domenica 10 novembre 2013

Toponomastica e anagrafici veneziani



Un cartoncino pubblicitario della parafarmacia inserita all'interno della Coop di Piazzale Roma, a Venezia, porta anche l'indirizzo anagrafico esposto in questi termini: Via Santa Croce, 499.
Evidentemente il cartoncino non è stato impostato a Venezia, ma, forse, nella sede amministrativa che si trova in Romagna o da un'agenzia pubblicitaria di qualche altra città.
Infatti a Venezia, Santa Croce non è una "via", ma un sestiere e la numerazione va per sestiere per cui si arriva a numeri anagrafici molto alti.
A Venezia, quelle che i foresti, o i "campagnoli" chiamano "vie" sono le calli; poi non esistono piazze o piazzette, ma campi e campielli, per non parlare di "sotoporteghi", "rami" e "fondamente". Esiste una sola Piazza, quella di San Marco e, per questo basta dire : "... vado in piazza", per indicare che si va in Piazza San Marco.
Ovviamente per Venezia intendo solo il centro storico lagunare e non la terraferma.
Ma di queste stranezze di indirizzi ho avuto modo di constatarne altre; io abito nel sestiere di Santa Croce e spesso mi arriva posta indirizzata in Via Santa Croce, come l'esempio della Coop, ma anche Strada Statale Santa Croce in quanto, a volte, il termine "sestiere" viene abbreviato in "SST", abbreviazione che qualcuno interpreta, invece, come "Strada Statale".
Ma non è finita! Visto che esiste la parola "Croce", qualcuno -più "studiato"- scrive ... Via Benedetto Croce!!!
Per il momento non ci sono altre varianti!

martedì 5 novembre 2013

SU LA RIVA DE BIASIO




Sul libro "Canti per popolo veneziano" di Iacopo Foscarini, stampato nel 1844, sul quale sono riportate numerose "canzonette o villotte alla veneziana" ho trovato due strofe -che non sono villotte(1)- e che, fra loro sono collegate. La prima, in particolar modo, richiama un'orrenda storia di un "orco", non trovo altro termine per definire il famoso "Biasio luganegher"(2), che proprietario di un'osteria, una bettola, preparava un intingolo usando carne umana, più precisamente carne di bambini. La storia è molto conosciuta a Venezia ed una località, probabilmente nelle vicinanze della casa di Biasio, si chiama appunto "Riva de Biasio".

Oggi è una fondamenta di circa duecento metri lungo il Canal Grande, una delle poche su queste acque; ma le condizioni attuali sono ben diverse da quelle di una volta. Infatti molti spazi che davano sul Canal Grande, ma non solo, non erano fondamente, cioè strade lastricate lungo un canale, ma rive che degradavano verso l'acqua. Anche la famosa pianta prospettica del De Barbari del '500 mostra questa caratteristica che troviamo anche in altri quadri di artisti famosi dell'antichità relativamente ad altri luoghi. (v."La Scuola della Carità" del Canaletto).

Il testo, senz'altro popolare e di prima dell'800, mette in evidenza una situazione abbastanza diffusa in quei periodi; senz'altro gran parte del popolo abitava a piano terra in case non troppo sane e dove girava poca aria. Quindi, in caso di estati afose e umide, era quasi impossibile vivere tutto il giorno dentro casa, soprattutto per i bambini e per le mamme. Ed allora, come anche oggi, una passeggiata lungo una riva vicina all'acqua e magari con un leggero alito di vento, era il toccasana contro la calura. Forse la madre era un po' ansiosa o, come si direbbe oggi, il parto aveva lasciato qualche conseguenza depressiva. Ed ecco che subito le viene alla mente il feroce Biasio, tanto che le sembra di vederlo già pronto con il coltello in mano per usarlo contro il suo bambino.

L'autore della prefazione del libro sostiene che i canti veneziani sono quasi tutti in tono minore  in quanto "....pare che i Veneziani abbandonandosi  all'affetto, si tingano per naturale inclinazione d'una lieve malinconia, che trasfonde in chi l'ascolta maggior tenerezza....". 

Ma è con la seconda strofa -profondamente diversa-, nella quale interviene il marito, che cambia l'atmosfera e, quindi -penso. anche la tonalità! È lui che, con baldanza, vuole rincuorare la moglie alla quale propone di andare a prendere il fresco a San Basegio, dalla parte opposta della città, assieme ai Nicoloti, gli abitanti di quella zona, pescatori, e dove, in una bettola famosa, si può bere anche un buon bicchiere di vino.

Dalla tristezza all'allegria, questa è la certezza del testo, ma è anche la certezza di chi legge queste due bellissime espressioni popolari, e di chi le ascolta.

Ma qui, come si dice, casca l'asino!  Quale sarà la melodia di questa canzone? L'autore citato all'inizio afferma che non esistono tracce musicali; purtroppo, col passare del tempo, queste sono andate perse, come tante altre arie a Venezia(3).

Ed allora perché non trovare una nuova melodia, magari ispirata a qualche antica melodia veneziana -ma forse non è necessario- o legata semplicemente al testo?

Armonizzarla poi per coro virile appare un po' difficile, soprattutto la prima strofa dove la protagonista è la madre; ma tanti canti della tradizione sono stati impostati per coro virile anche se protagoniste sono le donne.

Ed allora, perché qualche musicista, preferibilmente veneziano, o con la sensibilità veneziana, non ci prova?



(1) La forma poetica della villotta è quella chiusa di quattro ottonari alternati piani (primo e terzo) e tronchi (secondo e quarto)
[2] V. "Curiosità veneziane"del Tassini alla voce "Riva de Biasio"
[3] Scrive il Pullè nella prefazione al libro del Foscarini " .... ! la fatal moda che ogni cosa invade e scompiglia; le sovrabbondanti melodie, ed i cori rubati al teatro che rimbomba di sempre nuova musica, la vinsero; e fecero dimenticare, o trasandare a' buoni Veneziani, la cara semplicità de' loro canti primitivi,..."

sabato 2 novembre 2013

A Venezia tutti ne parlano, ma ........



A Venezia -non solo ultimamente, anzi da molto- si continua a parlare, a discutere, anche attraverso i "media" e la "rete", ma decisioni non vengono prese. Sono anni che il tema dell'abbandono della città da parte dei suoi cittadini è sulla bocca di politici, giornali, autorità varie e popolo; ma sono anni che se ne parla, la popolazione continua a diminuire, e nessuno trova soluzioni conclusive.
Questo è il principale problema, anche precedente all'invasione dei turisti; infatti, continuando questo depauperamento, alla fine la nostra città diventerà solo un parco divertimenti e non sarà più una città.
Perché Venezia perde abitanti? I vecchi, un po' alla volta, se ne vanno, ma i giovani non riescono a trovare una casa, sia in affitto sia da acquistare; i prezzi sono elevati, molto più che in altre città, ed allora rinunciano. Pochi anni fa il Comune ha impostato la costruzione di case alla Giudecca da destinare soprattutto ai giovani ed a costi calmierati, però, vuoi perché la Giudecca è un'isola, con tutti i problemi di collegamento, ma anche perché i prezzi non erano poi così vantaggiosi, il progetto ha avuto scarsi risultati.
Un appartamento che resta libero non viene dato in affitto a residenti, ma invece i proprietari cercano di trasformarlo ad uso alberghiero: il guadagno è maggiore. Se poi viene messo in vendita, i costi sono proibitivi, soprattutto per giovani famiglie, ed allora, anche in questo caso, è molto facile che il nuovo proprietario sia uno straniero, che poi la abiterà solo per brevi periodi, oppure un investitore, che destinerà l'unità immobiliare a destinazioni diverse da uso abitativo per residenti.
Insomma, la causa di tutto è il turismo, l'enorme flusso di persone che frequenta Venezia, un flusso che porta ricchezza, ma solo a determinate categorie e non alla città.
Sono anni che si discute se far pagare una specie di tassa, un "ticket" come si dice, a chi vuole entrare in città; alla prima proposta, mi sembra del sindaco Cacciari, iniziò un giro di polemiche discussioni che, ancor oggi, non sono concluse e, ogni tanto, tornano a riempire le pagine dei giornali non solo locali.
Ultimamente, a seguito delle dichiarazioni dell'assessore preposto che, nonostante il suo assessorato sia quello delle "Attività Culturali e per lo Sviluppo del Turismo", ha espressamente detto che è necessario porre un limite al numero dei turisti.
Apriti cielo!
Le categorie interessate, cioè le "lobbies" degli albergatori, dei gondolieri, dei ristoratori e dei motoscafisti (senz'altro me ne sono dimenticata qualcuna) hanno opposto, come sempre, una forte resistenza a qualcosa che, come la tassa di soggiorno, porterebbe delle somme nelle casse comunali, somme che dovrebbero poi essere investite in  progetti ad hoc, sia per i turisti che per i cittadini; ad esempio chi paga l'asporto dell'enorme quantità di rifiuti prodotti dai turisti? Oggi lo facciamo noi cittadini!
Inoltre un ticket, o il sistema delle visite prenotate, porterebbero ad una regolamentazione dei flussi senza che, forse, vi sia una forte diminuzione numerica.
Anche la Curia, tramite il suo organo di stampa ufficiale, Gente Veneta, ha preso posizione sia sul flusso turistico che sul problema casa per residenti. Una soluzione proposta potrebbe essere quella di una "fondazione" che acquisti le case per poi destinarle ai residenti a prezzi "onesti"; forse questo servirebbe anche a calmierare il mercato.
Comunque su questi temi, ma anche su altro ("grandi navi", M.O.SE, porto, moto ondoso, trasporti e -cosa di questi giorni- il "parco divertimenti in Sacca S.Biagio"), a Venezia tutti (istituzioni, categorie le più disparate, singoli individui) discutono sui "media",  ma anche per strada e nei vaporetti, soprattutto quando sono stracolmi.
Tutti ne parlano ma, avendo Venezia origini culturali bizantine, le discussioni restano solo discussioni inutili e sterili, tanto che possono anche risultare pericolose in frangenti in cui occorre prendere decisioni rapidamente.