venerdì 31 ottobre 2008

4 novembre: anniversario della vittoria?

“Anniversario della Vittoria” è stato chiamato per molti anni -ma qualcuno usa, ancor oggi, questa definizione- il 4 novembre, data che ricorda la fine della prima guerra mondiale.

Quest’anno ricorre il 90° anniversario, e non tutti sono d’accordo, come il sottoscritto, che si debba ricordare una vittoria; è invece una data che deve ricordare altre cose. Infatti, se vi furono dei vinti non è detto che vi furono anche dei vincitori: una vittoria non l’hanno considerata i centomila “presenti” a Redipuglia e neppure tutti coloro, centinaia di migliaia, che rimasero sui campi di battaglia di ogni fronte. Ma neppure fu una vittoria per tutti coloro che dalla guerra non ebbero che lutti, miseria ed anche fame. E non si può considerare “vittoria” anche per tutte le conseguenze politiche di quella guerra che portarono alla dittatura.

E c’è anche chi considera i morti in battaglia degli eroi, uomini che si sacrificarono per un ideale. Ma siamo sicuri che chi moriva era conscio di sacrificarsi per un ideale? Cosa ne potevano sapere di certi “ideali”, sempre che si possa usare questo appellativo, i contadini, gli operai ed i cittadini in genere che venivano chiamati alla leva e mandati in prima linea? Cosa poteva fregargliene, per esempio, ad un contadino siciliano, di Trento e Trieste che, magari, non sapeva neppure dove si trovassero le due città?

Si sa, in tutte le guerre, chi comanda, classe politica e dirigente –non solo militare- è l’unica che, forse, ci guadagna qualcosa proprio per merito di questi “eroi”, che poi eroi non sono in quanto il loro sacrificio non è stato, almeno nella maggior parte dei casi, conscio. I soldati che andavano all’attacco con la baionetta uscendo dalle trincee erano, di solito, “pompati” perché non era raro il caso di condizionamenti fisici (alcool) e psicologici. Se non ubbidivano al comando venivano considerati vigliacchi e disertori con tutte le conseguenze che ne scaturivano. Insomma, non erano eroi e, soprattutto, non volevano esserlo. È un mio convincimento che gli eroi non siano mai esistiti se non in casi veramente rari ed estremi. Anche quelli che si sacrificarono e che consideriamo consci, siamo sicuri che non vi siano stati dei precedenti condizionamenti dovuti, per esempio, all’educazione ricevuta? Su questi miei convincimenti, espressi proprio quest’anno, in occasione di due interventi pubblici nei quali trattavo sui canti cosiddetti “di guerra”, alcuni non si sono trovati d’accordo. Con questo non voglio assolutamente sostenere che chi è morto per la Patria non abbia compiuto un sacrificio; è chiaro che tutti sono stati dei sacrificati e, anzi, sono stati “carne da macello” mandati avanti in una guerra che certamente loro non avevano voluto.

E proprio prendendo spunto dai cosiddetti “canti di guerra” sostengo che chi si trovava in prima linea, chi era in trincea, immerso nel fango o nella neve, chi si trovava sotto la mira del cecchino o fra gli scoppi delle granate e quant’altro, non aveva lo spirito del “guerriero” e dell’eroe, ma era solo un uomo che aveva un unico desiderio: che la guerra finisse e che potesse ritornare a casa ed ai suoi affetti.

“ …Maledeta la sia questa guera / Che mi ha dato sì tanto dolor, / Il tuo sangue hai donato a la tera / Hai distrutto la tua gioventù. …” cantavano i prigionieri trentini, inquadrati nell’esercito austriaco e mandati sul fronte orientale, nel canto intitolato “Sui monti Scarpazi”.

“… l’è lutto degli alpini che van la guerra un verso di “Sul ponte di Bassano” (canto della prima guerra mondiale, non quello, forse più famoso, del “bacin d’amore”, e dal quale è derivato “Sul ponte di Perati” della seconda guerra mondiale), verso nel quale l’azione “van la guerra” indica come, gli alpini, ma con questo termine includo tutte le altre armi, non facevano la guerra, non volevano farla, ma andavano perché erano mandati. .

Nostalgia troviamo in “Ta pum” con “Ho lasciato la mamma mia… ” e poi, inframmezzato dal continuo martellamento dei mortai “ta pum”, appunto, il racconto conciso di quella che era la vita al fronte, sempre in prima linea, con il cecchino pronto a sparare.

I motivi che ricorrono in questi canti sono sempre amore, ricordo, pace, pietà ed anche allegria. Quindi NON guerra.

E concludo richiamando un articolo di Gualtiero Bertelli intitolato «Canzoni al fronte - E una madre triestina gridò: "Se la guerra non fusse mai sta”» apparso su Il Gazzettino di Venezia del 30 ottobre.

domenica 26 ottobre 2008

Ma sono lauree?

Da pochi giorni ho concluso la lettura de “La deriva” di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella. Devo dire, con franchezza, che ho avuto delle difficoltà a portarlo a termine, non perché sia scritto male, ma perché le notizie riportate, i fatti raccontati e documentati mi opprimevano.Alla fine mi sono chiesto se, effettivamente, tutto fosse stato vero e, subito, mi sono anche risposto:”Sì”. Ho anche concluso che eravamo veramente ridotti male in Italia, non tanto per colpa di tutti gli italiani, ma, essenzialmente, la causa ricadeva sulla classe dirigente politica, burocratica, sindacale, professionale, universitaria ed anche industriale.
Trascorsi pochi giorni, leggo su Corriere.it di oggi un articolo, degli stessi autori, intitolato “Università, il business dei laureati precoci” (clicca qui) dove si legge che, ultimamente, ci sono molti che si laureano in poco tempo. Non sono dei geni, ma persone che arrivano con crediti formativi, soprattutto dipendenti pubblici, per il lavoro svolto; quindi, con qualche tesina ottengono il titolo triennale di dottore in …., e qui c’è da sbizzarrirsi! Ma quello che più mi ha incuriosito e che i titoli non vengono rilasciati da Università di prestigio, ma da nuove istituzioni, in particolare due, dove i laureati precoci sono circa il 50% delle lauree totali. E ci sono, inoltre, le Università telematiche, un’invenzione del precedente governo di centro-destra, della Moratti.
Chissà che laureati saltano fuori da queste istituzioni!

sabato 25 ottobre 2008

Si danno i numeri!

“Roma, 25 ott. (Ign) - Ogni sera il cielo della capitale si riempie di uccelli: sono centinaia di migliaia, forse milioni. Le specie di uccelli che scelgono i centri urbani come luogo ideale per svernare sono molte: oltre ai più conosciuti colombi, passeri e storni ci sono merli, cinciallegre, cinciarelle, verdoni, pettirossi, capinere, fringuelli, frosoni. … “

Questo è l’inizio di una notizia apparsa sul sito dell'Adnkronos in data odierna.

Guarda un po’, anche in questo caso c’è chi dice qualche centinaia di migliaia e chi, invece, milioni.

Forse non sono intervenuti ancora i vigili urbani perché, secondo le loro stime, potrebbero essere solo qualche decina di migliaia; l’amministrazione non vuole allarmare la popolazione perché più uccelli vengono dichiarati, allora … più guano e maggiori possibilità di epidemie.

Ma, forse, i “verdi” preferiscono numeri più grandi e, allora, gli uccelli salgono a milioni; in questo caso la natura torna e riprendere il suo posto.

Scherzi a parte, ma veramente, a Roma –quest’oggi- tutti … danno i numeri!!!

mercoledì 22 ottobre 2008

Bava Beccaris ... torna d'attualità.

In questi giorni, vista la determinazione ad usare la forza pubblica contro le manifestazioni studentesche da parte del governo e del suo capo (Tessera P2 n.1816), qualcuno ha paragonato il suddetto “tessera” al generale Bava Beccaris che, nel 1898, ordinò ai soldati che comandava di sparare ad alzo zero sugli scioperanti facendo, ovviamente, una strage!

Allora, per rinfrescare la memoria, è bene ricordare quell’episodio che qualcuno avrà senz’altro dimenticato.

«Nel 1898 scoppia la guerra tra Spagna e Stati Uniti che provoca subito un forte rincaro del pane: questo significa un aggravio per le popolazioni in Italia le quali già patiscono la fame. Il governo non provvede e in tutta la penisola si moltiplicano le manifestazioni di protesta contro il caro vita che sfociano in tumulti e scontri con la forza pubblica. Gli scioperi e le agitazioni saranno repressi soprattutto a Milano dove il generale Bava Beccaris, per ordine del "re buono" Umberto I, soffocherà nel sangue i tumulti. L'ordine di sparare sulla folla inerme provocherà
ufficialmente 80 morti e per questo gesto, per aver riportato "l'ordine", Bava Beccaris sarà decorato dal re.
Sulla carneficina perpetrata durante le quattro giornate di Milano (dal 6 al 9 maggio 1898) la storiografia riprende l'informazione governativa che indica in numero di 80 i morti nelle strade del capoluogo lombardo e 450 i feriti; altre fonti non riportano alcun numero limitandosi a scrivere di numerose morti, altre notizie parlano di centinaia di morti
[trecento], per altri giornali dell'epoca il numero è di 500 e nel canto "furon mille i caduti innocenti, sotto il fuoco degli armati caini", che può anche essere solo una "licenza poetica".»

Un autore, anonimo, scrisse e compose questo canto “Il feroce monarchico Bava”

Alle grida strazianti e dolenti
di una folla che pan domandava,
il feroce monarchico Bava
gli affamati col piombo sfamò.

Furon mille i caduti innocenti
sotto al fuoco degli armati caini
e al furor dei soldati assassini
"morte ai vili!" la plebe gridò.

Deh non rider sabauda marmaglia
se il fucile ha domato i ribelli,
se i fratelli hanno ucciso i fratelli,
sul tuo capo quel sangue cadrà!

La panciuta caterva dei ladri,
dopo avervi ogni bene usurpato,
la lor sete ha di sangue saziato
in quel giorno nefasto e feral

Su piangete mestissime madri
quando oscura discende la sera
per i figli gettati in galera,
per gli uccisi dal piombo fatal.

Per ascoltare il canto, clicca qui

Nota – Le notizie ed anche il canto sono tratte dal sito http://www.nelvento.net

martedì 21 ottobre 2008

Italia fra i Paesi più «diseguali»

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Oggi su Corriere.it, e neppure molto in evidenza -anzi alle 15,00 era già sparito-, c’è un articolo interessante il cui titolo è: “Italia fra i paesi più «disuguali»”. Riferisce di una ricerca, a livello mondiale, che, almeno per quanto ci riguarda, era percepibile … “a naso”.

In effetti, che i ricchi diventino sempre più ricchi e che i poveri sempre più poveri, anche in Italia, era cosa risaputa, ma nessuno dei governanti di questi ultimi anni sembra ci abbia fatto caso. Anzi, i provvedimenti adottati, anche ultimamente, vanno in senso contrario a come dovrebbero andare.

La disuguaglianza fra le remunerazioni dei lavoratori a tempo pieno è aumentata. Ciò è ascrivibile al fatto che i lavoratori con alti redditi guadagnano ancora di più. La globalizzazione, il cambiamento tecnologico e le misure governative sono probabilmente tutti fattori che hanno contribuito a tale risultato. Poi -di bene in meglio- il reddito da capitale e dei lavoratori indipendenti sono distribuiti in modo molto disuguale e nell’ultimo decennio tale disuguaglianza si è accentuata. Tali tendenze spiegano in gran parte l’ampliamento delle disuguaglianze del reddito.

L’argomento non è dei più semplici e, forse per questo, i lettori di Corriere.it preferiscono leggere cose meno pesanti e più frivole! Basta guardare la classifica degli articoli più letti: siamo caduti veramente in basso!

Ma per chi volesse approfondire ecco i link interessati.

L’articolo in questione e due riassunti tratti dal sito dell’OECD relativi a questo argomento: 1 e 2

Se poi qualcuno legge correntemente l’inglese può linkare il sito dell’OECD

Vedi anche articolo su Repubblica.it

lunedì 20 ottobre 2008

Evasione fiscale ed evasori

Datate 19 ottobre, sono apparse, sul sito www.contribuenti.it, due notizie riprese dai giornali odierni.

La prima (clicca qui) sulla cattiva abitudine di non rilasciare lo scontrino fiscale da parte dei pubblici esercizi (bar e ristoranti) e la seconda (clicca qui) sui dati di evasione più in generale.

Relativamente alla prima, viene stilata anche una classifica, che vede Venezia al secondo posto, dopo Napoli, con una percentuale del 70% di scontrini non rilasciati.

Chi segue il mio blog sa che non sono tenero con questa categoria e con i commercianti in genere perché li ritengo, in buona parte, oltre che evasori, sfruttatori delle masse turistiche che invadono la città. Nonostante questa mia “antipatia”, mi sembra giusto sottolineare che la percentuale suddetta mi sembra esagerata e questo, mio parere, è supportato dalla percezione nel frequentare, anche se non abitualmente, detti locali. Inoltre questa notizia non spiega come siano arrivati a risultati così eclatanti, né, tanto meno, quali siano stati i metodi usati.

Ovviamente in città è già scoppiata la polemica (vedi articoli su Il Gazzettino riportati in calce) e c’è chi dà altri risultati, anche questi solo “a naso”; qualcuno parla del 20% e qualcun altro del 30%. Probabilmente, visto che vengono dalle categorie interessate e dai commercialisti –che magari tengono le contabilità di questi esercizi-, questi dati sono in difetto quanto quelli di contribuenti.it sono in eccesso.

Comunque anche il 20% - 30% è uno scandalo, un ladrocinio!

Ma se questa può sembrare esagerata, non mi sembra che l’altra notizia lo sia. È in aumento l’evasione fiscale; questo si sapeva ed il merito va anche a chi –“Tessera P2 n.1816”- ha dichiarato che può essere giusto evadere.

Però, anche su questa ricerca, i dati numerici non sono chiari: mi sembra troppo il divario tra gli industriali ed i bancari con i commercianti; e poi, una percentuale così alta fra i dipendenti, una percentuale poco al disotto dei commercianti!

Mi spieghino come fa ad evadere un dipendente!

Industriali e bancari! Ma non sono quelli che il governo vuole aiutare?


IL GAZZETTINO di Venezia - 20 ottobre 2008

Da denunce e segnalazioni di clienti e turisti l’associazione stila una classifica che boccia anche la città di Verona (quarta dopo Milano)

Scontrini evasi, solo Napoli batte Venezia

Un’indagine di Contribuenti.it rileva che sette locali pubblici su dieci non fanno la ricevuta fiscale

Venezia sarebbe seconda soltanto a Napoli nella "classifica" dei bar e ristoranti che non emettono lo scontrino fiscale. Lo ha denunciato ieri Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it, associazione dei contribuenti italiani, in chiusura della manifestazione "Fiscotour", svoltasi a Napoli.

Secondo Carlomagno il 72 per cento dei bar e ristoranti di Napoli non emette lo scontrino fiscale; alle spalle del capoluogo partenopeo si trova Venezia con il 70 per cento di pubblici esercizi che "dimenticano" di rilasciare lo scontrino. Seguono poi Milano con il 69 per cento, Verona con il 67, Genova con il 66, Roma con il 65, Palermo con il 62, Bari con il 61, Torino con il 59 e Potenza con il 55 per cento.

La statistica presentata da Contribuenti.it è stata eleborata nel corso di un mese attraverso "Lo Sportello del Contribuente", raccogliendo le numerose denunce di cittadini e turisti che, all'atto del pagamento, si sono ritrovati tra le mani "scontrini di prova" anziché scontrini fiscali. Nel peggiore dei casi alla richiesta dello scontrino si sono sentiti rispondere: «Basta la parola».

Carlomagno ha spiegato che, nel corso di una manifestazione organizzata in tutta Italia, Contribuenti.it ha anche prestato assistenza gratuita, attraverso gli "Angeli del Fisco" di KRLS Network of Business Ethics (leader in Italia nel volontariato) ad oltre 35 mila contribuenti che non conoscevano le norme fiscali».

Per quanto riguarda Venezia, appena due settimane fa la Guardia di Finanza ha chiuso per evasione fiscale una gelateria-pizzeria al taglio, un negozio di souvenir e una bancarella di specialità veneziane: per ben quattro volte nell'arco in due anni, infatti, sono stati "pizzicati" dalle Fiamme Gialle a vendere la loro merce senza rilasciare lo scontrino fiscale. Le violazioni, accertate tra 2007 e 2008, erano sempre per importi di modesta entità e, ogni volta, era scattata la multa (circa 500 euro). Alla fine, è stata disposta la chiusura per tre giorni.

Un tempo la normativa era più severa: per imporre la chiusura dell'esercizio erano sufficienti tre infrazioni in cinque anni; ora ne servono almeno quattro e non più nello stesso giorno, ed è stato anche abolito l'obbligo di affissione della motivazione della chiusura.

Dall'inizio dell'anno l'attività di controllo della Guardia di Finanza in materia di scontrini e ricevute è stata particolarmente intensa: i militari del comando provinciale hanno già effettuato 3.800 controlli, rilevando oltre 870 infrazioni.

«Elusione al settanta per cento? Impossibile»

In laguna tutti respingono le accuse, a cominciare dai commercialisti: «Più credibile un 20-30\%»

Venezia

Bar e ristoranti veneziani di nuovo nel mirino. Ma stavolta a difenderli scende in campo un'eterogenea pattuglia formata da consumatori, commercialisti, rappresentanti di categoria, amministratori locali e persino qualche finanziere. Già, perché un conto è accusare gli esercenti veneziani di rifilare scontrini più pesanti ai turisti rispetto ai residenti. Un altro è dire che lo scontrino proprio non lo emettono. O almeno, non lo emetterebbe il 70\% dei bar e dei ristoranti veneziani, secondo l'associazione Contribuenti.it. «Mi sembra davvero un dato eccessivo» si lascia sfuggire qualche finanziere, anche se le Fiamme Gialle ufficialmente preferiscono non commentare. Perché il dato è talmente macroscopico da far sorgere sospetti. «Non commento nemmeno dati che non siano certificati e non provengano dall'Istat taglia corto Ernesto Pancin, segretario dei pubblici esercizi (Aepe) mi pare che questi vogliano farsi pubblicità». Sulla stessa lunghezza d'onda il vicesindaco Michele Vianello. «Non so nemmeno chi siano questiConsumatori.it dice e francamente non mi interessa nemmeno saperlo visto che vogliono farsi pubblicità sparandola grossa».

Pare singolare che sul sito Consumatori.it non ci sia alcuna indicazione sulla metodologia utilizzata per stilare la classifica. E non figura nemmeno la stessa classifica delle città dove lo scontrino è meno usuale. Singolare, poi, che in un'altra classifica Consumatori.it ritenga che tra gli evasori solo l'11,9\% sono commercianti, nettamente preceduti da industriali e artigiani.

A soccorrere gli esercizi pubblici arrivano alcune associazioni di consumatori. «Un dato spaventoso se fosse confermato e comunque uno stimolo per chi deve controllare a fare di più secondo Carlo Garofolini, presidente di Adico ma il dato mi sembra troppo elevato. È vero che a Venezia può succedere davvero di tutto e che chi vuole evadere ha gioco facile, data la presenza dei turisti, ma il 70\% mi pare troppo».Garofolini ritiene credibile un dato sul 20\%. «Qualche anno fa gli ispettori dell'Agenzia delle Entrate si piazzarono per qualche giorno davanti ai bar dello spritz ricorda e gli scontrini emessi da questi esercizi aumentarono del 20\%». Un dato analogo a quello ritenuto credibile dall'ordine dei commercialisti. «Se mi dicessero che viene eluso il venti o anche il trenta per cento degli scontrini ci crederei, ma già se fosse il cinquanta per cento mi sembrerebbe eccessivo spiega Massimo Miani, presidente dei commercialisti veneziani La classifica sembra costruita con cifre altisonanti e città suggestive. Prima Napoli, guarda caso, poi Venezia, la città il cui sindaco definì sulla stampa la capitale del nero. Insomma, conosco questa associazione ma non la metterei sul piano dell'Istat. E il sospetto che sia a caccia della notizia mi sembra forte».Al contrario, i commercianti ritengono che Venezia sia una città molto controllata dal punto di vista fiscale. «Impossibile che il 70\% non faccia la scontrino in una città dove i controlli si svolgono a piedi con semplicità secondo Roberto Magliocco di Confcommercio e poi, con gli studi di settore e le incongruità, lo scontrino è diventato inutile».

Affermazione che fa storcere il naso ai commercialisti. «Che lo scontrino sia inutile è una forzatura al pari delle affermazioni che sacralizzano gli studi di settore aggiunge Mian ma resta il fatto che questi dati diffusi da Consumatori.it suonano troppo come una campagna pubblicitaria a spese altrui».

Insomma, tutti fanno quadrato attorno ai bar e ai ristoranti veneziani. Almeno per questa volta.

Pierluigi Tamburrini

domenica 19 ottobre 2008

Perché spendere soldi per curare i clandestini???

Quando ero ragazzo, ogni anno, venivo sottoposto, assieme a tutti i miei compagni di scuola ed agli insegnanti, alla visita schermografica presso il Consorzio Provinciale Antitubercolare. Era, per noi studenti, una giornata di vacanza, ma era, in effetti, un giusto controllo su una malattia ancora diffusa nel nostro paese. Poi, un po’ alla volta, la tubercolosi fu debellata, furono chiusi i consorzi e, in un periodo successivo, anche i sanatori. Malattia debellata in Italia ed in altri paesi della Comunità Europea, ma non in altri paesi, soprattutto quelli dell’est. Poi vennero le guerre in questi paesi ed i primi profughi, clandestini, cercarono rifugio da noi portando con loro la miseria e le malattie; da allora la tubercolosi è ricomparsa, anche fra la popolazione italiana, nonostante questi profughi siano stati subito monitorati dal punto di vista sanitario.

Ora sembra quasi che qualcuno voglia mettere in atto un detto veneziano che dice: “Se castra per far despéto a la mugier” (Si castra per fare dispetto alla moglie).

Questo sarà il risultato se passerà al Senato un emendamento leghista che vorrebbe eliminare l’assistenza sanitaria ai clandestini. Prevede, inoltre, quest’emendamento anche la delazione da parte dei medici.

Clicca qui per l’articolo di repubblica.it.

Sono veramente str… ani questi leghisti! Infatti, quello proposto è un emendamento di questa parte politica che, checché ne dicano, alla base della loro politica c’è il razzismo.

L’articolo 32 della Costituzione dice: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”

Oltre ad andare contro i più naturali e ovvi principi etici, morali ed anche contrari alla nostra Costituzione, l’emendamento proposto porterebbe ad aumentare le probabilità di epidemie anche per i cittadini di “razza italiana”! È chiaro che i clandestini, che non arrivano certamente da paesi ricchi e sanitariamente monitorati, non potranno pagarsi i controlli medici e, anzi, si nasconderanno se malati. Questo non eviterà il contatto di questi esseri umani -perché i clandestini sono, prima di tutto, degli esseri umani- con i cittadini italiani, con evidente pericolo di trasmissione di tutta una serie di patologie, alcune delle quali mai apparse nel nostro paese.

Questo sarà il pericolo che si correrà se verrà approvato questo emendamento!

domenica 12 ottobre 2008

Venezia: il ponte della Costituzione fa sempre notizia.

Cade un individuo su un qualsiasi ponte di Venezia e la cosa riguarda, forse, solo il Pronto Soccorso dell’Ospedale.
Un altro individuo cade sul ponte della Costituzione, il quarto ponte sul Canal Grande –chiamato anche “di Calatrava” dal nome del suo architetto- e la notizia occupa le pagine dei giornali, non solo veneziani, e –ovviamente- in modo polemico.
Allora, dopo aver inserito un post sul ponte stesso, subito dopo la sua inaugurazione, ed averlo “calpestato” in salita ed in discesa, quest’oggi sono ritornato su quei passi per controllare nuovamente se, effettivamente, poteva esserci qualche pericolo.
Risultato: negativo!
È logico che quando si passa su un ponte, su qualsiasi ponte, non si può camminare guardando da tutt’altra parte; se ci si comporta in questo modo, cioè come un allocco, è facile cadere e, magari, procurarsi un guaio a qualche arto, se non peggio.
Se, invece, si procede “con la testa”, diciamo pure con “la diligenza del buon padre di famiglia”, tutto va per il meglio.
Ribadisco, come dissi nel post precedente, il ponte è bello e, invece, ne viene fatto un uso poco consono: a circa un mese dall’apertura già ci sono le macchie procurate dalle gomme americane, cosa orrenda, schifosa ed anche costosa per la rimozione! Ripeto: aboliamo le gomme americane!
Un'altra cosa non da farsi e che, invece, la maggioranza dei turisti fa, è la conduzione dei “trolley” in discesa. Noi veneziani, anche per non trovarsi con i carrelli della spesa (molto usati) rotti dopo essere passati su pochi ponti, in discesa spingiamo, e non tiriamo, il carrello in modo che lo stesso possa essere trattenuto ed appoggiato con una certa delicatezza sul gradino sottostante. Questo metodo, invece, non viene adottato da chi arriva nella nostra città con “trolley” anche di dimensioni notevoli ed allora questi cadono pesantemente, si sente anche dal botto che producono, sul gradino sottostante. Dai e ridai, (12 milioni sono stati i turisti passati per Venezia lo scorso anno) va a finire che, oltre ai “trolley” (ma di questo non può che interessarci minimamente) finiscono con rovinarsi anche i gradini, siano essi di pietra o di vetro, come appunto una parte di quelli del Ponte della Costituzione.
Per un primo periodo ci sono stati dei vigili, ma questo modo di trasportare i bagagli non veniva controllato. Oggi non ho visto alcun vigile, ma basterebbe mettere d’ambo le parti del ponte un cartello di questa guisa. Troppo semplice!


lunedì 6 ottobre 2008

Storie di emigranti in Brasile nel Rio Grando do Sul

Quest'estate, durante l'attesa di una coincidenza alla stazione delle autocorriere di Tolmezzo (Ud), mi è venuto in mano, perché si trovava accanto al mio sedile, un giornale in lingua friulana dal titolo "Il diari". Per ingannare il tempo iniziai a leggerlo (anche se ho solo delle origini friulane -da parte di madre- conosco questa lingua) e trovai un articolo che trattava di un prete "ricercatore" in Brasile. Poiché sono stato in Brasile, proprio dove maggiormente si è fatta sentire l'emigrazione veneta e friulana, iniziai a leggerlo e trovai il nome di una cittadina, Nova Palma, dove nel 2003 ero passato con il mio coro e dove avevo trovato duemila abitanti, su un totale di diecimila, che portano il mio cognome. Si tratta di discendenti, quarta ed anche quinta generazione, di coloro che, a fine '800, lasciarono il Veneto, ed in particolare la provincia di Treviso, per trovare un lavoro ed una vita migliore.

Il prete dell'articolo, un oriundo friulano già di una certa, nato da quelle parti, ha portato avanti una ricerca per documentare la storia e le discendenze delle varie famiglie.

Ho tradotto l'articolo dal friulano all'italiano, usando il vocabolario per soli tre parole (cosa che mi ha stupito) e, quindi, lo riporto, di seguito, in questo blog.
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Il prete “pesquisador” (ricercatore) (*)

La storia di milleseicentotrenta famiglie: è il tesoro del “Centro de Pesquisas Genealògicas” di Nova Palma, nel Rio Grande do Sul, lo stato più meridionale del Brasile, quello dove le comunità degli emigranti friulani e veneti sono più numerose e radicate.

Nova Palma è nel centro della “Quarta Colonia”, l’ultima che è stata affidata agli agricoltori italiani perché trasformassero boschi e colline in campi, vigneti e paesi.

La colonizzazione italiana è iniziata l’11 gennaio del 1878. Ma prima dei friulani e dei veneti erano già arrivati, chiamati dai proprietari portoghesi, tedeschi e russi. Figli e nipoti di quei pionieri, sempre più spesso, frequentano il grande archivio installato a Nova Palma da Don Luigi/Luiz Sponchiado, il prete “pesquisador” (ricercatore) del Brasile.

“I discendenti degli italiani della “Quarta Colonia” arrivano qui da tutti i paesi, perché, col passare del tempo, si sono sparsi per tutto il Brasile” ci dice Padre Luiz, che è nato a Nova Palma 87 anni fa e che è diventato sacerdote nella diocesi di Santa Maria nel 1946. “Da bambino parlavo veneto e in seminario il “talian”. La mia passione per la storia e per le tradizioni dei nostri avi l’ho assimilata da mio nonno, che era originario da Carbonera di Treviso e che raccontava storie meravigliose. I paesani, per ascoltarlo, venivano da lontano”.

D. – “Il Centro di documentazione genealogica, com’è nato?”

R. – “È stato creato ufficialmente nel 1984, nell’anno in cui ricorreva il centenario della fondazione della parrocchia di Nova Palma. Ma le mie ricerche e le raccolte dei documenti le avevo iniziate negli anni 1954-55, con i canti italiani e con i nomi delle persone. È stato il vescovo di Santa Maria che pretese che entrassi anch’io nella commissione che stava preparando il centenario della parrocchia”.

D. – “La risposta degli italiani della regione è stata buona?”

R. – “La sensibilità è cresciuta molto dopo il centenario e l’inaugurazione ufficiale. Una spinta speciale è venuta dalla tradizione delle feste delle famiglie. Il primo incontro l’abbiamo avuto noi Sponchiado che, al giorno d’oggi, in Brasile, siamo duemilacinquecento. Nel 1986, quando abbiamo iniziato, eravamo millequattrocento. Oggi siamo arrivati a dieci feste.”

D. – “Si riuniscono anche famiglie d’origine friulana?”

R. – “Per forza. Al momento mi vengono in mente le feste degli Aita, dei Pesamosca, dei della Mea e dei Forgiarini. Ma dovrei controllare se ce ne sono degli altri. Tutte le feste vengono organizzate a Nova Palma, le registriamo e le riprendiamo con la telecamera. Sono occasioni straordinarie per tornare a scoprire le radici.”

D. – “Qual è la famiglia friulana più documentata nel suo centro?”

R. – “Una famiglia davvero numerosa è quella dei Brondani.”

D. – “Che genere di documentazione avete nel vostro centro?”

R. – “Abbiamo documenti originali o in copia di ogni fatto: documenti per l’espatrio, lettere, fotografie, carte di famiglia. Per ogni famiglia c’è il suo raccoglitore. Abbiamo il registro con le note complete di tutte le famiglie ed anche cinquanta registri dove abbiamo annotato tutti i nomi per stabilire la discendenza, con i dati anagrafici e con il necessario per gli alberi genealogici. L’obiettivo è di documentare i primi cento anni di vita in Brasile per ogni famiglia.”

D. – “E tutto questo materiale l’ha raccolto da solo?”

R. – “La maggior parte si, nei cinquant’anni durante i quali sono stato parroco e poi negli anni da pensionato. Per fortuna, da qualche anno a questa parte, il comune ha destinato un professore ad aiutarmi e, oggi, il prof. Valter Freo fa venti ore alla settimana di servizio. Fra poco avremo anche una sede nuova. Lasceremo la casa parrocchiale, dove siamo attualmente, per sistemarsi nel nuovo centro culturale del comune.”

D. – “I vostri dati sono tutti registrati solo a mano e a macchina o esiste anche un sistema informatico?”

R. – “Abbiamo iniziato da poco la informatizzazione, grazie ad uno “stage” organizzato dall’Università di Santa Maria. Gli studenti sono arrivati a copiare, finora, cinque registri su cinquanta.”

D. – “Aiutate anche gli italiani del Brasile che cercano di ottenere la doppia cittadinanza?”

R. – “Una parte dei nostri visitatori vengono proprio per questo.”

D. – “In Italia è conosciuta la sua istituzione?”

R. – “Mi hanno fatto “cavaliere” e mi hanno invitato in Veneto. Al momento non abbiamo alcuna collaborazione con altre istituzioni del genere. Il nostro cruccio è che il lavoro è tanto, ma gli oprai non sono mai abbastanza … “

(*) Traduzione dal friulano, a cura di Sergio Piovesan, di un articolo pubblicato sul quindicinale “il Diari” in lingua friulana N. 13 del 9 luglio 2008


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Chi volesse leggere l'originale in lingua friulana lo trova a questo link:

http://www.piovesan.net/xxx/il predi.pdf




domenica 5 ottobre 2008

Rassegna Corale per la Festa della Madonna del Don

Nell’ambito della 42° edizione della Festa della Madonna del Don, organizzata dal Gruppo di Mestre della Sezione di Venezia dell’Associazione Nazionale Alpini, sabato 11 ottobre, alle ore 20,30, nel Duomo di San Lorenzo, si svolgerà la rassegna corale con la partecipazione di:


Coro “Stella del Gran Sasso” della Sezione A.N.A. Abruzzi

Coro “A.N.A. di Codroipo” della Sezione A.N.A. di Udine

Coro “Marmolada“ di Venezia


Il Coro Marmolada, il cui maestro titolare Lucio Finco è anche direttore artistico della rassegna, ha partecipato, fin dall’inizio, a numerose edizioni.

Quest’anno sarà diretto da Claudio Favret e presenterà un programma di sette canti:

“Marmoléda”, la sigla del coro, ispirata alla leggenda dolomitica di Conturina, “Senti cara nineta”, un canto di partenza e d’amore, il friulano canto d’amore e di speranza “Ai preât”, il famoso “Dove sei stato mio bell’alpino”, “L’ultima notte” ispirato alle vicende belliche della campagna di Russia raccontate dagli scrittori Bedeschi e Rigoni Stern, “Sul Ponte di Perati”, sulla disgraziata campagna di Grecia ed infine “Dormi pitzinnu”, ninnananna in lingua sarda, che il coro Marmolada eseguirà per ricordare i bambini che, in tante parti del mondo, hanno bisogno di aiuto.


Segue il programma della domenica 12 ottobre 2008


Ore 29.45 - Ammassamento di tutti gli alpini e Associazioni d’Arma e Combattentistiche in Via Palazzo (altezza Cinema Palazzo).

Ore 10.00 - Deposizione di una Corona di alloro alle Lapidi dei Caduti, con Picchetto e Fanfara del Comando Truppe Alpine, e in corteo in Piazza Ferretto, per la cerimonia dell’Alzabandiera.

Ore 10.30 - “Alzabandiera”

Ore 10.40 - Presso il palco della S. Messa, presentazione alle Autorità Comunali e Cittadine del Direttivo delle Sezioni ANA ospiti per l’offerta dell’Olio alla Sacra Icona: Sezione ANA di Udine e Sezione ANA Abruzzi.

Ore 11.00 - S. Messa al Campo in Piazza Ferretto.

Ore 12.00 - In corteo, da Piazza Ferretto alla Chiesa dei Padri Cappuccini per la Solenne Cerimonia dell’Offerta dell’Olio alle lampade sull’Altare della Madonna del Don, da parte delle Sezioni ANA di Udine e Abruzzi.

Ore 12.15 - Solenne Cerimonia dell’Offerta dell’Olio alle lampade sull’Altare della Madonna del Don.

Ore 12.30 - Ristoro Alpino presso la Mensa RR.PP. Cappuccini di Mestre.

Ore 16.30 - In Piazza Ferretto, concerto di Fanfare Alpine.

Ore 17.00 - “Ammainabandiera in Piazza Ferretto”.

sabato 4 ottobre 2008

Sufficienza … politica.

Chi si ricorda, negli anni ’60, il “18 politico”?

Era il voto che veniva dato, e richiesto, per tanti che, all’università, bastava passare l’esame, magari fatto in gruppo. Era una prassi abbastanza comune all’Università veneziana di Architettura ed i risultati si vedono ancora oggi con la miriade di architetti laureati in quel periodo, ma non si sa con quali competenze.

Perché questi ricordi? Abbiamo letto, due o tre mesi fa, che il figlio di Bossi era stato bocciato, per la seconda volta, agli esami di maturità, con grande disappunto del padre, del quale sembra sia il “delfino”. Bella roba!!!

E pensare che aveva portato una tesina sul Cattaneo (probabilmente scopiazzata dai colleghi del padre in qualche biblioteca parlamentare).

Ma il “duro padano” non si dà per vinto ed allora ricorre al T.A.R. che, a tutt’oggi, deve ancora pronunciarsi.

Allora interviene il ministero che dice “ … la vicenda sarà riesaminata”. Insomma, alla fine, magari con la sufficienza soltanto -una sufficienza politica-, anche quest’asino otterrà un titolo di studio che, come ormai si evince, non gli servirà perché entrerà in politica.

Il guaio è che ce lo dovremo sorbire ed anche pagare!

Clicca qui per l’articolo su Corriere.it


venerdì 3 ottobre 2008

Una visita al nuovo Ospedale dell’Angelo di Mestre

“Un bel colpo d’occhio!” A questo mia frase un medico ha risposto:”Esatto, solo un colpo d’occhio!” Questo, in poche parole, uno dei pareri sul nuovo ospedale di Mestre denominato “Ospedale dell’Angelo”.

Era la prima volta, ieri 2 ottobre, che mi recavo nella nuova struttura, per una visita di controllo, e questo a pochi mesi dall’inizio attività della stessa.

Dal punto di vista architettonico è veramente un “colpo d’occhio”: una costruzione, tutta vetri, che si può definire maestosa e collocata in un ampio spazio libero; un ingresso tutto piante e fiori, negozi (per lo più sanitari) e tanti box per le informazioni. Niente da dire: bello, a parte le disfunzioni iniziali, proprio nell’enorme ingresso/sala d’aspetto ecc., ecc., dovute alle temperature troppo elevate che si raggiunsero, nel mese di maggio, nonostante l’aria condizionata al massimo.

In questa mia visita ho avuto modo di incontrare e salutare alcuni ex colleghi (amministrativi) che subito mi hanno espresso il loro parere sul nuovo ospedale e sulla sua organizzazione; e tutti non sono stati positivi. Chi per un motivo e chi per un altro avevano di che lamentarsi, a partire dall’aria condizionata e dal riscaldamento e continuando con il parcheggio e la dislocazione dei vari servizi come, ad esempio, le segreterie lontane dai reparti di degenza ed anche dai medici.

Mugugnare è sempre stata una prerogativa dei dipendenti!

Per la prima volta e per il poco che ho visto non me la sento di esprimere giudizi personali; non sarebbero né corretti né giusti. A mio parere potrebbe essere migliorata la segnaletica perché non è facile districarsi fra i vari accessi e, quindi, è necessario rivolgersi, più volte, al personale, sia quello addetto alle informazioni sia ad altro personale.

Uscendo dalla visita ho sentito un paziente che diceva “ … benedetto l’Umberto I” (il vecchio ospedale). Per carità, forse la vastità dell’ambiente ed una disposizione molto diversa possono produrre mugugni simili da parte di persone di una certa età.

Dicono che sia il miglior ospedale d’Europa; io direi: “forse!”.

Un ospedale deve essere valutato per la capacità del personale medico e sanitario che vi opera e per le strutture diagnostiche, e non per altro; l’Ospedale dell’Angelo è senz’altro ad un buon livello.

Per una serie di foto dell’Ospedale dell’Angelo, clicca qui.

mercoledì 1 ottobre 2008

Vie nuove da percorrere nel canto di ispirazione popolare?

In un suo articolo sulla rivista Choraliter (1) dal titolo “Quando la tradizione si rinnova“, Carlo Berlese, traendo spunto dall’assioma che “i cori popolari cantano sempre le stesse cose da vent’anni e più”, cerca di segnalare delle esperienze interessanti al fine di reinventare il modo di comunicare e di emozionare il pubblico con delle proposte nuove, non solo musico-corali.

L’autore non vuole, e non sa, dare soluzioni e, perciò, segnala due strade che gli sembrano “nuove”.

La prima è quella di proporre i canti popolari nel contesto dove venivano cantati, con l’aiuto anche di strumenti popolari di vario tipo, con minimi interventi di arrangiamento, il tutto per coinvolgere il pubblico con la semplicità. Insomma, quasi una forma teatrale.

La seconda proposta prende in considerazione l’elaborazione dotta e molto spinta e porta ad esempio i canti degli alpini eseguiti per coro e quartetto d’archi ad opera del maestro Mauro Zuccante. Così scrive di questa esperienza: “L’uso del quartetto d’archi e coro con un linguaggio che filtra esperienze post moderne e sensibilità tipiche della coralità amatoriale connota un lavoro veramente interessante e accattivante”.

Personalmente credo che le due proposte non abbiano alcun valore se gli esecutori si accontentano solo di presentare formule nuove senza che vi sia qualità, e questo credo sia la vera causa della crisi del canto corale di origine popolare, sempre che sia giusto usare il termine “popolare”.

Ritengo, comunque, che ci sia necessità di innovazione e che non si possa andare avanti sempre con gli stessi schemi; è necessario, quindi, trovare nuove forme sia musicali sia di spettacolo e di presentazione.

A questo riguardo vorrei proporvi una terza soluzione, strada o esperienza (chiamatela come vi pare), alla quale ho avuto modo di essere presente.

Si tratta di un evento di quest’estate nella Chiesa Parrocchiale di Raveo, nell’ambito di una manifestazione che prende il nome di “Carniarmonie” e che, già da diciassette anni, porta della buona musica nei luoghi, spesso incantati e poco conosciuti, della montagna friulana.

Nell’ambito di questa rassegna si è esibito a Raveo, nel giorno dell’Assunta, il Coro Panarie di Artegna (UD). Il coro, però, non si presentava da solo, ma assieme ed alternato a musiche d’organo, voce recitante e proiezioni di quadri.

Lo spettacolo/concerto prendeva ispirazione da una serie di acquarelli formali ed informali dal tema “Luce, Acqua, Vita nei Vangeli di Giovanni”; i colori predominanti erano il giallo e l’azzurro. Su queste raffigurazioni della pittrice Anna Sonvilla, il musicista Luciano Turato ha composto brani per solo organo e per solo coro, il tutto legato da una voce recitante. Devo ammettere che, all’inizio, sono rimasto un po’ shockato per questo nuovo modo di dare spettacolo, ma nel sentire il coro, che poi era la parte che più m’interessava, sono rimasto piacevolmente sorpreso.

Il Coro Panarie nasce inizialmente come esecutore di villotte tanto che assume quale propria denominazione, il nome di “panarie” che significa madia, mobile caratteristico dell'antica cucina friulana; nel corso degli anni il complesso si evolve e si matura verso forme musicali “colte” non dimenticando, però, le origini. Si tratta di un coro misto, di un buon coro misto, dove -cosa rara- non hanno supremazia gli acuti delle voci femminili.

Tornando allo spettacolo, devo solo precisare alcune cose che mi sono piaciute di meno: in primo luogo uno schermo eccessivo che copriva tutto l’altare maggiore (la chiesa è di notevoli dimensioni) nascondendo il coro che, in questo modo, non si vedeva e, quindi, risultava sacrificato (lo schermo avrebbe potuto essere piazzato lateralmente); poi, in certi momenti, c’era uno sfasamento fra i finali dei brani d’organo e le proiezioni, che continuavano prima di passare alla voce recitante che introduceva un altro tema (si sono raggiunti anche 45 secondi di “tempi morti”, il che non è poco); infine devo rilevare che, essendo il direttore del coro, il maestro Paolo Paroni, anche l’organista, c’era un via vai eccessivo tra la postazione dell’organo e l’altare maggiore.

Ma, nonostante queste sfasature, nel suo complesso, lo spettacolo-concerto ha avuto modo di proporre musiche nuove, musiche piacevoli e bene eseguite, che hanno tenuto inchiodati ai banchi gli spettatori per oltre un’ora dopo la quale un lungo e caloroso applauso ha premiato gli artisti: pittrice, cantori, organista, voce recitante ed autore delle musiche.

Anche questo mi sembra, dunque, un modo di rinnovarsi, ma, come sempre, è importante una buona esecuzione.

Note

1) Rivista della Feniarco (Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali)