mercoledì 30 dicembre 2009

Una volta esisteva l’ “errata corrige”


Una volta esisteva l’ “errata corrige” e sui quotidiani si trovava, abbastanza spesso, la correzione di un qualcosa pubblicato nei giorni precedenti. Molto era dovuto a “refusi” sfuggiti ai correttori di bozze ed altre volte, invece, veniva corretta una frase che poteva dare adito ad interpretazioni erronee, magari a causa di una virgola.
Oggi i correttori di bozze non esistono più e gli errori, nonostante il correttore automatico dei “software” di scrittura, sono aumentati di molto e, nel contempo, è sparita quella forma di modestia da parte dei giornalisti e dei direttori, ma anche  di rispetto verso i lettori, nel riconoscere e correggere gli errori.
Oggi scrivono baggianate (è un eufemismo), sbagliano grammatica ed ortografia, ma scrivono anche cose non vere; non importa! Va bene così! Andiamo avanti, tanto quello che è stato scritto oggi domani sarà dimenticato. Così la pensano direttori e pennaioli  di vario genere e calibro.
Ma non è così: c’è chi legge e si inalbera (anche questo è un eufemismo) nel vedere scritte cose errate o non vere.
E veniamo al fatto concreto. Il 27 u.s. il Gazzettino dedicava due pagine al ricordo dello scrittore Carlo Sgorlon, appena scomparso, e, fra i diversi articoli, trovo, in quello di Rolando Damiani “La sua ‘penna d’oro’ critica e popolare insieme”, la sotto notata  frase: “ … L’ambientazione di regola coincide con il microcosmo del Friuli, descritto nelle vicissitudini contemporanee (come la calata dei cosacchi al seguito dei nazisti narrata in “La conchiglia di Anataj” del 1983 …”.
Un salto sulla seggiola è stata la mia prima reazione; come si può scrivere una ca…volata del genere? La storia dei cosacchi in Friuli è inserita nel romanzo “L’armata dei fiumi perduti” del 1985, mentre quello citato nell’articolo narra, in particolare, la storia di uno dei tanti emigrati friulani in terra russa ai tempi della costruzione della ferrovia transiberiana (fine ‘800 primi ‘900).
Questo è un errore madornale e non riesco a capacitarmi come sia potuto accadere: faciloneria e leggerezza dell’autore o un taglio mal fatto, magari per abbreviare l’articolo di qualche riga?
Non lo so e non lo saprò mai perché,  nonostante abbia subito inviato due e-mail, una alla redazione delle pagine culturali ed un’altra alla redazione web, ho ricevuto solo risposta da parte di quest’ultima che mi informava di aver girato la mia e-mail alla redazione cultura.
Ho atteso l’”errata corrige”, ma, a tutt’oggi … nulla!

    

2 commenti:

Toni ha detto...

Più che coretori de bosse ghe vorìa coretori de damigiane.

Sergio ha detto...

@toni: la tua battuta scherzosa va commentata per i non veneti:
"coretori" non è un errore di doppie perché in veneziano le doppie non si dicono e, quindi, neppure si scrivono;
"bosse" è la pronuncia veneziana di bozze, ma significa anche bottiglie.