sabato 9 giugno 2007

“Scrivi cento volte: sono un deficiente”. Poco! Dovevano essere almeno mille!

Quando ero alle scuole medie, molti anni fa, non avendo saputo scandire bene un distico elegiaco in latino, la professoressa mi diede come “castigo” l’obbligo di scandire, per iscritto, venticinque distici, cioè cinquanta versi, e questo per parecchi giorni. Vi assicuro che alla fine sapevo scandire in modo perfetto, anche a prima vista, tutte le poesie latine che mi venivano sottoposte.
Dopo questa premessa leggete l’articolo che riporta quanto sta accadendo, in questi giorni, a Palermo dove una professoressa ha imposto, ad un suo alunno, che si era macchiato di “bullismo”, di scrivere per cento volte “Sono un deficiente”, spiegando cosa vuol dire questa parola.
Ora, viene da pensare che questo alunno sia proprio deficiente, nel suo significato di “mancante”! Quello che a lui manca è la famiglia, una famiglia che lo sappia educare, innanzitutto al rispetto verso i suoi simili, i sui compagni, ed al rispetto verso gli insegnanti che, come in questo caso, si è dimostrata anche un’educatrice.
Per me cento volte è poco!
Spero solo che il Tribunale di Palermo assolva l’insegnante per “non aver commesso il fatto” e condanni la famiglia per le offese rivolte all’insegnante, ma, soprattutto, per non saper educare il proprio figlio!
Se io fossi il giudice toglierei loro la “patria potesta”!


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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Beh Sergio, come tu imparasti i distici, c'è il rischio che lo studente in questo modo si convinca di "essere deficiente", e questo un genitore non potrebbe sopportarlo. Scrivendo 100 volte che "si era comportato da deficiente" avrebbe assunto già un valore diverso, questo un'insegnante dovrebbe saperlo. Quello che invece trovo sempre più inquietante, è quanto ultimamente ci si rivolga alla giustizia ordinaria al minimo sospetto di ingiustizia. E' vero che ci sono fatti che vanno adeguatamente approfonditi, ma come mai i genitori non si sentono più tutelati dalla scuola intesa come istituzione (insegnanti, dirigenti) ? Mai come in questo periodo ho notato quanto le famiglie si sentano lontane dalla scuola, ma non riesco a capire come si è arrivati a questo. Se una riforma dovrà arrivare, dovrà essere mirata in questo senso più che a quanti anni o quante ore far durare le medie o le elementari.

Sergio ha detto...

Il "deficiente", nel senso spregiativo del termine, è stato il padre, o chi ha firmato la richiesta di colloquio dell'insegnante.
Deficiente perchè manca, soprattutto, della capacità di educare il figlio!

Qui la scuola non c'entra. Anzi ha fatto bella figura.

Anonimo ha detto...

L'insegnante ha fatto scrivere quella frase all'alunno perché costui era solito insultare un altro ragazzo, dandogli del "gay". Almeno così ho letto su qualche giornale.
Forse l'insegnante ha ricordato il tragico fatto accaduto poco tempo fa in Piemonte, dove un ragazzino si è ucciso perché qualche compagno di classe lo derideva accusandolo di essere gay, e quindi ha deciso di punire il deficiente.
Che è appunto un deficiente, così come deficiente è il padre che ha denunciato l'insegnante, invece di sgridare suo figlio e di insegnargli che occorre essere educati e rispettare il prossimo, senza comportarsi da gradasso rendendo la vita difficile ad un coetaneo.
Solidarietà totale all'insegnante.

Sergio ha detto...

Su Corriere.it di oggi c’è scritto, fra l’altro: “… Il nuovo approfondimento istruttorio è stato deciso anche a seguito delle polemiche di livello nazionale che si sono scatenate attorno al caso. …”
Spero che anche questo "post", come moltissimi altri del genere, sia servito a qualcosa.