Avevo scritto, sul “post” del 9 febbraio che mi sarei preso un breve periodo di pausa dal “blog”; poi, nel box a fianco, ad un intervento sul carnevale avevo risposto che il mio prossimo “post” sarebbe stato su quest’argomento. Allora, dopo l’intermezzo dovuto del “post” su Raveo, mantengo la “promessa”.
Sul “blog” di Sabrina (InsideSab), in data 14/2, c’è un “post” con solo queste parole “Odio il carnevale” alle quali ho posto il mio commento (Sabina li chiama “sguardi”) d’altrettante parole: ”Siamo in due”.
Fatta questa premessa qualcuno potrebbe dirmi: ”Allora, perché un post sul carnevale?”. Ovviamente per … parlane male! (fa anche rima) e, altrettanto ovviamente tratterò sul carnevale che si svolge nella mia città, Venezia.
Un’altra precisazione: in vita mia mi sono mascherato una sola volta, da ragazzino, e non mi sono divertito. Per divertirsi, o per trasgredire come si usa dire oggi, è proprio necessario mettersi in maschera? Perché non fare tutto alla luce del sole? Mascherarsi forse vuol dire mancanza di coraggio? Perché limitarsi al periodo di carnevale, visto che, al giorno d’oggi, è permesso tutto?
Questo “post” non vuole dare alcuna risposta, ma esporre solo quello che io penso del carnevale e, in particolare dell’attuale “Carnevale di Venezia” che vorrebbe (condizionale un po’ dubitativo) somigliare a quello dei tempi della Repubblica.
Quando io parlo di Repubblica, intendo, solo quella di San Marco, la “Serenissima” e senza alcun secondo fine di stampo “leghista” e ciò vale solo per qualche nuovo lettore (a proposito di "Blog” ho scoperto che su questo entrano anche dalla Cina; evidentemente Marco Polo, molto conosciuto da quelle parti, ha lasciato il segno), mentre chi già mi conosce sa che le mie simpatie non vanno in quella direzione!
Ma torniamo al carnevale durante la Repubblica: era un assieme di “panem et circenses” e di “politica estera”. Far divertire il popolo era molto in voga una volta e non solo da parte di singoli despoti, ma anche di una classe dirigente che comandava, un’oligarchia, com’era quella che governava la mia città. Questo per far sì che non pensassero ad altro; quando uno è satollo e si diverte non va a pensare alla politica ed alla libertà.
Per quanto riguarda la “politica estera”, il Carnevale era un modo di far apparire, agli occhi dei visitatori stranieri che erano molti ed anche personaggi di rango, l’importanza e la maestosità della città nata e sviluppatasi nell’acqua, diventata una potenza ricca, sia nel senso stretto del termine come in quello allargato all’architettura ed alle arti d’ogni tipo.
Non è leggenda, ma storia vera, il fatto che quando morì il doge Paolo Renier, la sua morte fu comunicata una ventina di giorni dopo per non interrompere le feste del carnevale. Un canto popolare veneziano, “Povero barba Checo” ricorda, nella seconda strofa, questo fatto. (vedi nota).
Le origini del carnevale veneziano risalgono al X secolo; si sa che il giorno di Giovedì Grasso si ricordava la vittoria del Doge Vitale Michiel sul patriarca d’Aquileia, Ulrico, avvenuta nel 1162. Per ricordare la sconfitta subita, ogni anno i successori del Patriarca dovevano inviare al Doge un certo numero di maiali che venivano uccisi e la loro carne era distribuita tra i nobili, il clero e il popolo. C’erano anche spettacoli con giocolieri e saltimbanchi, fuochi di artificio e il Volo dell’Angelo, detto anche della Colombina, fatto da un acrobata che saliva lungo una fune fino alla loggia del campanile di S.Marco, per poi tornare a terra con un mazzo di fiori da offrire al Doge.
Ma il carnevali di oggi è tutt’altra cosa. Oltre quarant’anni fa erano solo i bambini che andavano in Piazza San Marco, il giovedì ed il martedì grasso, in maschera, a gettare i coriandoli e le stelle filanti. Poi, qualche “bambino cresciuto” pensò che oltre ai coriandoli si poteva gettare anche farina e, perché no, uova; il tutto addosso ai passanti e, soprattutto, alle signore in pelliccia.
Per qualche anno, in quei giorni, la città era in mano alla teppaglia ed era rischioso muoversi. Allora, per cercare di togliere spazio a costoro e rendere più vivibile la città, le istituzioni pensarono di creare delle manifestazioni “ufficiali” di carnevale, anche per richiamare turisti in un periodo che veniva definita “bassa stagione” (oggi a Venezia è “alta stagione” tutto l’anno).
Fu così che iniziò la tradizione del carnevale Veneziano “moderno”. “Happening” di maschere in Piazza ed in altri luoghi aperti, balli all’aperto, musica, teatro e molto altro, questi gli ingredienti degli ultimi dieci giorni di carnevale a Venezia. La maggior parte di tutto ciò si riduce ai due fine settimana, al giovedì ed al martedì grasso, concentrando l’arrivo delle folle in questi giorni.
Nell’ultima domenica (penultima di carnevale) sono arrivate in centro storico centomila persone creando, ovviamente, problemi.
Oltre agli intasamenti (le vie, chiamate calli, sono strette) ed al super affollamento nei vaporetti, c’è da tener presente che centomila persone, in una città di solo sessantamila, producono anche una notevole quantità di residui e di sporcizia.
Veniamo alle note negative: chi paga tutto questo? Chi ci guadagna?
Rispondo subito alla seconda domanda: non io e tutti coloro che, come me, non vivono di turismo. Allora diciamo chi sono coloro che, magari, vorrebbero un carnevale più lungo: albergatori (si lamentano sempre e poi non c’è un posto libero), i pubblici esercizi (i prezzi sono sempre più cari che nelle altre città e non sempre viene rilasciato lo scontrino), i gondolieri (questi non rilasciano scontrini “ope legis”), gli affittacamere, gli affitta-residenze ed i “bad & breakfast” (queste tre ultime categorie “lavorano” spesso in “nero”), ed in negozianti in genere.
Chi paga? Ovviamente tutti i cittadini (anche il sottoscritto), sia per i soldi sia le istituzioni pubbliche impegnano per organizzare e gestire la festa (gli “sponsor” privati sono pochi ed anche non veneziani), sia per le maggiori spese sostenute dall’azienda della nettezza urbana che, a Venezia, è tutta manuale.
Alcuni veneziani, quelli che hanno la possibilità, in questi giorni lasciano la città e vanno in montagna; chi resta deve sopportare e subire. E non sto a descrivervi gli inconvenienti di chi resta. Qualche anno fa, uscendo da casa, mi sono trovato uno davanti la porta che … orinava. Ma senza cogliere qualcuno in fragrante “delitto” restano sempre i “corpi di reato”!
Il veneziano che si deve spostare per lavoro o per qualsiasi altra incombenza si trova, spesso, impossibilitato a salire sui vaporetti perché già oltre il limite di sicurezza.
A volte qualcuno protesta, magari in malo modo (i maleducati sono dappertutto), però, a volte si raggiunge l’esasperazione.
Non voglio scrivere altro perché qualcuno non dica che sono un brontolone; se volete cliccate qui per un articolo de Il Gazzettino ed una lettera di una turista che protesta, inviata allo stesso giornale.
E, se volete, andate ad impazzire con il carnevale, … ma non venite a Venezia.
Povero barba Checo / che l’è casùo in canale, / senza saver nuàre / al s’ha negao.
Me l’ho recuperao,/ me l’ho messo qua drento / par darghe spassio e tempo / al carnovale.
No l’ha vuolesto stare, /l’ha vuolesto ‘ndar via, / e si al se perdarà, / sarà so dano.
Revédarse ‘naltr’ano, / tegnìve a mente questo / e può ve dirò resto / e resto in pase...
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2 commenti:
Se abitassi a Venezia, neppure io sopporterei queste giornate di caos. Purtroppo il Carnevale ha smarrito il suo senso più autentico per trasformarsi in un'occasione mondana, spesso anche di dubbio gusto.
Ed oggi devo dire "NO" all'ennesima potenza! Stavo tornando a casa, controcorrente (era veramente una fiumana di gente) quando, nella discesa di un ponte, dove c'è sempre una mendicante, e c'era anche oggi nonostante la ressa, mi sono inciampato, forse sulla stampella della mendicante, e sono caduto battendo il ginocchio.
Dopo un impacco ghiacciato, va meglio.
Grazie "carnevale"!!!
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