C'è chi dice stupidaggini e chi lo giustifica parlando solo di " ...un linguaggio colorito ..."!
Poi si fanno i "regalini": foto "artistiche", magliette padane e del "Milàn" (importante l'accento)!
Negli asili infantili trattano cose più serie!!!
Vedi articolo di Corriere.it
Di tutto un po'. In questo "blog" troverete "sfoghi" e pensieri, lettere inviate ai giornali e, forse, non pubblicate. Parlerò di Venezia, la mia Città, di quanto c'è di buono e di meno buono in essa, ma non mancheranno neppure argomenti di politica e di quello che capita nel mondo. Insomma ... un po' di tutto!!!
domenica 30 settembre 2007
venerdì 28 settembre 2007
Cosa è e come sarà il WEB
Dal CERN di Ginevra, dove, nel 1990, è nato il WEB, alla conferenza stampa di presentazione del 5° Festival della Scienza, che si terrà a Genova, viene fatto il punto, anche da parte di uno degli inventori, su cosa è e come sarà il WEB.
Da Corriere.it del 28.9, l'articolo di Marina Rossi
________________________
Presentata la quinta edizione del Festival della Scienza
A Genova il futuro del web e della scienza
Uno degli inventori della rete alla presentazione del Festival della Scienza. «Wikipedia era ciò che non volevamo»
GINEVRA (Svizzera) – Il Festival della Scienza è ormai alle porte. A meno di un mese dall'inaugurazione ufficiale, che avverrà il 25 ottobre a Genova, la conferenza di presentazione di Ginevra ha introdotto le nuove tematiche che si integrano all'esperienza del contenitore di eventi. Un incontro che ha visto come protagonisti Manuela Arata (ideatrice e Presidente del Festival), Vittorio Bo (Direttore del Festival) e Robert Cailliau (co-inventore del web). La quinta edizione del Festival si apre all'insegna della «curiosità», tema fondamentale per la ricerca, ma anche per il web.
LE ORIGINI DELLA RETE – Robert Cailliau ha portato la propria testimonianza ed esperienza sul World Wide Web, nato circa diciassette anni fa al Cern, anche grazie a lui. «Tecnicamente, non è mai esistita una “prima pagina web”, ma tante prime pagine», ha sottolineato Cailliau, «in cui venivano pubblicati documenti giorno per giorno, proprio come i blog di oggi. In effetti, i blog rappresentano appieno l’idea di web che avevamo a quel tempo: uno strumento di condivisione di conoscenza e di informazione, ma anche una possibile fonte di saggezza». Un'affermazione di forte positività che si oppone alle critiche di qualunquismo che ciclicamente colpiscono l'internet; per Cailliau, perfino le grandi aziende come Google e Microsoft, alla fine, non sono così cattive.
WEB E SCIENZA – La conferenza stampa ha avuto luogo in uno scenario illustre per la scienza e la ricerca: il Cern di Ginevra. La scelta del centro internazionale di ricerca non è casuale. «Perché abbiamo scelto il Cern? Perché è qui che si fa la ricerca», spiega Vittorio Bo. Ma non solo. Infatti, proprio nei laboratori svizzeri è stato creato nel 1990 il web, per opera di Tim Berners-Lee e, appunto, Cailliau. Ancora una volta, la scienza e la rete si incontrano, ma senza essersi mai allontanati troppo. Il web ha avuto un'importanza decisiva nel mondo della ricerca e la comunicazione e ha rivoluzionato il rapporto tra scienziati e società, ma anche tra gli scienziati stessi. Manuela Arata ricorda che la nascita del web in ambito scientifico deve essere uno stimolo per donazioni alla ricerca soprattutto per tutte quelle aziende che oggi operano online e che vivono grazie al mondo della rete.
IL FUTURO – Nonostante tutta la sua esperienza, Cailliau non si sbilancia sui prossimi anni del web, ma individua alcuni spunti essenziali per il suo futuro. Innanzitutto il blog che, pur essendo ancora uno strumento molto giovane e acerbo, avrà sempre maggior peso in ogni tipo di contenuto e potrà veicolare sensibilità sociale, politica, ecologica, producendo conoscenza. «È vero – ammette Cailliau – che bisogna fare molta attenzione alla veridicità delle informazioni, ma questo accade anche nella vita reale». Per quanto riguarda il lato economico, invece, il futuro del web risiede nei micropagamenti: si tratta di piccoli trasferimenti di denaro in cambio, per esempio, di un servizio senza pubblicità, oppure in cambio di maggiori servizi.
GIOVANI E WIKIPEDIA – Il web è però minacciato da una forte inconsapevolezza che riguarda soprattutto le nuove generazioni. I servizi online che oggi permettono di pubblicare contenuti e informazioni personali online mascherano all'utente la collocazione fisica dei file. Un utilizzo superficiale del web, quindi, corrisponde a rinunciare ai propri dati, alla padronanza delle informazioni, compiendo così un passo indietro. Lo stesso accade per Wikipedia che «rappresenta proprio ciò che non volevamo che diventasse il web», afferma (sorprendentemente) Cailliau: una sola enciclopedia online, accentrata seppur collaborativa, è contraria alla struttura della rete, in cui la conoscenza è diffusa.
Marina Rossi
28 settembre 2007
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Questo post integra quello del 25 settembre u.s.
Da Corriere.it del 28.9, l'articolo di Marina Rossi
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Presentata la quinta edizione del Festival della Scienza
A Genova il futuro del web e della scienza
Uno degli inventori della rete alla presentazione del Festival della Scienza. «Wikipedia era ciò che non volevamo»
GINEVRA (Svizzera) – Il Festival della Scienza è ormai alle porte. A meno di un mese dall'inaugurazione ufficiale, che avverrà il 25 ottobre a Genova, la conferenza di presentazione di Ginevra ha introdotto le nuove tematiche che si integrano all'esperienza del contenitore di eventi. Un incontro che ha visto come protagonisti Manuela Arata (ideatrice e Presidente del Festival), Vittorio Bo (Direttore del Festival) e Robert Cailliau (co-inventore del web). La quinta edizione del Festival si apre all'insegna della «curiosità», tema fondamentale per la ricerca, ma anche per il web.
LE ORIGINI DELLA RETE – Robert Cailliau ha portato la propria testimonianza ed esperienza sul World Wide Web, nato circa diciassette anni fa al Cern, anche grazie a lui. «Tecnicamente, non è mai esistita una “prima pagina web”, ma tante prime pagine», ha sottolineato Cailliau, «in cui venivano pubblicati documenti giorno per giorno, proprio come i blog di oggi. In effetti, i blog rappresentano appieno l’idea di web che avevamo a quel tempo: uno strumento di condivisione di conoscenza e di informazione, ma anche una possibile fonte di saggezza». Un'affermazione di forte positività che si oppone alle critiche di qualunquismo che ciclicamente colpiscono l'internet; per Cailliau, perfino le grandi aziende come Google e Microsoft, alla fine, non sono così cattive.
WEB E SCIENZA – La conferenza stampa ha avuto luogo in uno scenario illustre per la scienza e la ricerca: il Cern di Ginevra. La scelta del centro internazionale di ricerca non è casuale. «Perché abbiamo scelto il Cern? Perché è qui che si fa la ricerca», spiega Vittorio Bo. Ma non solo. Infatti, proprio nei laboratori svizzeri è stato creato nel 1990 il web, per opera di Tim Berners-Lee e, appunto, Cailliau. Ancora una volta, la scienza e la rete si incontrano, ma senza essersi mai allontanati troppo. Il web ha avuto un'importanza decisiva nel mondo della ricerca e la comunicazione e ha rivoluzionato il rapporto tra scienziati e società, ma anche tra gli scienziati stessi. Manuela Arata ricorda che la nascita del web in ambito scientifico deve essere uno stimolo per donazioni alla ricerca soprattutto per tutte quelle aziende che oggi operano online e che vivono grazie al mondo della rete.
IL FUTURO – Nonostante tutta la sua esperienza, Cailliau non si sbilancia sui prossimi anni del web, ma individua alcuni spunti essenziali per il suo futuro. Innanzitutto il blog che, pur essendo ancora uno strumento molto giovane e acerbo, avrà sempre maggior peso in ogni tipo di contenuto e potrà veicolare sensibilità sociale, politica, ecologica, producendo conoscenza. «È vero – ammette Cailliau – che bisogna fare molta attenzione alla veridicità delle informazioni, ma questo accade anche nella vita reale». Per quanto riguarda il lato economico, invece, il futuro del web risiede nei micropagamenti: si tratta di piccoli trasferimenti di denaro in cambio, per esempio, di un servizio senza pubblicità, oppure in cambio di maggiori servizi.
GIOVANI E WIKIPEDIA – Il web è però minacciato da una forte inconsapevolezza che riguarda soprattutto le nuove generazioni. I servizi online che oggi permettono di pubblicare contenuti e informazioni personali online mascherano all'utente la collocazione fisica dei file. Un utilizzo superficiale del web, quindi, corrisponde a rinunciare ai propri dati, alla padronanza delle informazioni, compiendo così un passo indietro. Lo stesso accade per Wikipedia che «rappresenta proprio ciò che non volevamo che diventasse il web», afferma (sorprendentemente) Cailliau: una sola enciclopedia online, accentrata seppur collaborativa, è contraria alla struttura della rete, in cui la conoscenza è diffusa.
Marina Rossi
28 settembre 2007
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Questo post integra quello del 25 settembre u.s.
martedì 25 settembre 2007
Dopo anni ci si chiede ancora: cos’è internet?
“La rivoluzione tecnologica nella comunicazione, nel trasmettere le informazioni, è un fenomeno talmente nuovo che, per il momento, siamo riusciti solo a infatuarcene. Siamo nella fase dell’entusiasmo per un nuovo giocattolo che ci apre enormi possibilità, senza essere ancora riusciti a riflettere e che cosa serva, né a quali siano i contenuti trasmessi da questi straordinari strumenti. In realtà non si tratta che dell’ennesimo strumento creato dalla civiltà, tipo il coltello, che può servire sia a tagliare il pane, sia a decapitare. Ogni rivoluzione tecnica impone alla gente un aggiustamento dell’immaginazione. E sono processi che richiedono sempre tempi molto lunghi.”
Così si esprimeva, nel 2001, lo scrittore e giornalista Ryszard Kapuściński; sono passati circa sei anni, ma, quanto percepito dallo scrittore polacco, mi sembra non sia molto differente dalla reale situazione odierna.
Si dibatte molto, a livello giornalistico, ma anche a livello di “blogger”, cosa siano veramente la “rete”, i “blog” e quant’altro vi circoli attorno.
Alcuni giorni fa (20/9) ne hanno parlato Beppe Severgnini e Marco Pratellesi su “Punto Italians”, con una trasmissione diretta durante la quale rispondevano a domande poste da diversi utenti della rete. Per vedere il “video” clicca qui.
Stiamo ancora attendendo che “cresca”, che diventi qualcosa di ben definito, che non rimanga, per anni ancora, il giocattolo dalle grandi possibilità?
C’è chi giudica questo uno strumento di democrazia -fatto tutto da dimostrare- semplicemente perché ognuno può esprimere liberamente le proprie idee. Invece, credo che sia come il coltello di cui parla Kapuścińki: può essere sia uno strumento di democrazia, sia di anarchia.
Ma c’è anche chi sostiene che non sia più un fenomeno, bensì una realtà, una rivoluzione dell'informazione che sviluppa, per la sua propria natura, un senso di critica e di scelta molto più ampio di qualsiasi altro media. Internet è attualmente uno strumento di lavoro indispensabile, uno strumento d'informazione "gratuito" e completo e un luogo virtuale di scambio d'informazione.
Quale sarà, allora, la realtà?
Di certo c’è solo che … nulla è certo!
Così si esprimeva, nel 2001, lo scrittore e giornalista Ryszard Kapuściński; sono passati circa sei anni, ma, quanto percepito dallo scrittore polacco, mi sembra non sia molto differente dalla reale situazione odierna.
Si dibatte molto, a livello giornalistico, ma anche a livello di “blogger”, cosa siano veramente la “rete”, i “blog” e quant’altro vi circoli attorno.
Alcuni giorni fa (20/9) ne hanno parlato Beppe Severgnini e Marco Pratellesi su “Punto Italians”, con una trasmissione diretta durante la quale rispondevano a domande poste da diversi utenti della rete. Per vedere il “video” clicca qui.
Stiamo ancora attendendo che “cresca”, che diventi qualcosa di ben definito, che non rimanga, per anni ancora, il giocattolo dalle grandi possibilità?
C’è chi giudica questo uno strumento di democrazia -fatto tutto da dimostrare- semplicemente perché ognuno può esprimere liberamente le proprie idee. Invece, credo che sia come il coltello di cui parla Kapuścińki: può essere sia uno strumento di democrazia, sia di anarchia.
Ma c’è anche chi sostiene che non sia più un fenomeno, bensì una realtà, una rivoluzione dell'informazione che sviluppa, per la sua propria natura, un senso di critica e di scelta molto più ampio di qualsiasi altro media. Internet è attualmente uno strumento di lavoro indispensabile, uno strumento d'informazione "gratuito" e completo e un luogo virtuale di scambio d'informazione.
Quale sarà, allora, la realtà?
Di certo c’è solo che … nulla è certo!
Coccodrilli fucsia ... in Canal Grande. Se ne vanno!
Il 12 settembre u.s. avevo trattato sui coccodrilli di plastica fucsia che apparivano percorrendo il Canal Grande. Ne avevo parlato anche in precedenza su un post relativo alla Biennale.
Ora ne torno a parlare perché sembra che se ne vadano via. Finalmente!
Vi riporto la notizia apparsa, proprio oggi, su “Il Gazzettino”.
Se ne vanno i coccodrilli in plastica di Cracking Art
(m.f.) Hanno fatto discutere per l'idea, il colore, le dimensioni e anche perché non avevano le autorizzazioni necessarie per essere esposti. Certo è che i nove coccodrilli in plastica della Cracking Art si sono fatti notare per tutta l'estate. Ieri, nonostante fossero stati dichiarati "clandestini" da giugno, i primi rettiloni rosa fucsia sono stati tolti dal terrazzo dell'Omnibus a due passi da Ca' Farsetti e caricati a bordo di un mototopo.
In ogni caso, chi li ha piazzati ha ottenuto ciò che voleva: esporre la propria arte su un palcoscenico invidiabile come il canal Grande utilizzando il richiamo della Biennale come catalizzatore dell'attenzione. Non è la prima volta che questo gruppo d'avanguardia milanese fa simpatiche "incursioni" in centro storico con le sue sculture ispirate al mondo animale. Due anni fa furono i pinguini rossi a far discutere, ma poi furono così apprezzati che molti chiedevano dove si potessero acquistare. Ancora prima, misero una serie di tartarughe ai giardini della Biennale e anche in quel caso piacquero al punto che qualcuno pensò di rubarne un paio. In agosto il gruppo ha organizzato una mostra in collaborazione con l'hotel Bauer, dove sono ricomparsi anche i pinguini (alti tre metri) e diversi orsi.
Installate a inizio giugno, quando venne inaugurata la Biennale d'arte, pochi giorni dopo furono notate dalla soprintendente Renata Codello, in transito per il Canal Grande, che non gradì: quei bestioni colorati lunghi qualche metro, a suo giudizio, erano incompatibili con il paesaggio di Venezia. Fu così che si scoprì che erano pure abusivi. Quelli della Cracking Art, infatti, non si erano preoccupati di chiedere l'autorizzazione.
________________
Aggiornamento al 3 ottobre 2007 con l'articolo de IL GAZZETTINO
Nella segnalazione dei vigili urbani sono indicati sia gli artisti, che i proprietari dei poggioli sul Canal Grande che hanno ospitato le opere
Cracking art, denuncia in Procura per i coccodrilli
(r. br.) Dopo la multa, arriva anche la denuncia in Procura. Non c'è pietà per gli otto coccodrilli fucsia della cracking art che per tutta l'estate avevano campeggiato da altrettanti poggioli sul Canal Grande. Un'iniziativa di questo gruppo d'avanguardia, organizzata in concomitanza con la Biennale d'arte, senza però chiedere il permesso a nessuno, se non ai proprietari dei poggioli. É così, su segnalazione della Soprintendenza, si era mosso il Comune. Succedeva a giugno, ma i tempi della burocrazia sono stati decisamente lunghi. Solo alla fine dell'estate i vigili urbani hanno notificato le prime multe per occupazione abusiva di suolo pubblico. I crackers hanno quindi fatto a tempo ad organizzare un'altra festa in laguna e a cominciare a sbaraccare le loro ingombranti installazioni, ed ecco arrivare la segnalazione in Procura.
Un accanimento contro i coccodrilli? «Non potevamo fare altrimenti - spiega il comandante dei vigili urbani, Marco Agostini - c'era stata una precisa segnalazione della Soprintendenza. Per questo abbiamo proceduto sia per occupazione di suolo pubblico, per cui è prevista la sanzione amministrativa, che per violazione del testo unico per i beni culturali, che è invece un reato». Alla Procura i vigili hanno segnalato tutti: sia gli artisti, che i padroni dei poggioli che hanno ospitato le opere, per lo più albergatori. «Spetterà alla magistratura decidere il da farsi. Immagino che la cosa si chiuderà con un'ammenda».
Era stata la soprintendente in persona, Renata Codello, ad "accorgersi" di quei bestioni colorati e a chiedere chiarimenti ai suoi uffici e a Ca' Farsetti. Così si era scoperto che non erano autorizzati da nessuno. I cracker, d'altra parte, avevano fatto lo stesso anche in occasione delle precedente Biennale, quando sui poggioli avevano piazzato dei pinguini colorati, con la motivazione che ognuno può sistemare il «vaso di fiori che vuole sulla sua terrazza». Gli era andata bene, anche perché i pinguini non erano formato vaso di fiori, ma nemmeno grandi come i coccodrilli.
Ora ne torno a parlare perché sembra che se ne vadano via. Finalmente!
Vi riporto la notizia apparsa, proprio oggi, su “Il Gazzettino”.
Se ne vanno i coccodrilli in plastica di Cracking Art
(m.f.) Hanno fatto discutere per l'idea, il colore, le dimensioni e anche perché non avevano le autorizzazioni necessarie per essere esposti. Certo è che i nove coccodrilli in plastica della Cracking Art si sono fatti notare per tutta l'estate. Ieri, nonostante fossero stati dichiarati "clandestini" da giugno, i primi rettiloni rosa fucsia sono stati tolti dal terrazzo dell'Omnibus a due passi da Ca' Farsetti e caricati a bordo di un mototopo.
In ogni caso, chi li ha piazzati ha ottenuto ciò che voleva: esporre la propria arte su un palcoscenico invidiabile come il canal Grande utilizzando il richiamo della Biennale come catalizzatore dell'attenzione. Non è la prima volta che questo gruppo d'avanguardia milanese fa simpatiche "incursioni" in centro storico con le sue sculture ispirate al mondo animale. Due anni fa furono i pinguini rossi a far discutere, ma poi furono così apprezzati che molti chiedevano dove si potessero acquistare. Ancora prima, misero una serie di tartarughe ai giardini della Biennale e anche in quel caso piacquero al punto che qualcuno pensò di rubarne un paio. In agosto il gruppo ha organizzato una mostra in collaborazione con l'hotel Bauer, dove sono ricomparsi anche i pinguini (alti tre metri) e diversi orsi.
Installate a inizio giugno, quando venne inaugurata la Biennale d'arte, pochi giorni dopo furono notate dalla soprintendente Renata Codello, in transito per il Canal Grande, che non gradì: quei bestioni colorati lunghi qualche metro, a suo giudizio, erano incompatibili con il paesaggio di Venezia. Fu così che si scoprì che erano pure abusivi. Quelli della Cracking Art, infatti, non si erano preoccupati di chiedere l'autorizzazione.
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Aggiornamento al 3 ottobre 2007 con l'articolo de IL GAZZETTINO
Nella segnalazione dei vigili urbani sono indicati sia gli artisti, che i proprietari dei poggioli sul Canal Grande che hanno ospitato le opere
Cracking art, denuncia in Procura per i coccodrilli
(r. br.) Dopo la multa, arriva anche la denuncia in Procura. Non c'è pietà per gli otto coccodrilli fucsia della cracking art che per tutta l'estate avevano campeggiato da altrettanti poggioli sul Canal Grande. Un'iniziativa di questo gruppo d'avanguardia, organizzata in concomitanza con la Biennale d'arte, senza però chiedere il permesso a nessuno, se non ai proprietari dei poggioli. É così, su segnalazione della Soprintendenza, si era mosso il Comune. Succedeva a giugno, ma i tempi della burocrazia sono stati decisamente lunghi. Solo alla fine dell'estate i vigili urbani hanno notificato le prime multe per occupazione abusiva di suolo pubblico. I crackers hanno quindi fatto a tempo ad organizzare un'altra festa in laguna e a cominciare a sbaraccare le loro ingombranti installazioni, ed ecco arrivare la segnalazione in Procura.
Un accanimento contro i coccodrilli? «Non potevamo fare altrimenti - spiega il comandante dei vigili urbani, Marco Agostini - c'era stata una precisa segnalazione della Soprintendenza. Per questo abbiamo proceduto sia per occupazione di suolo pubblico, per cui è prevista la sanzione amministrativa, che per violazione del testo unico per i beni culturali, che è invece un reato». Alla Procura i vigili hanno segnalato tutti: sia gli artisti, che i padroni dei poggioli che hanno ospitato le opere, per lo più albergatori. «Spetterà alla magistratura decidere il da farsi. Immagino che la cosa si chiuderà con un'ammenda».
Era stata la soprintendente in persona, Renata Codello, ad "accorgersi" di quei bestioni colorati e a chiedere chiarimenti ai suoi uffici e a Ca' Farsetti. Così si era scoperto che non erano autorizzati da nessuno. I cracker, d'altra parte, avevano fatto lo stesso anche in occasione delle precedente Biennale, quando sui poggioli avevano piazzato dei pinguini colorati, con la motivazione che ognuno può sistemare il «vaso di fiori che vuole sulla sua terrazza». Gli era andata bene, anche perché i pinguini non erano formato vaso di fiori, ma nemmeno grandi come i coccodrilli.
domenica 23 settembre 2007
I "computer" ed i programmi non "...vanno in tilt"!
Alcuni giorni fa leggevo, su un quotidiano locale, che, nel Veneto, il comparto turistico, nel mese di luglio, era “andato bene”, ma questa era solo una sensazione perché i dati statistici di luglio (a metà settembre) non erano ancora disponibili in quanto, ricordo a memoria, “ … il programma (o il computer) era andato in tilt”.
Apro una parentesi. Ogni anno, soprattutto ad inizio stagione, vale a dire, nel caso di Venezia, ad inizio anno, gli operatori turistici, alla prima pioggerellina o al primo “ponte” con qualche turista in meno, iniziano il piagnisteo. La stagione andrà male, la propaganda è stata sbagliata, altri sono i responsabili di questa “débacle” e loro, albergatori & C., si vedranno costretti ad operare tagli, soprattutto riducendo il personale; ne risentirà l’intera economia cittadina e/o regionale. Al primo pienone … silenzio. Finisce la stagione e, nonostante tutto, va sempre bene! Chiudo la parentesi e torno al discorso iniziale: “ … il programma (o il computer) è andato in tilt”.
Si viene a sapere anche, che questo programma è nuovo ed è costato ben 450.000 euro (ripeto quattrocentocinquantamila euro!!!). Inoltre, altra “giustificazione”: i dati erano “una mole”!
Ed ancora: il vecchio programma, che funzionava, nel frattempo, è stato smesso!
Ora, venendo alla prima affermazione (il programma, o il computer, è andato in tilt), ci sono due possibilità: o il giornalista non ha capito … alcunché, ed ha voluto suscitare scalpore soprattutto con il titolo, o chi, a livello regionale (assessore, dirigente o funzionario) ha dato le informazioni, non le ha date corrette.
Precisiamo subito: i programmi od i computer “non vanno in tilt”; il computer può guastarsi, ma oggi, nel giro di poco tempo (anche questione di solo poche ore), si può riparare, magari solo con la sostituzione di una scheda.
Tempo addietro, quando non c’erano ancora i PC ed il computer si chiamava elaboratore o calcolatore, era un po’ diverso perché, a volte, dei guasti tenevano fermo il lavoro per parecchi giorni. Una volta, eravamo a metà degli anni ’70, il Sistema IBM 360/20, sul quale lavoravo, è stato fermo, in quanto i tecnici non riuscivano a trovare il guasto, una quindicina di giorni.
Ma torniamo ai giorni nostri: neppure il programma “va in tilt”! Il programma, invece, può funzionare male in quanto sbagliato, in quanto non tutte le condizioni sono state previste, in quanto l’autore può aver messo una virgola nel posto sbagliato. Insomma la causa è di chi ha fatto il programma, di chi non lo ha testato prima, magari riscontrando “in parallelo” con i risultati del programma in uso precedentemente, che, secondo le usanze del “buon padre di famiglia” non deve essere mai abbandonato prima d’essere certi del perfetto funzionamento del nuovo. E pensare che costa 450 mila euro!!! (qui, come sopra, i tre punti esclamativi ci vanno).
Mi sorge un dubbio: era proprio necessario sostituire il programma? Non vorrei che questa sostituzione fosse servita più che altro al fornitore che non alla corretta gestione dei dati dei flussi turistici nel Veneto.
Un’altra baggianata è “… la mole di dati …”. Innanzi tutto, chi fa il programma deve prevedere se i record saranno 100, o 1000, oppure qualche milione. E poi, questo poteva valere una volta quando il calcolatore di cui sopra (IBM 360/20) aveva una memoria centrale di 12 KB e quando i dischi (allora erano soprannominati “pignatte”) arrivavano a 5 MB! I dati di input di questi calcolatori erano registrazioni su schede perforate o su nastri magnetici di documenti cartacei; l’output, poi, era solo ed esclusivamente su carta stampata. Allora si poteva parlare di “mole di dati”.
Oggi, invece, i gigabytes che si trovano anche su un semplice PC, per non parlare dei “server” e dei nuovi sistemi, si sprecano; non ci sono problemi sotto questo punto di vista. Per quanto riguarda poi l’immissione dei dati, questi sono forniti in linea o su supporti elettronici a lettura veloce.
Quindi, non vengano a raccontare fiabe!
Tirando le somme di questo “affaire”, si può affermare che, in primo luogo, c’è stata una supervalutazione nel giudicare il nuovo programma, sempre che qualcuno abbia potuto decidere in alternativa ad altri programmi. E già qui, qualcosa mi puzza.
Poi abbiamo un errore, pacchiano secondo me, di chi (responsabile di qualche ufficio regionale), ha iniziato la sostituzione senza una prova in parallelo.
Infine un invito ai giornalisti: cercate di non spararle troppo grosse, oppure, documentatevi meglio!
Apro una parentesi. Ogni anno, soprattutto ad inizio stagione, vale a dire, nel caso di Venezia, ad inizio anno, gli operatori turistici, alla prima pioggerellina o al primo “ponte” con qualche turista in meno, iniziano il piagnisteo. La stagione andrà male, la propaganda è stata sbagliata, altri sono i responsabili di questa “débacle” e loro, albergatori & C., si vedranno costretti ad operare tagli, soprattutto riducendo il personale; ne risentirà l’intera economia cittadina e/o regionale. Al primo pienone … silenzio. Finisce la stagione e, nonostante tutto, va sempre bene! Chiudo la parentesi e torno al discorso iniziale: “ … il programma (o il computer) è andato in tilt”.
Si viene a sapere anche, che questo programma è nuovo ed è costato ben 450.000 euro (ripeto quattrocentocinquantamila euro!!!). Inoltre, altra “giustificazione”: i dati erano “una mole”!
Ed ancora: il vecchio programma, che funzionava, nel frattempo, è stato smesso!
Ora, venendo alla prima affermazione (il programma, o il computer, è andato in tilt), ci sono due possibilità: o il giornalista non ha capito … alcunché, ed ha voluto suscitare scalpore soprattutto con il titolo, o chi, a livello regionale (assessore, dirigente o funzionario) ha dato le informazioni, non le ha date corrette.
Precisiamo subito: i programmi od i computer “non vanno in tilt”; il computer può guastarsi, ma oggi, nel giro di poco tempo (anche questione di solo poche ore), si può riparare, magari solo con la sostituzione di una scheda.
Tempo addietro, quando non c’erano ancora i PC ed il computer si chiamava elaboratore o calcolatore, era un po’ diverso perché, a volte, dei guasti tenevano fermo il lavoro per parecchi giorni. Una volta, eravamo a metà degli anni ’70, il Sistema IBM 360/20, sul quale lavoravo, è stato fermo, in quanto i tecnici non riuscivano a trovare il guasto, una quindicina di giorni.
Ma torniamo ai giorni nostri: neppure il programma “va in tilt”! Il programma, invece, può funzionare male in quanto sbagliato, in quanto non tutte le condizioni sono state previste, in quanto l’autore può aver messo una virgola nel posto sbagliato. Insomma la causa è di chi ha fatto il programma, di chi non lo ha testato prima, magari riscontrando “in parallelo” con i risultati del programma in uso precedentemente, che, secondo le usanze del “buon padre di famiglia” non deve essere mai abbandonato prima d’essere certi del perfetto funzionamento del nuovo. E pensare che costa 450 mila euro!!! (qui, come sopra, i tre punti esclamativi ci vanno).
Mi sorge un dubbio: era proprio necessario sostituire il programma? Non vorrei che questa sostituzione fosse servita più che altro al fornitore che non alla corretta gestione dei dati dei flussi turistici nel Veneto.
Un’altra baggianata è “… la mole di dati …”. Innanzi tutto, chi fa il programma deve prevedere se i record saranno 100, o 1000, oppure qualche milione. E poi, questo poteva valere una volta quando il calcolatore di cui sopra (IBM 360/20) aveva una memoria centrale di 12 KB e quando i dischi (allora erano soprannominati “pignatte”) arrivavano a 5 MB! I dati di input di questi calcolatori erano registrazioni su schede perforate o su nastri magnetici di documenti cartacei; l’output, poi, era solo ed esclusivamente su carta stampata. Allora si poteva parlare di “mole di dati”.
Oggi, invece, i gigabytes che si trovano anche su un semplice PC, per non parlare dei “server” e dei nuovi sistemi, si sprecano; non ci sono problemi sotto questo punto di vista. Per quanto riguarda poi l’immissione dei dati, questi sono forniti in linea o su supporti elettronici a lettura veloce.
Quindi, non vengano a raccontare fiabe!
Tirando le somme di questo “affaire”, si può affermare che, in primo luogo, c’è stata una supervalutazione nel giudicare il nuovo programma, sempre che qualcuno abbia potuto decidere in alternativa ad altri programmi. E già qui, qualcosa mi puzza.
Poi abbiamo un errore, pacchiano secondo me, di chi (responsabile di qualche ufficio regionale), ha iniziato la sostituzione senza una prova in parallelo.
Infine un invito ai giornalisti: cercate di non spararle troppo grosse, oppure, documentatevi meglio!
sabato 22 settembre 2007
In diretta TV, via internet, il Coro Marmolada di Venezia ed il Coro Nives di Premana (LC)
Un po' di pubblicità non fa male!
Domenica 23 settembre, alle ore 16,30, potrete seguire -in diretta TV via internet- il concerto corale al quale partecipano il Coro Marmolada di Venezia ed il Coro Nives di Premana (LC).
Per collegarsi, "linkare" il sito http://www.vip-tv.it/
Se poi voleste leggere "Marmoléda", il notiziari-giornale del Coro Marmolada (Sett.2007 - n.33), potete scaricarlo in formato PDF cliccando qui.
Buon ascolto, buona visione e buona lettura!
Domenica 23 settembre, alle ore 16,30, potrete seguire -in diretta TV via internet- il concerto corale al quale partecipano il Coro Marmolada di Venezia ed il Coro Nives di Premana (LC).
Per collegarsi, "linkare" il sito http://www.vip-tv.it/
Se poi voleste leggere "Marmoléda", il notiziari-giornale del Coro Marmolada (Sett.2007 - n.33), potete scaricarlo in formato PDF cliccando qui.
Buon ascolto, buona visione e buona lettura!
L’italiano – Biografia di una lingua
Le “sparate” di Grillo, per non parlare di quelle di Bossi e Berlusconi, ma anche di Prodi & C., lo “scandalo” di Mastella, che si fa dare un passaggio in aereo per il G.P. di Monza, le lite, per così dire, in diretta, ed alla quale non ho assistito (per fortuna mia) fra Mike B. e Loretta Goggi, e tante altre amenità di questi giorni, veramente NON m’interessano.
Ed allora, visto che di quanto sopra trovate scritto di tutto e di più in giro fra i blog e su tutti i giornali, io, questa volta, tratterò d’altro.
Voglio scrivere di un libro del quale ho terminato la lettura proprio oggi.
Non è un romanzo e neppure un saggio.
Non è una raccolta di poesie.
Non è un libro dal tratto giornalistico.
Non è un libro di storia, nel senso più stretto del termine, ma è, pur sempre una storia,
“La storia” – si trova scritto nella quarta di copertina – “ricca e sorprendente del nostro bene culturale più prezioso: la lingua italiana”.
Gli autori sono due professori: Valeria Della Valle, professoressa di lessicografia e lessicologia italiana e Giuseppe Patota, professore di storia della lingua italiana. Si tratta quindi di due specialisti che, pur nella complessità del loro lavoro, hanno saputo esprimersi in un linguaggio accattivante e facile.
Il titolo del libro è: “L’italiano – Biografia di una lingua” (Sperling & Kupfer Editori) - Anno 2006 – Prezzo €.16,00.
Scoprirete, se non lo sapete già, (ma è sempre bene rinfrescare il proprio sapere) le origini della nostra lingua, o meglio, delle nostre lingue cosiddette volgari, la loro continuazione dal latino, più esatto è dire “dai latini”, proprio perché anche la lingua “madre” aveva diverse sfumature, diversi “dialetti”.
Troverete i primi passi del “volgare” e la preminenza del toscano, meglio dire del fiorentino, anche e soprattutto per merito di Dante che scrisse il “De vulgari eloquentia”, un trattato interamente dedicato al volgare italiano, scritto, però, in latino in quanto è un trattato di filosofia del linguaggio, e al tempo di Dante per scrivere di filosofia si adoperava il latino.
Troverete anche qualche curiosità sul perché certe parole ora si scrivono in un determinato modo, mentre nel latino “classico” si scrivevano diversamente: infatti esisteva anche un latino “non classico”, un latino che, nelle diverse parti dell’impero veniva parlato quotidianamente.
Una storia affascinante che giunge fino ai giorni nostri.
Nel dare spazio, qui sotto, a quanto scritto nella seconda di copertina, ve ne consiglio la lettura.
“La lingua italiana ha una grande storia: seguire il lungo e variegato percorso attraverso il quale si è formata e trasformata è come leggere un romanzo di avventure. Il primo capitolo di questo racconto affascinante si apre con le più antiche testimonianze del cosiddetto latino volgare, una lingua che per lungo tempo, dalla nascita di Roma al tardo impero, fu solo parlata ma finì per prevalere sul latino classico. Come lo sappiamo? Un curioso documento del terzo secolo d.C. mostra un insegnante alle prese con gli «errori» più comuni dei suoi allievi: si dice calumna, calida, auris; non calomna, calda, aricla, raccomanda il maestro, confermandoci così la derivazione dell'italiano dal latino parlato. Intrecciando la storia e l'analisi dei testi con curiosità e aneddoti, il libro si sofferma poi sulle tappe più significative del processo di innovazione del linguaggio: le prime poesie in lingua italiana; l'impegno di Dante per la diffusione del volgare; il modello di prosa fornito da Boccaccio; i dibattiti sulla presunta superiorità del fiorentino sugli altri volgari; la pubblicazione del primo vocabolario, dovuta all'impegno degli Accademici della Crusca; la scelta moderna di Galilei, che adoperò l'italiano per scrivere le sue opere scientifiche; il nuovo modello di lingua letteraria creato da Manzoni e così di seguito fino alle discutibili battaglie linguistiche intraprese dal regime fascista e all'affermazione dell'idioma nazionale attraverso la radio e la televisione. Un excursus di facile e piacevole lettura, che contiene tutto ciò che ogrti italiano dovrebbe sapere sulla propria bella e gloriosa lingua materna”.
Ed allora, visto che di quanto sopra trovate scritto di tutto e di più in giro fra i blog e su tutti i giornali, io, questa volta, tratterò d’altro.
Voglio scrivere di un libro del quale ho terminato la lettura proprio oggi.
Non è un romanzo e neppure un saggio.
Non è una raccolta di poesie.
Non è un libro dal tratto giornalistico.
Non è un libro di storia, nel senso più stretto del termine, ma è, pur sempre una storia,
“La storia” – si trova scritto nella quarta di copertina – “ricca e sorprendente del nostro bene culturale più prezioso: la lingua italiana”.
Gli autori sono due professori: Valeria Della Valle, professoressa di lessicografia e lessicologia italiana e Giuseppe Patota, professore di storia della lingua italiana. Si tratta quindi di due specialisti che, pur nella complessità del loro lavoro, hanno saputo esprimersi in un linguaggio accattivante e facile.
Il titolo del libro è: “L’italiano – Biografia di una lingua” (Sperling & Kupfer Editori) - Anno 2006 – Prezzo €.16,00.
Scoprirete, se non lo sapete già, (ma è sempre bene rinfrescare il proprio sapere) le origini della nostra lingua, o meglio, delle nostre lingue cosiddette volgari, la loro continuazione dal latino, più esatto è dire “dai latini”, proprio perché anche la lingua “madre” aveva diverse sfumature, diversi “dialetti”.
Troverete i primi passi del “volgare” e la preminenza del toscano, meglio dire del fiorentino, anche e soprattutto per merito di Dante che scrisse il “De vulgari eloquentia”, un trattato interamente dedicato al volgare italiano, scritto, però, in latino in quanto è un trattato di filosofia del linguaggio, e al tempo di Dante per scrivere di filosofia si adoperava il latino.
Troverete anche qualche curiosità sul perché certe parole ora si scrivono in un determinato modo, mentre nel latino “classico” si scrivevano diversamente: infatti esisteva anche un latino “non classico”, un latino che, nelle diverse parti dell’impero veniva parlato quotidianamente.
Una storia affascinante che giunge fino ai giorni nostri.
Nel dare spazio, qui sotto, a quanto scritto nella seconda di copertina, ve ne consiglio la lettura.
“La lingua italiana ha una grande storia: seguire il lungo e variegato percorso attraverso il quale si è formata e trasformata è come leggere un romanzo di avventure. Il primo capitolo di questo racconto affascinante si apre con le più antiche testimonianze del cosiddetto latino volgare, una lingua che per lungo tempo, dalla nascita di Roma al tardo impero, fu solo parlata ma finì per prevalere sul latino classico. Come lo sappiamo? Un curioso documento del terzo secolo d.C. mostra un insegnante alle prese con gli «errori» più comuni dei suoi allievi: si dice calumna, calida, auris; non calomna, calda, aricla, raccomanda il maestro, confermandoci così la derivazione dell'italiano dal latino parlato. Intrecciando la storia e l'analisi dei testi con curiosità e aneddoti, il libro si sofferma poi sulle tappe più significative del processo di innovazione del linguaggio: le prime poesie in lingua italiana; l'impegno di Dante per la diffusione del volgare; il modello di prosa fornito da Boccaccio; i dibattiti sulla presunta superiorità del fiorentino sugli altri volgari; la pubblicazione del primo vocabolario, dovuta all'impegno degli Accademici della Crusca; la scelta moderna di Galilei, che adoperò l'italiano per scrivere le sue opere scientifiche; il nuovo modello di lingua letteraria creato da Manzoni e così di seguito fino alle discutibili battaglie linguistiche intraprese dal regime fascista e all'affermazione dell'idioma nazionale attraverso la radio e la televisione. Un excursus di facile e piacevole lettura, che contiene tutto ciò che ogrti italiano dovrebbe sapere sulla propria bella e gloriosa lingua materna”.
lunedì 17 settembre 2007
Giornalisti in erba a Venezia
Ritorno sul blog dopo alcuni giorni di silenzio voluto.
In questi giorni abbiamo avuto il V-day di B.Grillo e la calata dei leghisti a Venezia.
Sul primo argomento, che comunque reputo negativo, molti blog ne hanno scritto e, quindi, non aggiungo altro.
Sul secondo, negativo al massimo, non vale neppure la pena parlarne!
Ed allora riprendo, dopo la pausa, segnalando un sito, che ho scoperto leggendo un giornale, “Il Venezia” (clicca qui per l’articolo), un sito creato da giovanissimi che, già da anni, si sono dedicati al giornalismo.
Questi ragazzi, partendo da un giornalino scolastico, hanno creato una casa editrice, la “Tg Veneziaedizioni“ ed hanno già prodotto un telegiornale dei ragazzi, che ha tutte le sue puntate on-line ed anche un giornale radio dei giovani anch'esso on-line. E non manca il “blog”.
Il tutto, ovviamente, rivolto ai giovani, ma che anche i meno giovani possono leggere, ascoltare e vedere..
A questi ragazzi un caloroso augurio da parte mia, che non sono più un ragazzo, ed ai miei “cinque lettori”, anche loro non più ragazzi, l’invito ad accedere a questo sito:
http://www.tgveneziaedizioni.it/index.html
In questi giorni abbiamo avuto il V-day di B.Grillo e la calata dei leghisti a Venezia.
Sul primo argomento, che comunque reputo negativo, molti blog ne hanno scritto e, quindi, non aggiungo altro.
Sul secondo, negativo al massimo, non vale neppure la pena parlarne!
Ed allora riprendo, dopo la pausa, segnalando un sito, che ho scoperto leggendo un giornale, “Il Venezia” (clicca qui per l’articolo), un sito creato da giovanissimi che, già da anni, si sono dedicati al giornalismo.
Questi ragazzi, partendo da un giornalino scolastico, hanno creato una casa editrice, la “Tg Veneziaedizioni“ ed hanno già prodotto un telegiornale dei ragazzi, che ha tutte le sue puntate on-line ed anche un giornale radio dei giovani anch'esso on-line. E non manca il “blog”.
Il tutto, ovviamente, rivolto ai giovani, ma che anche i meno giovani possono leggere, ascoltare e vedere..
A questi ragazzi un caloroso augurio da parte mia, che non sono più un ragazzo, ed ai miei “cinque lettori”, anche loro non più ragazzi, l’invito ad accedere a questo sito:
http://www.tgveneziaedizioni.it/index.html
mercoledì 12 settembre 2007
Coccodrilli fucsia ... in Canal Grande
Il 23 giugno, nell’ultimo post prima della sospensione estiva (clicca qui), vi proponevo alcune mie riflessione sulla Biennale d’Arte Contemporanea di quest’anno e sulle precedenti edizioni.
Al termine del post vi informavo che degli “ … orrendi coccodrilli di plastica stampata, di quattro metri circa, color fucsia …” si trovavano appesa a terrazzi di alberghi lungo il Canal Grande, e della cui esposizione la “Soprintendenza” aveva trovato da ridire.
Sembra che fosse necessario solamente un permesso, permesso che, dopo la prima protesta, evidentemente, non si è fatto attendere.
Ora questi coccodrilli sono ancora appesi e fanno “bella mostra”.
Io rimango del parere che dare il permesso è stata, ed è, un’offesa al buon gusto.
Ed ecco la foto di uno di questi esemplari.
Che ne dite?
Al termine del post vi informavo che degli “ … orrendi coccodrilli di plastica stampata, di quattro metri circa, color fucsia …” si trovavano appesa a terrazzi di alberghi lungo il Canal Grande, e della cui esposizione la “Soprintendenza” aveva trovato da ridire.
Sembra che fosse necessario solamente un permesso, permesso che, dopo la prima protesta, evidentemente, non si è fatto attendere.
Ora questi coccodrilli sono ancora appesi e fanno “bella mostra”.
Io rimango del parere che dare il permesso è stata, ed è, un’offesa al buon gusto.
Ed ecco la foto di uno di questi esemplari.
Che ne dite?
Nazionalismi e regionalismi (seguito)
Il 16 giugno scrivevo un post (clicca qui per rileggerlo) a commento di una lettera apparsa su Il Gazzettino.
Oggi l'estensore di detta lettera, avendo letto il mio post, mi ha inviato una cortese e-mail che ho provveduto a riportare fra i "commenti" al post stesso.
Ovviamente le sue opinioni sono contrarie alle mie, ma le pubblico volentieri perché innanzitutto è un suo diritto, ma anche perché, contrariamente ad altri "bloghisti", le sue parole non aggrediscono.
Se poi qualche altro lettore volesse dire cosa pensa in merito, sarà il benvenuto.
Oggi l'estensore di detta lettera, avendo letto il mio post, mi ha inviato una cortese e-mail che ho provveduto a riportare fra i "commenti" al post stesso.
Ovviamente le sue opinioni sono contrarie alle mie, ma le pubblico volentieri perché innanzitutto è un suo diritto, ma anche perché, contrariamente ad altri "bloghisti", le sue parole non aggrediscono.
Se poi qualche altro lettore volesse dire cosa pensa in merito, sarà il benvenuto.
domenica 9 settembre 2007
Lo "snanaramento" di Socrate
“Snanararse” è un termine veneziano che indica l’azione che fanno le anatre (in veneziano “anara”) quando si acquattano dimenandosi , quasi per trovare la posizione più comoda.
Ovviamente il verbo può venire traslato e significare non solo un’azione specifica di questi animali, ma anche il modo di fare con il quale, animali e uomini, prendono una posizione, godendo nel momento stesso in cui la eseguono.
Ed a proposito di animali, voglio raccontarvi di uno “snanaramento” del mio cane, Socrate, uno spinone italiano dal pelo chiaro,
che, trovandosi a spasso nelle montagne attorno a Raveo, s’imbatté in un luogo dove affiorava l’acqua: un prato umido, quasi un acquitrino.
Come capitò nel mezzo, affondando nel terreno per buoni venti centimetri con le zampe, pur avendo i piedi palmati, non si accontentò di correre sguazzando, ma si fermò e si accovacciò, anzi si acquattò, (“se snanarò”) movendo il posteriore proprio come fanno le anatre.
Naturalmente affondò nel terreno torboso e, poco dopo, tutto contento, tornò sul sentiero irriconoscibile: sembrava un orrido mostro nero!
Neppure un buon lavaggio con la pompa dell’acqua riuscì a riportarlo subito al precedente “splendore”!
Ovviamente il verbo può venire traslato e significare non solo un’azione specifica di questi animali, ma anche il modo di fare con il quale, animali e uomini, prendono una posizione, godendo nel momento stesso in cui la eseguono.
Ed a proposito di animali, voglio raccontarvi di uno “snanaramento” del mio cane, Socrate, uno spinone italiano dal pelo chiaro,
che, trovandosi a spasso nelle montagne attorno a Raveo, s’imbatté in un luogo dove affiorava l’acqua: un prato umido, quasi un acquitrino.
Come capitò nel mezzo, affondando nel terreno per buoni venti centimetri con le zampe, pur avendo i piedi palmati, non si accontentò di correre sguazzando, ma si fermò e si accovacciò, anzi si acquattò, (“se snanarò”) movendo il posteriore proprio come fanno le anatre.
Naturalmente affondò nel terreno torboso e, poco dopo, tutto contento, tornò sul sentiero irriconoscibile: sembrava un orrido mostro nero!
Neppure un buon lavaggio con la pompa dell’acqua riuscì a riportarlo subito al precedente “splendore”!
mercoledì 5 settembre 2007
Frittelle di mele e di salvia
Un’altra ricetta!
Questa volta, però, si tratta solo di una ricetta “recuperata”, sempre a Raveo.
L’occasione è stata la festa che è seguita al battesimo della mia nipotina e di un suo cugino, celebrato nella Chiesetta di Terranera.
Fra le varie specialità che gli invitati hanno gustato, alla fine di tutto c’erano le frittelle di mela e di salvia preparate dalla sig.ra Natalina di Colza di Enemonzo.
Ottime, ve l’assicuro!
Cliccate qui per l’edizione in PDF
Questa volta, però, si tratta solo di una ricetta “recuperata”, sempre a Raveo.
L’occasione è stata la festa che è seguita al battesimo della mia nipotina e di un suo cugino, celebrato nella Chiesetta di Terranera.
Fra le varie specialità che gli invitati hanno gustato, alla fine di tutto c’erano le frittelle di mela e di salvia preparate dalla sig.ra Natalina di Colza di Enemonzo.
Ottime, ve l’assicuro!
Cliccate qui per l’edizione in PDF
La polenta
Durante il mio recente soggiorno a Raveo non sono stato sempre a guardare le nuvole comodamente "stravaccato" in giardino, e, neppure, ho sempre badato alla nipotina.
Spesso mi sono trovato in cucina, il più delle volte a cucinare qualcosa solo per me, molto semplice, ma anche per la "comunità" di parenti (non sempre fanno venire il mal di denti), ed allora mi cimentavo con la polenta.
Sono uno "specialista della polenta", almeno a detta di chi la ha assaggiata.
Non serve granché per fare una buona polenta: basta seguire poche regole.
Comunque, io la faccio così! (clicca qui per la mia "ricetta" esposta in una presentazione in PwP).
Spesso mi sono trovato in cucina, il più delle volte a cucinare qualcosa solo per me, molto semplice, ma anche per la "comunità" di parenti (non sempre fanno venire il mal di denti), ed allora mi cimentavo con la polenta.
Sono uno "specialista della polenta", almeno a detta di chi la ha assaggiata.
Non serve granché per fare una buona polenta: basta seguire poche regole.
Comunque, io la faccio così! (clicca qui per la mia "ricetta" esposta in una presentazione in PwP).
martedì 4 settembre 2007
La nuova strada RAVEO – MUINA
Sabato 1° settembre, in quel di Raveo, è stata inaugurata ufficialmente una nuova strada, la intercomunale Raveo – Muina (frazione del comune di Ovaro) (vedi articolo de “Il Gazzettino” del 2.9).
Ci hanno messo cinquant’anni per averla!!!
E poi si dice di Venezia, dove tutto sembra molto più lungo. In fin dei conti per l’ultima opera, il famoso quarto ponte sul Canal Grande, il ponte di “Calatrava”, dal nome dell’architetto che lo ha progettato, sono stati necessari "solamente" dieci anni.
Torniamo, però, alla strada in questione. Già prima del terremoto del 1976, dalla parte di Raveo, avevano iniziato ad aprire una strada sterrata di circa 300 metri, che aveva preso il posto di un bel sentiero in mezzo ad un bosco di faggi, in parte con un muretto a secco. Quel sentiero continuava parte nel bosco, parte su una pietraia per tornare ancora in mezzo al bosco ed anche scendendo fino al letto del torrente Degano per poi risalire, fra i prati, al paesino di Muina.
Ora, la strada che ha distrutto questo sentiero non è che sia molto larga e, soprattutto, è una curva continua. Però accorcia notevolmente (dieci minuti circa) il percorso da e per Ovaro, e, quindi, Comeglians e Sappada.
Il percorso attraversa una località chiamata Terranera, che prende questo nome dal fatto che lì affiora del carbone, poca roba, che i paesani sfruttarono con l’apertura di due piccole miniere fino all’immediato ultimo dopoguerra. Le aperture di queste opere erano visibili ambedue e, con i lavori di sbancamento e marginamento, una, ora, non si vede più.
In questa località si trova una chiesetta, chiamata appunto della Madonna di Terranera, un opera votiva, che ha visto la luce nel 1890. Prima, quando esisteva ancora il sentiero, questa appariva improvvisamente solo all’ultimo momento, all’uscita dal bosco.
Oggi la chiesetta si vede da lontano e non ha più quella suggestione che aveva in passato e, per recarvisi a piedi (10 minuti), si è costretti a camminare sul ciglio della strada ponendo sempre attenzione alle automobili, per non parlare dei motorini assordanti, che appaiono sfrecciando all’improvviso da un dosso o da una curva.
Però, come dicono le autorità locali, si sono dotate “ … le rispettive comunità di un collegamento viario diretto, in grado di rafforzare le reciproche identità, da sempre affini per storia, cultura, economia”.
Nulla da eccepire, però, e qui mi rivolgo al sindaco: non sarebbe opportuno trovare un nuovo itinerario, sopra o sotto la strada, un nuovo piccolo sentiero, fra prati e boschi, da Cjaledonne (dove esisteva una fontana nelle acque della quale le ragazze del paese usavano specchiarsi) fino alla chiesetta?
N.B. - Per la storia della Chiesetta di Terranera : http://www.piovesan.net/raveo/rip/Raveo_testo.htm#_La_Chiesetta_della
Ci hanno messo cinquant’anni per averla!!!
E poi si dice di Venezia, dove tutto sembra molto più lungo. In fin dei conti per l’ultima opera, il famoso quarto ponte sul Canal Grande, il ponte di “Calatrava”, dal nome dell’architetto che lo ha progettato, sono stati necessari "solamente" dieci anni.
Torniamo, però, alla strada in questione. Già prima del terremoto del 1976, dalla parte di Raveo, avevano iniziato ad aprire una strada sterrata di circa 300 metri, che aveva preso il posto di un bel sentiero in mezzo ad un bosco di faggi, in parte con un muretto a secco. Quel sentiero continuava parte nel bosco, parte su una pietraia per tornare ancora in mezzo al bosco ed anche scendendo fino al letto del torrente Degano per poi risalire, fra i prati, al paesino di Muina.
Ora, la strada che ha distrutto questo sentiero non è che sia molto larga e, soprattutto, è una curva continua. Però accorcia notevolmente (dieci minuti circa) il percorso da e per Ovaro, e, quindi, Comeglians e Sappada.
Il percorso attraversa una località chiamata Terranera, che prende questo nome dal fatto che lì affiora del carbone, poca roba, che i paesani sfruttarono con l’apertura di due piccole miniere fino all’immediato ultimo dopoguerra. Le aperture di queste opere erano visibili ambedue e, con i lavori di sbancamento e marginamento, una, ora, non si vede più.
In questa località si trova una chiesetta, chiamata appunto della Madonna di Terranera, un opera votiva, che ha visto la luce nel 1890. Prima, quando esisteva ancora il sentiero, questa appariva improvvisamente solo all’ultimo momento, all’uscita dal bosco.
Oggi la chiesetta si vede da lontano e non ha più quella suggestione che aveva in passato e, per recarvisi a piedi (10 minuti), si è costretti a camminare sul ciglio della strada ponendo sempre attenzione alle automobili, per non parlare dei motorini assordanti, che appaiono sfrecciando all’improvviso da un dosso o da una curva.
Però, come dicono le autorità locali, si sono dotate “ … le rispettive comunità di un collegamento viario diretto, in grado di rafforzare le reciproche identità, da sempre affini per storia, cultura, economia”.
Nulla da eccepire, però, e qui mi rivolgo al sindaco: non sarebbe opportuno trovare un nuovo itinerario, sopra o sotto la strada, un nuovo piccolo sentiero, fra prati e boschi, da Cjaledonne (dove esisteva una fontana nelle acque della quale le ragazze del paese usavano specchiarsi) fino alla chiesetta?
N.B. - Per la storia della Chiesetta di Terranera : http://www.piovesan.net/raveo/rip/Raveo_testo.htm#_La_Chiesetta_della
lunedì 3 settembre 2007
Assurdo morire a 33 anni per andare a funghi
Di solito, nella stagione estiva, fra le varie notizie, si legge di qualche anziano che, dopo essere uscito da casa per andare a cercare funghi, non ha fatto ritorno. Il più delle volte trovano il corpo in qualche dirupo, privo di vita.
Ma, avere 33 anni, essere uno sportivo, praticare l’alpinismo ed il parapendio, e morire per essere andato a raccogliere qualche fungo, è assurdo.
Eppure è successo proprio a Raveo, quest’estate, pochi giorni dopo il mio arrivo.
Era un ragazzo del paese e, quindi, conosceva molto bene i luoghi; era, come accennavo all’inizio, un ragazzo sportivo e, forse proprio perché troppo sicuro delle sue capacità e conoscenze, ha commesso un tragico errore, un’imprudenza.
Alle 16 di sabato 30 giugno sentii e vidi un elicottero che s’aggirava sui monti proprio attorno al paese, come capita quando è cercato qualcuno. Venni subito a conoscenza che un ragazzo, uscito la mattina di casa, per andare a funghi, non vi aveva ancora fatto ritorno.
Dopo qualche giro le ricerche s’indirizzarono sopra Cuel Budin e Cuel Toront, due colli che, soprattutto dalla parte del torrente Degano, sono particolarmente scoscesi. Poco dopo vi fu un atterraggio in un prato all’inizio del paese e molti abitanti si recarono presso quel prato per avere notizie più precise. Tutti qui si conoscono e, quindi, s’interessavano alla sorte del ragazzo. Io non lo conoscevo personalmente, ma conosco i suoi genitori ed altri parenti.
Negli anni precedenti lo avevo ammirato, quasi ogni domenica, durante le sue evoluzioni con il parapendio sui cieli di Raveo.
Mentre anch’io raggiungevo il luogo nei pressi del quale era atterrato l’elicottero, questo ripartì dopo aver caricato a bordo un medico ed un infermiere. Il ragazzo era stato ritrovato da una squadra del soccorso alpino in un dirupo e, stando alle notizie che giungevano via radio, era cosciente. Quindi era ancora vivo e, almeno a quanto tutti speravano, i sanitari avrebbero dovuto metterlo in stato di sicurezza per trasportarlo poi all’ospedale. L’elicottero ritornò sul prato e l’attesa divenne un incubo. Passava il tempo, troppo tempo, e non giungevano nuove notizie. Passò quasi un’ora quando, all’improvviso, un cugino scoppio in pianto; tutti i presenti capirono subito quello che era successo e, in silenzio, tornarono alle loro case.
Il silenzio avvolse l’intero paese.
Ma, avere 33 anni, essere uno sportivo, praticare l’alpinismo ed il parapendio, e morire per essere andato a raccogliere qualche fungo, è assurdo.
Eppure è successo proprio a Raveo, quest’estate, pochi giorni dopo il mio arrivo.
Era un ragazzo del paese e, quindi, conosceva molto bene i luoghi; era, come accennavo all’inizio, un ragazzo sportivo e, forse proprio perché troppo sicuro delle sue capacità e conoscenze, ha commesso un tragico errore, un’imprudenza.
Alle 16 di sabato 30 giugno sentii e vidi un elicottero che s’aggirava sui monti proprio attorno al paese, come capita quando è cercato qualcuno. Venni subito a conoscenza che un ragazzo, uscito la mattina di casa, per andare a funghi, non vi aveva ancora fatto ritorno.
Dopo qualche giro le ricerche s’indirizzarono sopra Cuel Budin e Cuel Toront, due colli che, soprattutto dalla parte del torrente Degano, sono particolarmente scoscesi. Poco dopo vi fu un atterraggio in un prato all’inizio del paese e molti abitanti si recarono presso quel prato per avere notizie più precise. Tutti qui si conoscono e, quindi, s’interessavano alla sorte del ragazzo. Io non lo conoscevo personalmente, ma conosco i suoi genitori ed altri parenti.
Negli anni precedenti lo avevo ammirato, quasi ogni domenica, durante le sue evoluzioni con il parapendio sui cieli di Raveo.
Mentre anch’io raggiungevo il luogo nei pressi del quale era atterrato l’elicottero, questo ripartì dopo aver caricato a bordo un medico ed un infermiere. Il ragazzo era stato ritrovato da una squadra del soccorso alpino in un dirupo e, stando alle notizie che giungevano via radio, era cosciente. Quindi era ancora vivo e, almeno a quanto tutti speravano, i sanitari avrebbero dovuto metterlo in stato di sicurezza per trasportarlo poi all’ospedale. L’elicottero ritornò sul prato e l’attesa divenne un incubo. Passava il tempo, troppo tempo, e non giungevano nuove notizie. Passò quasi un’ora quando, all’improvviso, un cugino scoppio in pianto; tutti i presenti capirono subito quello che era successo e, in silenzio, tornarono alle loro case.
Il silenzio avvolse l’intero paese.
domenica 2 settembre 2007
NUVOLE
Prefazione
Dopo aver passato oltre due mesi in quel di Raveo, in Carnia, sono rientrato in “sede”! Due mesi trascorsi quasi sempre in compagnia della nipotina, che ha superato, da poco, i nove mesi.
Molto affascinante questa compagnia, ma, anche, un po’ stressante: essere nonni vuol dire non essere più giovani e, quindi, certe responsabilità sono più impegnative. Comunque, anche per dei fastidiosi dolori alle ginocchia, quando potevo, mi stendevo su una comoda sedia a sdraio in giardino, sotto l’ombrellone e, tra un sonnellino e l’altro, guardavo il cielo, guardavo le nuvole.
Ecco, quindi, il mio primo blog (ne seguiranno altri) di questo periodo di “vacanze”:
N U V O L E
Nuvola bianca e nuvola nera. Lo so, sono le due protagoniste di una nota canzone dello “Zecchino d’oro” di molti anni fa, però non è di questo che voglio trattare. Mi fisserò solo alle nuvole bianche, perché solo quelle mi sono soffermato a guardare più di qualche volta.
Avete mai provato a guardare le nuvole? Avete mai avuto del tempo da far passare in tranquillità, magari distesi su una comoda sedia a sdraio, con le gambe alzate, e senza che nessuno, nei dintorni, sia lì a disturbarvi?
Io, questa estate, ma anche negli anni precedenti, ho goduto di questa opportunità; ed uso in modo appropriato il verbo godere perché posso affermare che mi sono proprio divertito dato che ritengo di aver passato qualche ora piacevolmente.
Certo, ci vuole tempo, da perdere penserà qualcuno. Sì, è vero, però non basta; per divertirsi ci vuole, soprattutto, tanta fantasia.
Senza fantasia è veramente tempo perso.
Ritorniamo alle nuvole che, come precisato all’inizio, devono essere del tipo “bianco”. Deve essere una giornata di sole, possibilmente in montagna dove, da una certa ora del mattino, sulle cime si formano le nuvole, che poi il vento sposta.
Quello che interessa non è però il fenomeno fisico-meteorologico, ma le diversissime forme che assumono queste nuvole, che, poi, sono in continuo mutamento.
A questo punto basta socchiudere un po’ gli occhi e viaggiare con la fantasia ed ecco avanzare innumerevoli figure: profili antropomorfi di sconosciuti, ma anche di personaggi famosi; e poi, personaggi grotteschi e reminiscenze di racconti fantastici infantili: orchi, fate, streghe, gnomi e quant’altro. Ma non ci limitiamo alle forme umane, anche gli animali scorrono il cielo: cani, magari il proprio cane, elefanti, coccodrilli, scorpioni, cammelli, cavalli, con o senza cavaliere, uccelli di vario tipo, rapaci e tranquilli passerotti, ma anche pesci, granchi e delfini. Ed agli animali esistenti si aggiungono quelli fantastici: draghi, dinosauri di vario tipo e tanti altri.
Ed ancora: cherubini (ma non serafini, troni e dominazioni) e volti di fanciulli, quelli che, nelle vecchie carte geografiche, rappresentavano i venti.
Ma se spostate la visuale su un’altra nuvola e poi volete ricercare la forma precedente, questa, dopo qualche secondo, non è più la stessa, non è come l’avevate vista inizialmente: il volto od il profilo umano si è trasformato in un grottesco mascherone che, trascorsi altri secondi, cambia ancora, diventando, per esempio, un cane o un cavallo o un orco. La nuvola si divide, si sfuma e, a poco a poco, le forme svaniscono e non tornano più. Ma ecco avanzare un’altra nuvola ed il ciclo riprende; una strega avanza minacciosa e non promette nulla di buono; sembra un pericolo! No, non bisogna più aver paura. La strega si è trasformata in un’aquila, sempre un po’ temibile, ma, poco dopo, le forme si addolciscono ed ecco un tenero cagnone.
Qualcuno mi chiama; mi distraggo e le nuvole tornano ad essere solo … nuvole!
P.S. – Ho provato fotografare le nuvole nel momento in cui vedevo “qualcosa”. Ho guardato, quindi, le fotografie, ma, quasi sempre, quel “qualcosa” risultava non esserci più.
Dopo aver passato oltre due mesi in quel di Raveo, in Carnia, sono rientrato in “sede”! Due mesi trascorsi quasi sempre in compagnia della nipotina, che ha superato, da poco, i nove mesi.
Molto affascinante questa compagnia, ma, anche, un po’ stressante: essere nonni vuol dire non essere più giovani e, quindi, certe responsabilità sono più impegnative. Comunque, anche per dei fastidiosi dolori alle ginocchia, quando potevo, mi stendevo su una comoda sedia a sdraio in giardino, sotto l’ombrellone e, tra un sonnellino e l’altro, guardavo il cielo, guardavo le nuvole.
Ecco, quindi, il mio primo blog (ne seguiranno altri) di questo periodo di “vacanze”:
N U V O L E
Nuvola bianca e nuvola nera. Lo so, sono le due protagoniste di una nota canzone dello “Zecchino d’oro” di molti anni fa, però non è di questo che voglio trattare. Mi fisserò solo alle nuvole bianche, perché solo quelle mi sono soffermato a guardare più di qualche volta.
Avete mai provato a guardare le nuvole? Avete mai avuto del tempo da far passare in tranquillità, magari distesi su una comoda sedia a sdraio, con le gambe alzate, e senza che nessuno, nei dintorni, sia lì a disturbarvi?
Io, questa estate, ma anche negli anni precedenti, ho goduto di questa opportunità; ed uso in modo appropriato il verbo godere perché posso affermare che mi sono proprio divertito dato che ritengo di aver passato qualche ora piacevolmente.
Certo, ci vuole tempo, da perdere penserà qualcuno. Sì, è vero, però non basta; per divertirsi ci vuole, soprattutto, tanta fantasia.
Senza fantasia è veramente tempo perso.
Ritorniamo alle nuvole che, come precisato all’inizio, devono essere del tipo “bianco”. Deve essere una giornata di sole, possibilmente in montagna dove, da una certa ora del mattino, sulle cime si formano le nuvole, che poi il vento sposta.
Quello che interessa non è però il fenomeno fisico-meteorologico, ma le diversissime forme che assumono queste nuvole, che, poi, sono in continuo mutamento.
A questo punto basta socchiudere un po’ gli occhi e viaggiare con la fantasia ed ecco avanzare innumerevoli figure: profili antropomorfi di sconosciuti, ma anche di personaggi famosi; e poi, personaggi grotteschi e reminiscenze di racconti fantastici infantili: orchi, fate, streghe, gnomi e quant’altro. Ma non ci limitiamo alle forme umane, anche gli animali scorrono il cielo: cani, magari il proprio cane, elefanti, coccodrilli, scorpioni, cammelli, cavalli, con o senza cavaliere, uccelli di vario tipo, rapaci e tranquilli passerotti, ma anche pesci, granchi e delfini. Ed agli animali esistenti si aggiungono quelli fantastici: draghi, dinosauri di vario tipo e tanti altri.
Ed ancora: cherubini (ma non serafini, troni e dominazioni) e volti di fanciulli, quelli che, nelle vecchie carte geografiche, rappresentavano i venti.
Ma se spostate la visuale su un’altra nuvola e poi volete ricercare la forma precedente, questa, dopo qualche secondo, non è più la stessa, non è come l’avevate vista inizialmente: il volto od il profilo umano si è trasformato in un grottesco mascherone che, trascorsi altri secondi, cambia ancora, diventando, per esempio, un cane o un cavallo o un orco. La nuvola si divide, si sfuma e, a poco a poco, le forme svaniscono e non tornano più. Ma ecco avanzare un’altra nuvola ed il ciclo riprende; una strega avanza minacciosa e non promette nulla di buono; sembra un pericolo! No, non bisogna più aver paura. La strega si è trasformata in un’aquila, sempre un po’ temibile, ma, poco dopo, le forme si addolciscono ed ecco un tenero cagnone.
Qualcuno mi chiama; mi distraggo e le nuvole tornano ad essere solo … nuvole!
P.S. – Ho provato fotografare le nuvole nel momento in cui vedevo “qualcosa”. Ho guardato, quindi, le fotografie, ma, quasi sempre, quel “qualcosa” risultava non esserci più.
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