In questo periodo c’è un gran parlare di “stato laico”, di “laicità dello stato” e di annessi e connessi. A questo proposito, vi segnalo un interessante e dotto post di Romina su Laicismo e laicisti.
L’argomento in questione mi dà, però, l’occasione di parlare nuovamente di San Marco, il protettore di Venezia, proprio in questi giorni vicini alla sua festa. Non meravigliatevi se parlerò di “laicità” parlando, nel contempo, di un santo.
San Marco è, forse è meglio dire “è stato”, un protettore particolare di una città particolare, una città-stato che restò in vita per oltre mille anni, più di Roma. Fu uno stato laico, nel senso più genuino del termine, che non disdegnava, anzi s’impegnava, di dimostrarsi religioso.
Venezia, ha sempre ribadito, tramite le sue leggi e la sua politica, la netta divisione tra potere dello stato e potere religioso, ed ha sempre combattuto, però, il potere temporale del papato e l’intromissione di quest’ultimo nella sua politica; questa avversione raggiunse il suo massimo dissenso nel 17° secolo. Basta rileggersi un po’ di storia per scoprire che la Serenissima, la Repubblica di San Marco, proprio per opporsi al potere temporale dei papi, venne scomunicata; sì, vennero proprio scomunicati tutti i suoi abitanti, dal doge all’ultimo popolano ed anche tutti i preti che non si fossero attenuti a quanto disposto dall’interdetto pontificio. Siamo nel 1606, e colui che combatté più decisamente contro questo potere fu un religioso, un servita, Fra Paolo Sarpi.
La storia di quel periodo si collega anche alla storia del doge Leonardo Donà che, proprio nel 1606 venne eletto alla suprema magistratura veneziana. Fu una contrapposizione molto forte, che arrivò ad isolare, per circa un anno, lo stato veneziano dagli altri stati europei
Ma veniamo a San Marco che fu il protettore della città per volere della stessa autorità statale; fu, si potrebbe dire, un santo di stato. Anche la leggenda , che vedeva in una profezia questo volere divino, fu senz’altro alimentata dal potere civile. Come fu il potere civile ad erigere, ed a rinnovare nel corso di più secoli, la Basilica intitolata all’evangelista. La Basilica di San Marco non fu mai sede vescovile, se non dopo il 1807, dieci anni dopo la caduta e la fine della Serenissima. San Marco è il massimo monumento della città, tempio di vita civile, oltre che di fede religiosa, testimonianza della grandezza di Venezia.
Per circa mille anni ha svolto le funzioni di Cappella Ducale dipendente direttamente dal Doge, che vi nominava il Primicerio a cui era conferita autorità episcopale, e Chiesa di Stato affidata alla tutela dei Procuratori di San Marco.
E' da sempre il tempio in cui le vicende del popolo e del governo veneziano hanno avuto la più alta celebrazione.
Venezia fu, quindi, una città, ed uno stato, laici, ma, nello stesso tempo, non privi di religiosità; basti pensare che alcuni dei templi più famosi vennero eretti, quali adempimento di voti, a seguito di ben precisi deliberati da parte del Senato della Repubblica, l’organo legislativo. Per non parlare poi delle numerose chiese e monasteri all’interno della città, molti dei quali furono abbattuti con l’avvento di Napoleone.
Un altro elemento che indicava la religiosità dello stato e del popolo veneziano fu la creazione delle “scuole di devozione” (scuole grandi e piccole)
“Viva Venezia, viva San Marco, evviva le glorie del nostro leon …” questo il ritornello di un famoso canto veneziano dell’ottocento, un inno alla città ed al suo patrono, un patrono religioso, ma anche politico, statale e … quasi “laico”.
2 commenti:
I nostri avi sono un meraviglioso esempio di laicità: tengono DISTINTI (non separati)il piano religioso e quello politico-economico.
Questo , probabilmente, perchè a partire dal Doge fino all'ultimo garzonetto di bottega, sapevano che i problemi della vita pratica bisogna risolverli da soli e però, prima o poi, ci si presenta a Dio per venir giudicati.
Il laicista non solo non crede in Dio, ma non crede nemmeno che esista una Verità [con la "v" maiuscola]sull'uomo, ma soltanto verità parziali legate al momento storico e al luogo geografico.
Il laico,anche quando non dovesse essere religioso, non esclude a priori nessuna porta ("proviamo anche con Dio: non si sa mai"). Il laicista guarda con ironia, se non con fastidio,a chi si rivolge a Dio, alla Madonna e ai Santi.
Certo, basiliche della Madonna della Salute o chiese del Redentore non ne sorgeranno più.
Il laico è un "Cittadino", il laicista no. Per questo non trovo che sia giusto pensare che egli dica: "Proviamo anche con Dio, non si sa mai".Infatti se anche i Religiosi sono "Cittadini", dovrebbero dire: "Proviamo a non fare gli integralisti,tanto noi in paradiso ci andiamo comunque". E continuerebbero ad essere religiosi, laici, e perciò "Cittadini". I Veneziani erano, e per certi versi ancora sono, "Laici e religiosi".
E tutti festeggiano S.Marco col "bocolo".
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