Le dodici "canzonette francesi" riunite in questo
opuscolo, tratte dalle copie anastatiche di partiture originali raccolte nella
voluminosa pubblicazione "Canzoni da battello (1740-1750)", edita dalla
Regione del Veneto nella collana "Cultura popolare veneta", sono le
uniche in lingua straniera.
I circa cinquecento spartiti di canzoni da battello della
predetta raccolta e quelli sparsi nelle numerose raccolte pubbliche e private
italiane ed europee -in gran parte "nascoste"-, in dialetto veneziano o,
più tardi, in un affettato italiano, dimostrano come, fin dalla prima metà del
XVIII secolo, la città di Venezia fosse un'antesignana "capitale della
cultura europea", musicale, ma non solo.
Musicisti e letterati -esponenti della cultura "colta"- ([1])
s'interessarono a questo genere di espressione musicale che risuonava nei
canali veneziani, soprattutto nelle notti estive.
Evidentemente furono attratti da questo genere musicale
"popolare" anche poeti e musicisti -quasi sempre anonimi- di lingua
francese i quali, però, soprattutto all'inizio s'ispirarono (per non dire
"copiarono") alle arie e ai testi delle opere liriche di quel periodo.
Musicalmente, i gorgheggi e i virtuosismi delle cantanti hanno caratteristiche
non proprio popolari; i testi, poi, risentono molto dei libretti operistici che
si rifanno platealmente alla mitologia che fu ripresa, nel '600, in quella forma
letteraria denominata "Arcadia" che sosteneva il ritorno al classicismo.
Ed ecco allora che i nomi delle e degli amorosi non sono Nina o Nane, ma Cloris,
Filli e Aminta.
Coro Marmolada di Venezia
[1])
Benedetto Marcello, Carlo Goldoni, Giuseppe Tartini, Charles Burney
(storiografo britannico), Jean Jacques Rousseau,
Johann Adolf
Hasse, John Walsh (editore musicale) e altri.