domenica 29 marzo 2020

"Date a Cesare quel che è di Cesare"- n.2

Già in precedenza (vedi  ([i]) ) avevo trattato l'argomento nell'articolo "Date a Cesare quel che è di Cesare", ma ritorno perché, purtroppo, nel mondo musico-corale, soprattutto in quello cosiddetto "popolare", è ormai un'usanza. Mi riferisco alle numerose armonizzazioni di canti ritenuti di origine popolare che, invece, non lo sono in quanto esistono gli autori di testo e musica, magari di qualche decennio fa se non di più. Sono per lo più autori deceduti da altre settant'anni per i quali non vi è più il cosiddetto "diritto d'autore"; tuttavia non capisco perché su queste nuove armonizzazioni viene inserito solo il nominativo dell'armonizzatore e non quelli degli autori del testo e/o della musica.
Penso che quando un musicista prende in esame uno spartito, magari solo una linea melodica, di un vecchio canto debba anche preoccuparsi di documentarsi un po' di più sulle origini del canto stesso e non usare la dicitura "canto popolare"; questo comportamento denota -scusatemi il giudizio- un po' di ignoranza e anche di supponenza in quanto non tiene conto del lavoro di altri.
Tempo fa, girando fra i vari siti che trattano l'argomento "canto popolare e di montagna"  ho trovato "Stelutis alpinis" definito come "canto popolare" senza, ovviamente, indicare l'autore, e -udite udite- il sito era di un'associazione friulana.
Perché torno su questo argomento? Giorni fa un amico mi ha chiesto se potevo copiare, con il programma di notazione musicale che uso e con il quale  viene creata la musica digitale anche delle singole parti, la villotta friulana  "In cil 'e jè une stele", nell'edizione di un coro famoso, armonizzata da Andrea Mascagni (1917-2004).
Sullo spartito edito a stampa c'è solo il nome dell'armonizzatore. La cosa, anche se viene da un'edizione del suddetto coro, capostipite di tutti i cori di questo genere, mi ha stupito anche perché, conoscendo parecchi canti friulani, la ricordavo come opera di due autori, un poeta e un musicista. L'unica differenza stava nel titolo; l'edizione summenzionata riporta come titolo il primo verso della villotta, mentre  quello originale è "La stele" ([ii]) i cui autori sono Luigi Cuoghi (1849-1921), per il testo, e Giambattista Marzuttini (1863-1943), per la musica.
Un brutto segnale che, purtroppo, va avanti da tempo e continua ancora: l'ego è preponderante.

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