Anche il commento a questo libro o, più propriamente il parlarne, è legato al paese di Raveo perché l’autore, un sacerdote di 83 anni, monsignore, ma che preferisce essere chiamato solo don Primo, da molti anni frequenta, come il sottoscritto, questo piccolo paese carnico in occasione delle ferie estive.
"Un sacerdote di 83 anni ricorda la sua gioventù. Un lungo viaggio nella povertà dei paesi e nella speranza delle persone"; questo è scritto nella IV di copertina. E proprio la povertà, ma sarebbe meglio parlare di miseria, è la protagonista. “Anni duri”, il titolo, è veramente appropriato.
Don Primo racconta, con semplicità e con incisività, caratteristiche della sua personalità, gli anni dell’infanzia e della giovinezza trascorsi in un borgo, Pedemonte, ai piedi della montagna friulana sulla destra del fiume Tagliamento, ma anche a Treppo Carnico, il paese della madre e dove nacque.
Sono ricordi che riportano al tempo passato quando tutti, e non solo i poveri, vivevano più semplicemente; non esisteva il consumismo!
Ma non si tratta solo di un libro di ricordi per il solo piacere di ricordare.
Infatti, in queste pagine scopriamo anche il percorso travagliato che portò l’autore a diventare prete. Un percorso spirituale forse al di fuori di quella che poteva essere la regola per arrivare al sacerdozio, una regola che allora, per alcuni, poteva essere solo una via di scampo da una vita grama.
Leggendo questo libro anch’io, pur più giovane (o, se preferite, meno anziano) dell’autore, sono tornato ai miei anni giovanili quando frequentavo le scuole elementari. Allora mi colpiva, e lo ricordo benissimo ancora oggi, il momento in cui uscivamo da scuola dopo la fine delle lezioni. Eravamo divisi in due gruppi: c’era chi, come il sottoscritto, varcava il portone e, dopo aver sciolto le righe, prendeva la via di casa e chi, invece, si avviava, sempre in riga, verso i locali della palestra dove era servita la “refezione scolastica”, una minestra ed un panino (pane comune o pane nero), ai bambini poveri che erano anche “ufficialmente poveri” perché le loro famiglie erano iscritte in un registro comunale chiamato ordinariamente “libro dei poveri”!
E mi ricordo ancora l’odore della minestra che arrivava fino alle aule durante l’ultima ora.
Questo capitava in città, dopo la seconda guerra mondiale. Gli anni giovanili di don Primo si collocano, invece, attorno alla fine degli anni ’20 e nel decennio successivo; evidentemente i “Campi Dux”, le colonie montane e marine e le refezioni scolastiche non arrivavano fino a Pedemonte. Ma neppure l’INPS vi arrivava, pur essendo don Primo orfano di padre, muratore deceduto sul lavoro in Eritrea a costruire le strade per l’Impero.
Nella parte finale, dove entra in scena la vita in seminario, don Primo, diventato poi educatore ed insegnante (docente di storia e filosofia, preside e rettore dell’Istituto G.Marconi di Portgruaro), non risparmia critiche ai metodi educativi, quasi repressivi della personalità dei giovani, usati nel seminario stesso e nelle scuole cattoliche di allora.
Il libro è stato presentato in anteprima a Raveo il 20 agosto u.s.
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“Anni duri” di don Primo Paties
Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone
Finito di stampare nel luglio 2006.
6 commenti:
Il commento di cui sopra è stato eliminato dal sottoscritto in quanto non attinente l'argomento del "post" e l'autore è stato informato.
Mi sembra un libro interessante...chi è la casa editrice? Ci sto facendo un pensierino... ^__^
Scusa, domanda superflua..ho già trovato la risposta!
sai Sergio, leggendo certi libri scritti da Preti, Vescovi, missionari ecc., trovo molto spesso uno stridente contrasto tra loro (i singoli) e la dottrina della Chiesa.
é come se loro fossero rimasti gli unici a enunciare, non solo a parole ma anche nei fatti, la dottrina cristiana (e qui uno può condividerla o meno, crederci o meno), mentre dall'altra parte (la Chiesa romana apostolica) si occupi di politica, nella sua accezione peggiore.
il fedele, mi domando, non va in crisi o non aumentano i suoi dubbi? non è questa una causa fortissima di distacco dalla religione, dato che il primo messaggio che passa è sempre più quello di controllo, piuttosto che di condivisione d'intenti?
ciao luca di InOpera
Caro Luca,
esistono preti che vivono la dottrina della Chiesa, o meglio il Vangelo, più santamente di altri.
Ci sono, o ci sono stati, preti che, più che per vocazione, hanno scelto la carriera e questo soprattutto in passato. L'autore del libro, data l'età, poteva essere uno di questi e, invece, ha preso la sua strada, e soprattutto l'ha continuata, per vocazione.
Io, comunque, non giudico; posso comprendere certe situazioni, ma non le giustifico.
E neppuro prendo dalla chiesa, o meglio dalla dottrina della chiesa, solo quello che mi fa comodo.
Non si può, come fa certa sinistra, elogiare l'operato sociale della chiesa e condannare altre prese di posizione su argomenti etici.
Ma neppure, dall'altra parte, la destra può erigersi a "difensore della fede e della religione" e poi, proprio coloro che tanto parlano, si comportano in modo contrario ai precetti della fede che difendono.
Non puoi servire due padroni!
Come vedi ..."chi può scagliare la prima pietra?".
Il libro in questione non detta alcun precetto ed è solo un ritorno molto sereno ai ricordi di una vita di povertà.
Cosa sia far politica da parte della chiesa è molto contrastante, volta per volta, e, soprattutto, dipende da che parte si guarda e si giudica: da destra o da sinistra.
Saluti
Sergio
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