domenica 16 marzo 2008

La svolta del Web 2.0? Solo buona volontà!

Nell’ascoltare la registrazione, sulla quale ho costruito il post precedente, ho recepito delle frasi e delle situazioni già esistenti e/o in fieri che poi, durante la notte -prima di addormentarmi- mi hanno fatto pensare (sì, ogni tanto penso anch’io!).
“La svolta (quella del WEB 2.0) è importante perché cambia la filosofia e non la tecnologia”. Questa una delle frasi. Ma poi si è parlato di “condivisione”, di “strumento
di dialogo e di comunicazione”, di “sportello unico”.
Fin qui alcuni degli “input” recepiti dall’ascolto di quanti hanno esposto i loro pareri nel
dibattito/incontro/interlocuzione del 10 marzo.E durante la notte si è acceso il “flash” e sono tornati ad affiorare i ricordi, non di ieri, ma di 15/20 anni fa.
Sono ormai quattro anni che non m’interesso più, a livello professionale, di ciò, ma quando ero in servizio queste cose le ho fatte, alcune, e altre le ho tentate di fare. Non avevo coscienza di “cambiare una filosofia” perché quello che facevo e proponevo mi sembravano cose solamente logiche, anche con la tecnologia di fine anni ’80.
Non si parlava ancora di posta elettronica, di web, di internet o, per lo meno, erano questi argomenti per pochi ed esclusivi adepti.
Io lavoravo sul Sistema 38 IBM, un elaboratore con un sistema operativo che prevedeva una gestione di un database relazionale, forse il primo di questo tipo e, per alcuni anni, anche l’unico.
Sul S/38, questa la sigla, esisteva un programma di “gestione testi” molto simile a quello che poi fu il “word”. All’elaboratore erano collegati numerosi terminali, sia in ambiente locale, cioè con cavi biassiali che li univano direttamente, sia per mezzo di linee telefoniche di trasmissione dati, verso sedi distaccate.
La gestione testi serviva soprattutto a scrivere lettere e documenti vari che poi venivano portati su carta, firmati (di solito ad opera del “capo”) e inviati tramite posta interna (fattorini che giravano, fra le varie sedi, una volta al giorno) all’altro ufficio. Dal momento della redazione della lettera al momento della lettura da parte del destinatario, che poteva essere anche nello stesso edificio, passavano mediamente due giorni.
Però il testo poteva restare memorizzato e, con opportuni accorgimenti, visualizzato anche da altro terminale. Ogni terminale aveva un “nome” equivalente ad un indirizzo.
Trasmettere il testo digitale da un terminale ad un altro, e quindi da un ufficio all’altro, è stato abbastanza semplice: qualche programmino in RPG e/o in CLP (linguaggi di programmazione specifici del S/38) e tutto era pronto.
Troppo semplice e, in più, non costava alcunché! Ma, soprattutto, alcuni dirigenti cariatidi” hanno, in pratica, bloccato tutto.
Quel tipo di dirigenza è stato, e forse ancora in parte lo è, il problema della mia azienda (una Asl), ma anche di molti altri enti pubblici. Si trattava in maggior parte di laureati in legge che “ …per i loro studi e per il loro substrato culturale … ” non erano adatti all’uso del terminale e successivamente anche dei PC; non potevano abbassarsi a livello di una segretaria e mettersi ad una macchina da scrivere!
Ma andiamo avanti!
Anche le “chat” avevo previsto, sempre sul S/38 -che all’inizio degli anni ’90 lasciò spazio al “figlio” AS/400- , ma anche queste non decollarono, sempre per le "cariatidi".
Questi raccontati sono solo due piccoli esempi. Ma quello che più mi ha fatto venire il “mal di fegato” è stata la gestione del “Postel”.
Primi in Europa -a detta della IBM-, avevamo (avevo) previsto e preparata la procedura (una parte era stata acquistata e si chiamava “Piccione”, nome “ad hoc”, perché preparava i files per il Postel) per inviare a domicilio i referti degli esami ematochimici.
Poiché in fase iniziale era previsto che questo servizio fosse su richiesta dell’utente, era necessario che, al momento della prenotazione/registrazione dell’impegnativa, venisse chiesto se lo stesso desiderasse ciò. Il tutto è stato recepito e codificato, però ….! Sì, c’è sempre un “però”. Secondo i responsabili dei distretti dove veniva effettuata la registrazione questa operazione allungava la coda del pubblico allo sportello; questo a loro dire, senza chiedere una verifica. Per non apparire retrogradi, senza informare alcuno e senza richiedere eventuali miglioramenti del software, cosa fecero? Semplicemente tolsero i manifesti che pubblicizzavano tale opportunità per gli
utenti che, in una città come Venezia e in gran parte di “una certa età”, avrebbero avuto solo un servizio. Questo avveniva 15 anni fa, ma ancora oggi, con tecnologie diverse, ma sempre con una registrazione manuale dell’impegnativa, il servizio non funziona. Oggi potrebbe essere addirittura più veloce perché c’è la posta elettronica sia dell’interessato, ma, più spesso, anche del medico curante.
Poi c’è la procedura delle prenotazioni che io ho seguito solo marginalmente.
Circa otto anni fa fu prevista la possibilità di poter prenotare tramite internet, senza dover andare allo sportello o telefonare al “call center” del C.U.P. Otto anni fa erano
stati inseriti alcuni “calendari” solo per alcune e poche prestazioni specialistiche. Risultati? La situazione odierna è rimasta quella di otto anni fa!
D’altra parte i dirigenti sono sempre quelli di allora, sempre cariatidi che, oltretutto, non vogliono assumersi responsabilità.
Con questi sistemi non ci sono né miglioramenti di tecnologie né cambi di filosofia che tengano!
Lo “sportello unico” con queste persone non nascerà mai! È solo questione di volontà, di buona volontà!

Scusatemi lo sfogo, ma quando ci vuole, ci vuole!

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