Una richiesta di un lettore del blog e anche del mio sito, cioè quella di conoscere il perché di una specie di monumento sul ponte ferroviario che collega Venezia alla terraferma, mi induce ad aprire il 2009 con questo post, dopo un’assenza di venti giorni.
In effetti, più che di un monumento, si tratta di una colonna, di alcuni alberi e di due cannoni puntati, per la precisione, verso una piazzaforte chiamata Forte Marghera, costruita durante l’occupazione francese (1805-1814).
Il tutto vuole ricordare un particolare momento della storia di Venezia che iniziò quando, nel 1848 (17 marzo) la popolazione si ribellò agli austriaci, liberò Daniele Manin e Niccolò Tommaseo e nacque così la Repubblica di San Marco (22 marzo 1848).
Dopo un iniziale aiuto dal Piemonte, concluso dopo la sconfitta di Custoza (27 luglio 1848), i veneziani si trovarono soli a fronteggiare il ritorno degli austriaci che, alla fine dell’anno, si ripresero quasi tutta la terraferma veneta.
In aiuto di Venezia accorsero altri patrioti italiani fra i quali i napoletani Guglielmo Pepe e Giacomo Ulloa; doveva arrivare anche Giuseppe Garibaldi che, in fuga da Roma dopo la caduta della Repubblica Romana, fu fermato dagli austriaci nelle paludi di Comacchio, proprio pochi giorni prima della caduta anche di Venezia.
I volontari comandati da Pepe e Ulloa ed anche una compagnia di volontari friulani difesero il forte fino a quando fu deciso di abbandonarlo e di difendere solo la città insulare.
Gli austriaci si attestarono nel forte e da lì iniziarono a bombardare Venezia tentando di prenderla usando anche il ponte ferroviario che era stato inaugurato nel 1847.
I veneziani allora decisero di far saltare alcune arcate impedendo, così, l’avvicinarsi del nemico che, per la prima volta, usò un nuovo strumento, i palloni aerostatici, con i quali sganciò circa ventimila proiettili, portando morte e distruzione a Venezia che, prima di allora, non aveva conosciuto nulla di simile.
Furono colpiti case e monumenti, come la Chiesa di san Salvador, nei pressi di Rialto, dove, sul lato sinistro della facciata, alla base della prima colonna, si può notare incastrata nel muro una palla di cannone. La chiesa infatti fu colpita nell'assedio del 1849.
Dal punto di rottura del ponte ferroviario e dalla zona attualmente chiamata Piazzale Roma, i veneziani cercarono l’estrema difesa bombardando, con cannoni simili ai due che si trovano lì tuttora, le postazioni austriache sui bordi della laguna.
Vennero a mancare gli alimenti e, inoltre, in una città agli stremi scoppiò anche un’epidemia di colera. Una delle cause dell’infuriare del morbo fu anche la poca salubrità dell’acqua dei pozzi veneziani che non era acqua di falda, ma di cisterna di acqua piovana (vedi http://www.piovesan.net/Vere%20da%20pozzo/Vere%20da%20pozzo1.htm ).
Il 24 agosto 1849, nonostante tutti gli sforzi, i veneziani dovettero soccombere e gli austriaci rientrarono in città dove restarono fino al 1866.
A raccontare, poeticamente, il dramma di allora ci resta “Ode a Venezia” di Arnaldo Fusinatodella quale i versi più celebri e conosciuti sono:
Passa una gondola della città."Ehi, dalla gondola, qual novità ?"
"Il morbo infuria, il pan ci manca,
sul ponte sventola bandiera bianca!"
5 commenti:
Bentornato Sergio con le tue notizie interessanti!
I Napoletani ci sono sempre...
Buon 2009 e vieni a ritirare il mio premio di Capodanno.
@stella: .. e per fortuna che ci sono i napoletani, ed anche i friulani.
Baci !
Sei tornato e come sempre con un post interessante.
Buon Anno Sergio.
Daniele
@stella e daniele: GRAZIE!
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