mio appartamento! Dalla porta a vetri si vede un cortile interno con una vera da pozzo; fuori della porta c'è tanto di numero anagrafico ed una lastra di marmo con tanti campanelli e videocitofono. E' un accesso privato!  Eppure ci sono parecchi turisti che arrivati alla porta la spingono tentando di entrare. Se poi capita che il netturbino sia entrato, per portare via le immondizie che i condomini posizionano in alcuni bidoni all'interno del cortile, ed abbia lasciato la porta aperta per il passaggio del carro, è la volta che ci troviamo le comitive nell'androne ed anche su per le scale! Cosa cerchino proprio non lo capisco e mi domando cosa succederebbe se qualcuno si comportasse così a casa loro!
Lette queste righe qualcuno potrebbe classificarmi un brontolone che non deve lamentarsi visto che il turismo, a Venezia, è la maggiore fonte di entrate. Rispondo che io non ce l'ho con i tutti i turisti, ma solo con quelli maleducati; inoltre io, come tanti altri veneziani, dal turismo non ho alcun utile economico. 
Per oggi mi fermo qui!

sabato 15 maggio 2010

Piove, governo ladro!

Questo post è, ovviamente e logicamente, collegato a quello di ieri in quanto riguarda la pioggia che, anche oggi, non ci lascia. 
Il testo del titolo è un modo di dire che, fin da ragazzo, ho sempre sentito. Su questo era nata anche una barzelletta: 

"Un tizio, vedendo che continuava a piovere, uscì, ad alta voce, con la battuta "Piove, governo ladro!". Passava di lì un carabiniere che, uditolo, lo dichiarò in arresto per offesa. Il malcapitato cercando di salvarsi disse: " ... ma io intendevo il governo svizzero ... ".  "Appunto -rispose il carabiniere- se si fosse riferito al nostro, non si trattava di offesa, ma di dichiarazione veritiera!".

Siamo oggi ancora in questa fattispecie?

venerdì 14 maggio 2010

Un proverbio che non annuncia la primavera!

Ieri, 13 maggio, ricorreva l'Ascensione, in veneziano "Sensa", festa che liturgicamente e laicamente viene spostata a domenica prossima..
Sono uscito di mattina ed ho preso la pioggia; la sera, poi, c'è stato un temporale con grandine.
Faccio questo preambolo per introdurre un vecchio proverbio veneziano che dice: "Co piove el giorno de la Sensa, par quaranta giorni no semo senza".
Questa è la primavera che ci attende!
Dicono che i proverbi sono la saggezza del popolo; controlliamo e vediamo se sarà vero.

domenica 2 maggio 2010

E a sunât


"E a sunât une di jespui, al a dat il ultim bôt" (E' suonata la prima campana del vespro, ha dato l'ultimo rintocco) . E' questo uno dei canti, una villotta friulana, più famosi e nel quale appaiono, sia nel testo, che nella musica, le campane. Fa parte del repertorio del Coro Marmolada nell'edizione armonizzata da Gianni Malatesta.
Musica e testo molto belli presentano, poeticamente, quella che poteva essere, qualche decennio fa, la fine della giornata in un paese, situazione che gli altri due versi completano con semplicità : "Jo us doi la buine sere, jo us doi la buine gnôt" (Io vi do la buona sera, io vi do la buona notte).
La situazione descritta dal canto ricorda altre contesti simili descritti, molto più degnamente, da due scrittori del nostro romanticismo, Alessandro Manzoni (1) ed Ippolito Nievo (2)

(1)                 "I promessi sposi" cap. VIII " … C'era in fatti quel brulichio, quel ronzio che si sente in un villaggio, sulla sera, e che, dopo pochi momenti, dà luogo alla quiete solenne della notte. Le donne venivano dal campo, portandosi in collo i bambini, e tenendo per mano i ragazzi più grandini. ai quali facevan dire le divozioni della sera; venivan gli uomini, con le vanghe, e con le zappe sulle spalle. All'aprirsi degli usci, si vedevan luccicare qua e là i fuochi accesi per le povere cene: si sentiva nella strada barattare i saluti, e qualche parola, sulla scarsità della raccolta e sulla miseria dell'annata.; e più delle parole, si sentivano i tocchi misurati e sonori della campana, cha annunziava il fine del giorno. …"
(2)                  "Il Varmo - Novella paesana" cap. I. " … e lunge lunge si schierano illuminate dal tramonto le torri dei radi paeselli donde si parte un suono di campane così affiocato per la vastità e per la distanza, da sembrare un coro di voci né celesti né terrene, nel quale alle preghiere degli uomini si sposino arcanamente le benedizioni degli angeli. …"