Venezia: ripartenza dopo la pandemia
Una "silicon lagoon" potrebbe essere una risorsa?
Molti già pensano e progettano come ripartire, nella nostra città, dopo la crisi provocata dalla pandemia.
Naturalmente i nostri attuali amministratori, con in testa il sindaco, pensano a una ripartenza indirizzata all'incremento di tutto ciò (a es. eventi vari che nulla hanno a che vedere con Venezia) che possa avviare maggiori attività che portino ad un turismo sempre più invadente. Questa non è la strada giusta.
Il turismo dovrà essere una delle risorse, ma non l'unica e, soprattutto non come prima.
Venezia è sempre, e pongo l'accento su "sempre", stata una città che ha accolto volentieri chi veniva e visitarla, ma l'abnorme sviluppo di questi ultimi anni ha portato a un depauperamento di cittadini e, cosa assai grave, di cultura. E quindi, ben venga il turismo, ma questa NON deve essere la sola risorsa, se così vogliamo chiamarla, per Venezia, anzi!
Con il solo turismo ne risentiranno sempre di più i residenti che, ovviamente, continueranno a diminuire.
Cosa allora proporre per una ripresa "equilibrata"?
Innanzitutto una politica che incoraggi la residenzialità, naturalmente operando sulle modalità di affitto, ma anche con attività diverse, dall'artigianato in tutte le sue forme ad attività commerciali che non siano bar o ristoranti e che non siano rivolte esclusivamente al turista. Per questo sarebbe opportuno ridurre tutte quelle attività rivolte solo a vendere paccottiglia!
A mio parere dovrebbe essere dato maggior impulso al settore digitale. E mi domando perché non arrivare a fare di Venezia anche una "silicon lagoon"?
È chiaro che per indirizzare una politica del genere, l'amministrazione comunale dovrebbe darsi da fare ma non solo lei; dovrebbero partecipare, quindi, anche l'Università e le aziende del settore (perché non anche quelle a livello mondiale?).
Questa, oltre a essere un'attività non inquinante, attirerebbe giovani ricercatori nella nostra città e potrebbe essere una possibilità di lavoro per giovani veneziani che non vogliono diventare solo "chefs" o camerieri o baristi.