venerdì 30 giugno 2006

"Dove cadono gli angeli" di John Berendt. - Non viene raccontata la "vera Venezia"

Di seguito riporto la lettera che, in data odierna, ho inviato al direttore de Il Gazzettino.
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Egregio Direttore,
Le scrivo in merito all’articolo di Gianluca Amadori pubblicato su Il Gazzettino di ieri 29.6 e relativo allo scrittore americano John Berendt autore del libro “Dove cadono gli angeli”.
Ho letto di recente il libro in questione e confesso che anch’io sono fra coloro che lo “contestano”.
Berendt afferma nell’intervista di “raccontare la vera Venezia” e, a parte il fatto che ognuno può costruirsi una propria verità, quella raccontata dallo scrittore, secondo me, non è la vera Venezia; i personaggi presenti nei diversi episodi non rappresentano, salva un’eccezione, la nostra città.
Infatti, oltre il 50% del libro racconta la storia di alcuni residenti stranieri in Venezia, in particolare anglo-americani, pochi individui quindi, che non “sono Venezia” e nelle cui storie c’è poco da esaltare o da portare ad esempio, come le beghe per il predominio nelle associazioni che pretendono di salvarci.
Inoltre Venezia non è fatta solo da elettricisti piromani e neppure da macchiette quali il giudecchino un po’ indietro, od il venditore di piante che gira per le calli cantando a squarciagola. Ma neppure i discendenti dei patrizi veneti, oggi proprietari di qualche palazzo che sfruttano per feste ed altro, sono rappresentativi della vera Venezia, come anche i diversi “personaggi”, più o meno “vip”, che partecipano ai balli ed ai rinfreschi carnevaleschi.
L’unica figura veramente veneziana è quella di Mario Stefani, persona semplice, gentile e squisita, uomo di alta cultura e poeta, personaggio che l’autore non ha conosciuto e che racconta soprattutto per la sua tragica vicenda e per gli strascichi giudiziari e polemici conseguenti la sua morte.
Il mio modesto consiglio al signor John Berendt, che riconosco essere un buono scrittore, è quello di scrivere un nuovo libro dopo aver frequentato altri ambienti “veramente veneziani”.
Cordiali saluti

Sergio Piovesan

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non ho letto il libro in questione, ma ne ho sentito parlare. C'è da dire solo una cosa: troppa gente si arroga il diritto di parlare di una città che per essere conosciuta e descritta va vissuta giorno per giorno.

Anonimo ha detto...

Buongiorno Sergio. Sono d'accordo con quello che dici però il libro di Berendt è buono e lui sa scrivere bene. Diciamo che quella è la Venezia che lui ha conosciuto, e quella Venezia è descritta egregiamente e da ottimo cronista. È un po' anche il discorso di Brodskij, se vogliamo: stesso giro di persone e stesso pregio/difetto: raccontano la Venezia che hanno avuto modo di conoscere.
Piuttosto mi interessa molto sapere un'altra cosa: tu conoscevi Mario Stefani?
Grazie

Sergio ha detto...

Caro Andrea,
quello che ha fatto scattare in me il desiderio di scrivere questa lettera al Gazzettino, lettera che poi non fu pubblicata, è stata la pretesa di Berendt di affermare di aver raccontato la "vera Venezia" e di lamentarsi perché, invece, veniva contestato in città.
Come ben dici quella che descrive è la Venezia che lui ha conosciuto e che, detta fra di noi, non è la vera Venezia.

Si, ho conosciuto Mario Stefani, ma solo in occasione di conferenze, dibattiti e mostre. Mi fermavo a chiacchierare con lui quando ci trovavamo per strada, cosa che succedeva abbastanza di frequente perchè abitava vicino a casa mia. Era una persona affabile, sempre sorridente e, proprio per questo, non riesco a capacitarmi di come ci abbia lasciati.