Con questo post chiudo la “stagione”! Vado in ferie, lunghe ferie, durante le quali non sarò in rete. Arrivederci a Settembre e buone vacanze a tutti!
(So che sentirete la mancanza! Eh, eh, eh!!!)
Da poche settimane, ai Giardini di Castello, a Venezia, è aperta la “Biennale d’Arte contemporanea”. Sulla stampa, non solo locale, ma anche nazionale ed internazionale, avrete potuto, sempre che v’interessi, aggiornarvi su quello che viene messo in mostra.
Vi consiglio di leggere anche questo articolo (clicca qui), apparso su “Gente Veneta” del 21 giugno u.s.
L’evento artistico, che si ripete ogni due anni nella mia città, mi ha fatto ricordare quando, parecchio tempo addietro, anch’io m’interessavo, per pura mia curiosità, di arte figurativa, in particolare di pittura, non perché dipingessi, ma perché ne avevo voglia. Non che ora sia caduto questo interesse, ma direi che è venuto meno l’interesse per la “Biennale” e per l’arte moderna in generale.
Ero ancora un ragazzino, tredici anni, quando, con i miei genitori, andai, per la prima volta a visitare questa mostra. Due anni dopo, anche perché abitavo proprio nei pressi, e, ripeto, per mia curiosità, mi feci l’abbonamento (dieci ingressi) e, così, potei visitarla in lungo ed in largo soffermandomi dove mi pareva fosse interessante. Avevo anche il catalogo (li conservo ancora quelli delle “Biennali” visitate), un “malloppone” di circa 600 pagine che, ovviamente, portavo con me e che leggevo seduto su qualche panchina all’uscita dei vari padiglioni.
Inoltre, proprio per non “vedere” e basta i vari pezzi, le varie opere d’arte, mi ero preparato a casa: avevo preso dei libri, su indicazione di un conoscente, collezionista e, a tempo perso, anche “mercante d’arte” e lo stesso mi aveva dato qualche spiegazione, soprattutto su come osservare.
Andai a visitare questa mostra in più edizioni, sempre con lo stesso spirito, finché una volta dissi a me stesso:”Basta!”.
Era evidente che mi sentivo preso in giro. Più di qualche volta mi ero trovato davanti, per esempio, ad un “quadro” (virgolettato appositamente) di Fontana, quello che faceva spuntare dei chiodi da un sacco di juta o che, sempre un sacco, lo presentava tagliato, “sbregà” si dice in veneziano. Ma anche davanti ai quadri di Santomaso, che disegnava e dipingeva quelli che tutti chiamavano “ferri da gondola”, ma che non lo erano assolutamente; e da anni presentava quello e solo quello. Oppure i quadri di, … non mi ricordo più chi fosse, che presentava tele bianche con dei buchi di varie dimensioni. Erano “artisti” che andavano per la maggiore! Erano “artisti” sui quali i critici consumavano quantità enormi d’inchiostro. Io leggevo tutte le critiche.
Avete mai letto qualche critica sia di mostre d’arte come di spettacoli musicali? Siate sinceri e ditemi se, veramente, avete capito tutto quello che il critico ha scritto. Si sa, i critici, che usano “parolone”, che creano tanti neologismi, che usano tanto parlare di “ismi”, scrivono solo per loro; si scrivono addosso! Però scrivono anche per chi li paga, l’autore od il gallerista interessato; tante righe in proporzione a quanto sono pagati!
Ritorno a vari Fontana, Santomaso ed altri, che avevo lasciato più sopra. Sarò stato, e magari lo sono ancora, un’ignorante, uno che non capiva niente, oppure uno che non voleva seguire le “mode”, però, davanti a quegli oggetti, che qualcuno chiamava quadri, magari con titoli altisonanti (qualcuno, più modestamente ed onestamente, li intitolava solo “Composizione n. …”) io, sinceramente mi trovavo a disagio, mi sentivo preso per i fondelli!
Andare controcorrente voleva dire essere considerati dei trogloditi ed allora tutti, anche chi aveva voce in capitolo e poteva e doveva farlo, non parlava. Se qualcuno avesse biasimato quelle opere ed i loro autori sarebbe stato considerato un retrogrado, uno che non capiva “la libertà di espressione dell’artista”. La parola “libertà” ricorreva spesso fra questi signori che, sempre nel nome della libertà, non riconoscevano come quella (libertà) dell’artista limitava la mia libertà ed offendeva il mio senso estetico.
Qualcuno, per buttare tutto in “politica”, dirà che si trattava della “cultura della sinistra imperante allora, ed ora, in tutti i campi”. Ma mi faccia il piacere!!!
Poi, nelle “biennali” successive, siamo andati di male in peggio: mi ricordo, anni fa, di un gregge di pecore dipinto di blu: una puzza emanava da quell’ovile, ma era una puzza … d’artista. E poi, solo per ricordarne alcune: l’esposizione di un povero “handicappato” vero, una “cacca d’artista”, una mucca sezionata e immersa nella formalina (almeno questa non puzzava).
Basta! Mi sono veramente stufato! Non ho più frequentato i “Giardini della Biennale” e, se tanto mi dà tanto, anche quest’anno, visto di cosa si tratta, me ne terrò lontano.
Basta! Sono stufo di farmi prendere in giro!
Ma tanto, anche se non si va alla mostra, ti trovi attorniato da varie opere anche in giro per la città, sia della Biennale e sia di artisti non ammessi che, chissà come, riescono a fare appendere, all’esterno dei terrazzi di qualche albergo, degli orrendi coccodrilli di plastica stampata, di quattro metri circa, color fucsia; dicono che si tratta di plastica riciclata ed allora il messaggio di questi appartenenti alla “crack-art” (così si chiama dal metodo industriale, il “cracking”, mediante il quale si ottiene la plastica) è quello di invitare a riciclare i rifiuti. Devono spiegarlo, però, e solo quando, per fortuna, qualcuno (la Soprintendenza) ha deciso di opporsi.
BASTA!!!
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