Vi propongo la lettura dell’editoriale di Andrea Maselli apparso sul n.201 del 28.11.2007 di Computer Idea, dal titolo : “Dimmi come scrivi …”.
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Nel mondo del giornalismo esiste una categoria di notizie che viene definita "university buzz" ossia "chiacchiericcio universitario". Si tratta delle "clamorose" scoperte, delle ricerche e dei sondaggi che provengono dai più disparati istituti universitari disseminati per il mondo e che, al di là della loro attendibilità, hanno lo scopo specifico di scatenare dibattiti e discussioni su tematiche controverse, ottenere copertura mediatica e fornire agli stessi media materiale con cui compilare i propri traballanti palinsesti. C'è chi scopre che il fumo delle sigarette fa ricrescere i capelli, chi ha trovato la prova definitiva che i ee1lulari provocano tumori, chi è giunto che alla conclusione che l'orgasmo femminile è legato alle fasi lunari, e via di questo passo... Tanto per dare un'idea, proprio ora, mentre scrivo, leggo su Corriere.it che studiosi delle Università di Pittsburgb e Santa Barbara sono giunti alla conclusione che - lo giuro - le donne con vita stretta e fianchi larghi sarebbero più intelligenti delle altre.
Tra queste straordinarie news ne voglio segnalare una proveniente dall'Università Vanderbilt di NashvilIe nel Tennessee, rimo balzata direttamente sul prestigioso settimanale Newsweek e poi sulla nostra La Repubblica. Il professor Steve Graham avrebbe dimostrato che scrivere "a penna" aiuta gli studenti più giovani a sviluppare le proprie facoltà mentali. A supporto della propria teoria Graham porta le dichiarazioni di un pool di insegnanti delle scuole elementari, convinti che i loro studenti dotati di una grafia più fluida e curata siano anche quelli che ottengono i voti più alti e producono contenuti quantitativamente migliori.
Ora, come dimostrazione non è delle più solide, ma, sebbene il fatto sia oggetto di un vivace dibattito, è certamente plausibile che il bambino che riesce a convertire il proprio pensiero in grafia con maggior facilità possa esprimersi più pienamente per iscritto. Riportando questa notizia (che non è però propriamente una novità o una scoperta rivoluzionaria) il quotidiano la Repubblica non ha.resistito alla tentazione di scatenare la "guerra di religione", sottotitolando il pezzo come "Bimbi più bravi senza mouse". Insomma, i bambini che scrivono a penna diventano più bravi, quelli che usano il computer rimbecilliscono. Si scatena così un'infilata di terrificanti luoghi comuni, in cui il diffondersi della videoscrittura costituirebbe "uno dei segnali della perdita di corporeità dei nostri regazzi". Mentre l'affermarsi dell'uso dei computer nelle scuole comporterebbe "vita sedentaria [perché, invece, notoriamente, quando si scrive a penna si corre a perdifiato], isolamento [e i brufoli no?], perdita della manualità [sulla tastiera infatti si batte con la forza deI pensiero) e udite udite - riduzione della capacità di introspezione e riflessione [no comment]". Sono, ahimè, parole di Franco Frabboni, docente di Scienze della formazione all'Università di Bologna, che partecipa in qualità di intervistato al fuorviante articolo de La Repubblica. Dico "ahimè" perché è triste sentir dire proprio da un noto e stimato specialista della didattica che "un testo scritto a mano contiene una riflessione" mentre "un testo scritto al computer o al telefonino il più delle volte assolve alla funzione di trasmettere un messaggio". Si tratta di un'impostazione pedagogica "nostalgica" purtroppo ancora molto diffusa. Qualcosa che assomiglia al recupero dei "bei tempi andati", del "si stava meglio quando si stava peggio", a un'idea romanzata e stereotipata della scrittura, quella secondo cui i sentimenti e i pensieri più profondi si prestano alla calda stilografica di radica, ma non al freddo computer di plastica. Identificare la scrittura elettronica con gli SMS e le e-mai!, fingendo di dimenticarsi di una tesi di laurea, di un articolo, di un tema, di un diario, di un blog redatto al computer, dimostra la pretestuosità di una presa di posizione che vuole presentare il computer come un'entità aliena, innaturale, vagamente dannosa, al massimo tollerabile se presa a piccole dosi e miscelata con pratiche antiche e salutari. Frabboni, non contento, aggiunge che "la tastiera {...} inconsapevolmente trascina la nostra scrittura verso una forma più sciolta e banale di espressione". Ma perché? Ma in base a che casa? Questo genere di messaggi non è semplicemente sbagliato, è proprio dannoso. Perché nonostante si tratti di una polemica imbastita sul nulla, rischia comunque di spaventare genitori e insegnanti, già spesso restii - vuoi per ignoranza, vuoi per senso di inadeguatezza - a far avvicinare i propri figli o studenti al computer.
In realtà, senza disturbare i professori universitari (italiani o di NashvilIe), basta l'esperienza comune diretta per accorgersi, un modo incontrovertibile, di come proprio la scrittura elettronica enfatizzi a dismisura le possibilità creative di chi scrive, bambino o adulto che sia. permettendo, peraltro, anche a chi, per drammatiche cause di forza maggiore, non può avere proprio nessuna grafia, di materializzare comunque il proprio pensiero. Spesso eccelso.
Il digitale rompe la rigidità del testo, vince l'immutabilità degli inchiostri, fa sparire i limiti del foglio e permette di pensare e ripensare ciò che si sta scrivendo, in tempo reale: ora scrivo, ora cancello, ora riscrivo. ora mi lascio uno spazio, ora tolgo, ora aggiungo... Perché allora queste pretestuose ipocrisie ogni qualvolta si parla di scuola e di bambni? Di casa si ha paura?
Andrea Maselli
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Evidentemente, anche nel mondo accademico, e questo è proprio il guaio, esistono personaggi troppo pieni di sé che, in base a ricerche, molto spesso strampalate, espongono teorie assurde passandole come “VERITÀ” assoluta.
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