Su IL GAZZETTINO di oggi 29 settembre appare un servizio sui prezzi a Venezia che sono molto più alti, in tutte le merci, di quelli effettuati nella cosiddetta “terraferma”, cioè a Mestre che fa sempre parte del Comune di Venezia (vedi articoli).
Il tutto nasce da una ricerca dell’”Osservatorio dei prezzi”, studio effettuato dall’Ufficio Statistica dello stesso Comune.
Che nella nostra città i prezzi fossero più alti era cosa risaputa, ma non a questi livelli, o per lo meno era solo percepita; oggi ne abbiamo la conferma statistica in barba al “pianto greco” di numerose categorie di commercianti, imprenditori, artigiani, …. . di “botegheri” insomma!
Si sa che qui incidono maggiormente i costi di trasporto in quanto c’è un passaggio in più: dal camion alla barca e, anche per tratti notevoli, … a mano. Ma da un’incidenza maggiore ad arrivare anche al 60% in più, evidentemente qualcosa non quadra.
Secondo me i maggiori costi dovuti al trasporto sono soltanto una scusa per poter imporre qualsiasi prezzo in una città dove la colpa di tutto è il turismo e coloro che sfruttano la città, i summenzionati “botegheri” ai quali si aggiungono albergatori, affittacamere e simili (quest’ultimi tutti in nero).
Per rendervi conto “linkate” al sito del Comune specifico. (Una volta entrati nel sito, per vedere queste differenze "cliccate" su "Osservatorio prezzi" e quindi su "Comunicato stampa")
Cosa comporta tutto ciò? Un po’ alla volta anche gli ultimi veneziani che non vivono sul turismo e non sono “botegheri”, sempre più impoveriti (o fatti impoverire) dovranno, per forza, lasciare la loro città. Quindi questa diventerà una specie di “Disneyland” dove i turisti, fra qualche anno ne faranno parte anche i cinesi che sono molti, non troveranno più veneziani, ma solo “finti veneziani”, magari in maschera o costume settecentesco, che canteranno nelle gondole un po’ di tutto, gondole che scivoleranno, non più sull’acqua, ma su una melma strana nata dal poco defluire delle acque per le chiusure dei portelloni del MOSE!!!
Di tutto un po'. In questo "blog" troverete "sfoghi" e pensieri, lettere inviate ai giornali e, forse, non pubblicate. Parlerò di Venezia, la mia Città, di quanto c'è di buono e di meno buono in essa, ma non mancheranno neppure argomenti di politica e di quello che capita nel mondo. Insomma ... un po' di tutto!!!
venerdì 29 settembre 2006
martedì 19 settembre 2006
“Il canto dei battipali” – Canto popolare veneziano che suscita, in qualcuno, particolari “crisi di attenzione”
Alcuni lettori di questo “blog” sanno già che il sottoscritto fa parte di un coro, altri non lo sapevano e lo sanno ora. Quest’ultimi potranno “linkare” (che brutto modo di dire) sul sito del Coro Marmolada proprio qui di fianco.
Detto questo vorrei raccontare di una situazione sorta proprio ieri sera, durante le prove, relativamente ad un canto del nostro repertorio che stavamo ripassando.
Il canto s’intitola “Il ritmo dei battipali” ed è un canto di lavoro veneziano le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
Chi desiderasse maggiori delucidazioni potrà trovarle “cliccando” qui.
Come avrete certamente capito, dopo aver letto le “delucidazioni”, si tratta di un testo le cui strofe erano inventate di volta in volta per dare il ritmo al durissimo lavoro dei “battipali”; è un testo (vedi nota in calce) evidentemente inventato da persone che conoscevano la storia della loro città, storia intrisa, molte volte, di leggenda. Le strofe riportate non sono le uniche, ma una parte di moltissime edizioni nate nel corso dei secoli; sono, però, quelle più conosciute, forse perché le più usate.
La questione di ieri sera è nata dall’intervento di un corista che ha ritenuto di suggerire l’eventualità di modificare il testo, adottando altre strofe, per il particolare momento di tensione in cui stiamo vivendo. A queste affermazioni è nato un piccolo putiferio sedato subito dalla disciplina imposta dal maestro del coro.
Porgere delle attenzioni particolari ad un mondo che non vuol dialogare (per dialogare bisogna essere in due, altrimenti si tratta di monologhi) mi sembra esagerato in questo caso specifico. Il testo è quello che è, lo è stato per secoli, e non vedo l’opportunità di modificarlo. Inoltre viene evidenziato un periodo storico, molto lungo, interessato da guerre fra veneziani e turchi che non erano guerre di religione (guerre sante come si dice oggi) ma guerre per il predominio dei mari al fine di un espansionismo commerciale che arricchiva. Erano anche guerre di difesa da parte dei veneziani, ed europei in genere, perché non possiamo dimenticare che i turchi arrivarono fino alle porte di Vienna e che la città-fortezza di Palmanova fu costruita dai veneziani proprio in difesa dei turchi.
Che dopo le parole siano condite con espressioni del vernacolo veneziano (“turco cane” o “fede … pagana”) questo dà senz’altro una maggiore schiettezza al canto stesso.
_________________________________________
Nota:
O issa eh - E issalo in alto oh
Ma in alto bene eh - Poichè conviene oh
Per 'sto lavoro eh - Che noi l'abbiamo oh
Ma incominciato eh - Ma se Dio vuole oh
Lo feniremo eh - Col santo aiuto oh
Viva San Marco eh - Repubblicano oh
Quello che tiene eh - L'arma alla mano oh
Ma per distruggere eh - El turco cane oh
Fede di Cristo eh - La xé cristiana oh
Quela dei turchi eh - La xé pagana oh
Detto questo vorrei raccontare di una situazione sorta proprio ieri sera, durante le prove, relativamente ad un canto del nostro repertorio che stavamo ripassando.
Il canto s’intitola “Il ritmo dei battipali” ed è un canto di lavoro veneziano le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
Chi desiderasse maggiori delucidazioni potrà trovarle “cliccando” qui.
Come avrete certamente capito, dopo aver letto le “delucidazioni”, si tratta di un testo le cui strofe erano inventate di volta in volta per dare il ritmo al durissimo lavoro dei “battipali”; è un testo (vedi nota in calce) evidentemente inventato da persone che conoscevano la storia della loro città, storia intrisa, molte volte, di leggenda. Le strofe riportate non sono le uniche, ma una parte di moltissime edizioni nate nel corso dei secoli; sono, però, quelle più conosciute, forse perché le più usate.
La questione di ieri sera è nata dall’intervento di un corista che ha ritenuto di suggerire l’eventualità di modificare il testo, adottando altre strofe, per il particolare momento di tensione in cui stiamo vivendo. A queste affermazioni è nato un piccolo putiferio sedato subito dalla disciplina imposta dal maestro del coro.
Porgere delle attenzioni particolari ad un mondo che non vuol dialogare (per dialogare bisogna essere in due, altrimenti si tratta di monologhi) mi sembra esagerato in questo caso specifico. Il testo è quello che è, lo è stato per secoli, e non vedo l’opportunità di modificarlo. Inoltre viene evidenziato un periodo storico, molto lungo, interessato da guerre fra veneziani e turchi che non erano guerre di religione (guerre sante come si dice oggi) ma guerre per il predominio dei mari al fine di un espansionismo commerciale che arricchiva. Erano anche guerre di difesa da parte dei veneziani, ed europei in genere, perché non possiamo dimenticare che i turchi arrivarono fino alle porte di Vienna e che la città-fortezza di Palmanova fu costruita dai veneziani proprio in difesa dei turchi.
Che dopo le parole siano condite con espressioni del vernacolo veneziano (“turco cane” o “fede … pagana”) questo dà senz’altro una maggiore schiettezza al canto stesso.
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Nota:
O issa eh - E issalo in alto oh
Ma in alto bene eh - Poichè conviene oh
Per 'sto lavoro eh - Che noi l'abbiamo oh
Ma incominciato eh - Ma se Dio vuole oh
Lo feniremo eh - Col santo aiuto oh
Viva San Marco eh - Repubblicano oh
Quello che tiene eh - L'arma alla mano oh
Ma per distruggere eh - El turco cane oh
Fede di Cristo eh - La xé cristiana oh
Quela dei turchi eh - La xé pagana oh
domenica 17 settembre 2006
Raveo – Breve cronistoria della ventilata apertura della cava di gesso.
Vi racconterò -come avevo promesso al mio ritorno dalla villeggiatura in quel di Raveo- la storia della cava di gesso che qualcuno vorrebbe aprire da quelle parti.
Le montagne che sovrastano il paese, ed in particolare la zona prestabilita, sono formate “... da alternanza di piccole stratificazioni gessose e gessoso – marnose, intercalate a livelli calcareo – marnosi”, com’è indicato dalla Relazione Geologica del Piano Urbanistico Regionale Generale (P.U.R.G.).
Negli anni ’80 l’amministrazione comunale, nel redigere ed approvare il Piano Regolatore Generale (PRG) del territorio, stabilì che una zona, di più modesta area e diversa da quell’attuale, fosse destinata ad attività estrattiva.
A fine anni ’90 altri amministratori, quelli che conclusero il loro mandato con le ultime elezioni amministrative (2004), spostarono, con una variante al PRG, l’area aumentandone la superficie e, ovviamente, anche la cubatura del materiale da estrarre.
L’area interessata, attualmente boschiva, è formata da diverse proprietà. Nel corso degli ultimi anni la società interessata a “coltivare” la cava ha cercato in diverse maniere di acquistare dette proprietà offrendo anche importi “importanti” ai singoli proprietari. Ci fu chi, allettato dall’offerta, cedette e chi no. Purtroppo ci fu anche chi cercò di speculare, acquistando dai proprietari per poi rivendere alla società interessata, guadagnandoci sopra.
Naturalmente tutti questi “movimenti” erano portati avanti con molta “discrezione” per non allarmare il mercato e, ovviamente, la popolazione che, nonostante il PRG e le sue varianti fossero stati pubblicati all’albo comunale, non aveva valutato bene quale sarebbe stato l’impatto dell’attività estrattiva.
Qualcuno si oppose a questo modo di amministrare il territorio comunale e, nel 2003, sorsero le prime manifestazioni spontanee di cittadini contrari alla cava.
Il tutto portò, nel 2004, ad un avvicendamento nell’amministrazione comunale che, oggi, è assolutamente contraria all’inizio di un’attività estrattiva che nuocerebbe all’ambiente in generale e, ovviamente, alle altre attività artigianali ed agricole nonché alla popolazione.
Ricorsi dietro ricorsi, prese di posizione della popolazione di Raveo, con in testa l’Amministrazione Comunale, ma anche di non residenti, d’autorità (sindaci dei paesi vicini, Amministrazione Provinciale, Comunità Montana) ed associazioni varie, si sono susseguiti fino a quest’ultima estate 2006 in attesa delle decisioni della Commissione Regionale per la valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.).
E proprio nel bel mezzo dell’estate è arrivata la mazzata! La commissione VIA ha dato parere favorevole con il voto anche del presidente, l’Assessore Regionale all’Ambiente Moretton, il quale ha precisato che i pareri richiesti erano in maggioranza favorevoli; questo non è assolutamente vero! Il sindaco di Raveo pubblicamente lo ha smentito ed ha chiesto spiegazioni. Arriveranno?
Il 22 agosto u.s. una nutrita assemblea d’abitanti di Raveo (approssimativamente fra il 30 ed il 40% del corpo elettorale) ha discusso animatamente il problema palesando la volontà di non volere la cava.
Ora si mettono in campo anche le forze politiche della Carnia ed allora … siamo in una botte di ferro!
Come andrà a finire? Vi terrò informati.
_______________________________
Chi volesse approfondire l’argomento potrà collegarsi al link http://www.piovesan.net/raveo/index.asp dove troverà documentazione varia nonché una nutrita rassegna stampa sull’argomento.
_______________________________
Quelle che seguono sono le conclusioni della perizia geologica commissionata dal Comune di Raveo:
1) POSSIBILI CONSEGUENZE.
L’apertura di una cava a cielo aperto espone all’azione degli agenti esogeni i litotipi presenti in zona che, non più protetti dalla copertura arboreo – vegetale, subiranno, essendo facilmente erodibili, un rapido degrado.
L’alterazione delle caratteristiche meccaniche si propagherà, per ovvi fenomeni d’infiltrazione di acque meteoriche (fenomeni non evitabili in alcun modo), alle zone limitrofe non direttamente interessate all’area di scavo, con conseguenze, se pur non quantitativamente valutabili al momento, sicuramente rilevanti.
L’ipotesi più probabile che si può al momento formulare contempla una continua e progressiva destabilizzazione dei terreni posti ai margini della zona d’intervento, con conseguente innesco di fenomeni franosi di varia entità che, una volta in atto, risulterà difficile, oltre ad essere estremamente oneroso, circoscrivere e limitare.
L’importanza e l’estensione degli stessi risulterà, inoltre, crescere al trascorrere del tempo, parallelamente ai maggiori volumi di terreno interessati dalle infiltrazioni delle acque meteoriche.
2) CONSIDERAZIONI FINALI.
L’apertura di una cava a cielo aperto, con conseguente rimozione della copertura arboreo – vegetale, determinerà l’infiltrazione delle acque meteoriche nel terreno. Poiché quest’ultimo è di natura facilmente erodibile, è assai probabile che si inneschino fenomeni franosi che porteranno, con il trascorrere del tempo, al progressivo collassamento dei terreni circostanti la cava.
Tali fenomeni risulteranno difficilmente circoscrivibili, ed i vari interventi a salvaguardia del territorio risulteranno comunque assai onerosi.
Le montagne che sovrastano il paese, ed in particolare la zona prestabilita, sono formate “... da alternanza di piccole stratificazioni gessose e gessoso – marnose, intercalate a livelli calcareo – marnosi”, com’è indicato dalla Relazione Geologica del Piano Urbanistico Regionale Generale (P.U.R.G.).
Negli anni ’80 l’amministrazione comunale, nel redigere ed approvare il Piano Regolatore Generale (PRG) del territorio, stabilì che una zona, di più modesta area e diversa da quell’attuale, fosse destinata ad attività estrattiva.
A fine anni ’90 altri amministratori, quelli che conclusero il loro mandato con le ultime elezioni amministrative (2004), spostarono, con una variante al PRG, l’area aumentandone la superficie e, ovviamente, anche la cubatura del materiale da estrarre.
L’area interessata, attualmente boschiva, è formata da diverse proprietà. Nel corso degli ultimi anni la società interessata a “coltivare” la cava ha cercato in diverse maniere di acquistare dette proprietà offrendo anche importi “importanti” ai singoli proprietari. Ci fu chi, allettato dall’offerta, cedette e chi no. Purtroppo ci fu anche chi cercò di speculare, acquistando dai proprietari per poi rivendere alla società interessata, guadagnandoci sopra.
Naturalmente tutti questi “movimenti” erano portati avanti con molta “discrezione” per non allarmare il mercato e, ovviamente, la popolazione che, nonostante il PRG e le sue varianti fossero stati pubblicati all’albo comunale, non aveva valutato bene quale sarebbe stato l’impatto dell’attività estrattiva.
Qualcuno si oppose a questo modo di amministrare il territorio comunale e, nel 2003, sorsero le prime manifestazioni spontanee di cittadini contrari alla cava.
Il tutto portò, nel 2004, ad un avvicendamento nell’amministrazione comunale che, oggi, è assolutamente contraria all’inizio di un’attività estrattiva che nuocerebbe all’ambiente in generale e, ovviamente, alle altre attività artigianali ed agricole nonché alla popolazione.
Ricorsi dietro ricorsi, prese di posizione della popolazione di Raveo, con in testa l’Amministrazione Comunale, ma anche di non residenti, d’autorità (sindaci dei paesi vicini, Amministrazione Provinciale, Comunità Montana) ed associazioni varie, si sono susseguiti fino a quest’ultima estate 2006 in attesa delle decisioni della Commissione Regionale per la valutazione d’Impatto Ambientale (V.I.A.).
E proprio nel bel mezzo dell’estate è arrivata la mazzata! La commissione VIA ha dato parere favorevole con il voto anche del presidente, l’Assessore Regionale all’Ambiente Moretton, il quale ha precisato che i pareri richiesti erano in maggioranza favorevoli; questo non è assolutamente vero! Il sindaco di Raveo pubblicamente lo ha smentito ed ha chiesto spiegazioni. Arriveranno?
Il 22 agosto u.s. una nutrita assemblea d’abitanti di Raveo (approssimativamente fra il 30 ed il 40% del corpo elettorale) ha discusso animatamente il problema palesando la volontà di non volere la cava.
Ora si mettono in campo anche le forze politiche della Carnia ed allora … siamo in una botte di ferro!
Come andrà a finire? Vi terrò informati.
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Chi volesse approfondire l’argomento potrà collegarsi al link http://www.piovesan.net/raveo/index.asp dove troverà documentazione varia nonché una nutrita rassegna stampa sull’argomento.
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Quelle che seguono sono le conclusioni della perizia geologica commissionata dal Comune di Raveo:
1) POSSIBILI CONSEGUENZE.
L’apertura di una cava a cielo aperto espone all’azione degli agenti esogeni i litotipi presenti in zona che, non più protetti dalla copertura arboreo – vegetale, subiranno, essendo facilmente erodibili, un rapido degrado.
L’alterazione delle caratteristiche meccaniche si propagherà, per ovvi fenomeni d’infiltrazione di acque meteoriche (fenomeni non evitabili in alcun modo), alle zone limitrofe non direttamente interessate all’area di scavo, con conseguenze, se pur non quantitativamente valutabili al momento, sicuramente rilevanti.
L’ipotesi più probabile che si può al momento formulare contempla una continua e progressiva destabilizzazione dei terreni posti ai margini della zona d’intervento, con conseguente innesco di fenomeni franosi di varia entità che, una volta in atto, risulterà difficile, oltre ad essere estremamente oneroso, circoscrivere e limitare.
L’importanza e l’estensione degli stessi risulterà, inoltre, crescere al trascorrere del tempo, parallelamente ai maggiori volumi di terreno interessati dalle infiltrazioni delle acque meteoriche.
2) CONSIDERAZIONI FINALI.
L’apertura di una cava a cielo aperto, con conseguente rimozione della copertura arboreo – vegetale, determinerà l’infiltrazione delle acque meteoriche nel terreno. Poiché quest’ultimo è di natura facilmente erodibile, è assai probabile che si inneschino fenomeni franosi che porteranno, con il trascorrere del tempo, al progressivo collassamento dei terreni circostanti la cava.
Tali fenomeni risulteranno difficilmente circoscrivibili, ed i vari interventi a salvaguardia del territorio risulteranno comunque assai onerosi.
Grazie San Marco!
Da questa mattina, anzi da questa notte, qui a Venezia sta “scravassando” (scravassar= termine onomatopeico veneziano che indica il piovere a scrosci).
Grazie San Marco!
Ma c’è di più: la marea, anche aiutata dal vento e dalla bassa pressione, ha raggiunto + 90 cm. sul “medio mare”; quindi la Piazza (ovviamente l’unica piazza di Venezia, quella di San Marco, tutti gli altri spazi vengono chiamati Campi) è andata sotto acqua, così come altre parti, quelle più basse, della Città.
Grazie San Marco!
Ma perché, si chiederà qualcuno, ringraziare il santo protettore della città per questi fatti meteorologici?
Grazie San Marco perché facendo piovere a dirotto ed alimentando la marea hai permesso il fallimento dell’invasione dei “padani”, richiamati dal capo sciamano a celebrare i loro riti celtici, offensivi e razzisti.
Gli anni scorsi, però ogni anno sempre meno, c’era, nella mattinata, un continuo affluire di fazzoletti e cappellini verdi, di bandiere con il sole celtico e, purtroppo di bandiere, quelle ad uso turistico, con il Tuo simbolo.
Questa mattina, sotto la pioggia, sono uscito per “controllare” e, grazie San Marco, non ho visto cappellini e fazzoletti verdi e neppure una bandiera!
Grazie San Marco!
Grazie San Marco!
Ma c’è di più: la marea, anche aiutata dal vento e dalla bassa pressione, ha raggiunto + 90 cm. sul “medio mare”; quindi la Piazza (ovviamente l’unica piazza di Venezia, quella di San Marco, tutti gli altri spazi vengono chiamati Campi) è andata sotto acqua, così come altre parti, quelle più basse, della Città.
Grazie San Marco!
Ma perché, si chiederà qualcuno, ringraziare il santo protettore della città per questi fatti meteorologici?
Grazie San Marco perché facendo piovere a dirotto ed alimentando la marea hai permesso il fallimento dell’invasione dei “padani”, richiamati dal capo sciamano a celebrare i loro riti celtici, offensivi e razzisti.
Gli anni scorsi, però ogni anno sempre meno, c’era, nella mattinata, un continuo affluire di fazzoletti e cappellini verdi, di bandiere con il sole celtico e, purtroppo di bandiere, quelle ad uso turistico, con il Tuo simbolo.
Questa mattina, sotto la pioggia, sono uscito per “controllare” e, grazie San Marco, non ho visto cappellini e fazzoletti verdi e neppure una bandiera!
Grazie San Marco!
venerdì 15 settembre 2006
Tutto tace
Oggi ho navigato, con una certa curiosità, fra la decina di “blog” che di solito visito.
In considerazione che gli autori di molti di questi dimostrano, ed alcuni si dichiarano, di essere mangiapreti o anticlericali, oppure liberi pensatori la cui religione è la sola Ragione, mi aspettavo qualche “post” sulla … “guerra” alla “guerra santa” da parte del Papa.
Tutto tace!!! Boh?
In considerazione che gli autori di molti di questi dimostrano, ed alcuni si dichiarano, di essere mangiapreti o anticlericali, oppure liberi pensatori la cui religione è la sola Ragione, mi aspettavo qualche “post” sulla … “guerra” alla “guerra santa” da parte del Papa.
Tutto tace!!! Boh?
giovedì 7 settembre 2006
“ANNI DURI”: un libro autobiografico di don Primo Paties presentato a Raveo il 20.8.2006
Anche il commento a questo libro o, più propriamente il parlarne, è legato al paese di Raveo perché l’autore, un sacerdote di 83 anni, monsignore, ma che preferisce essere chiamato solo don Primo, da molti anni frequenta, come il sottoscritto, questo piccolo paese carnico in occasione delle ferie estive.
"Un sacerdote di 83 anni ricorda la sua gioventù. Un lungo viaggio nella povertà dei paesi e nella speranza delle persone"; questo è scritto nella IV di copertina. E proprio la povertà, ma sarebbe meglio parlare di miseria, è la protagonista. “Anni duri”, il titolo, è veramente appropriato.
Don Primo racconta, con semplicità e con incisività, caratteristiche della sua personalità, gli anni dell’infanzia e della giovinezza trascorsi in un borgo, Pedemonte, ai piedi della montagna friulana sulla destra del fiume Tagliamento, ma anche a Treppo Carnico, il paese della madre e dove nacque.
Sono ricordi che riportano al tempo passato quando tutti, e non solo i poveri, vivevano più semplicemente; non esisteva il consumismo!
Ma non si tratta solo di un libro di ricordi per il solo piacere di ricordare.
Infatti, in queste pagine scopriamo anche il percorso travagliato che portò l’autore a diventare prete. Un percorso spirituale forse al di fuori di quella che poteva essere la regola per arrivare al sacerdozio, una regola che allora, per alcuni, poteva essere solo una via di scampo da una vita grama.
Leggendo questo libro anch’io, pur più giovane (o, se preferite, meno anziano) dell’autore, sono tornato ai miei anni giovanili quando frequentavo le scuole elementari. Allora mi colpiva, e lo ricordo benissimo ancora oggi, il momento in cui uscivamo da scuola dopo la fine delle lezioni. Eravamo divisi in due gruppi: c’era chi, come il sottoscritto, varcava il portone e, dopo aver sciolto le righe, prendeva la via di casa e chi, invece, si avviava, sempre in riga, verso i locali della palestra dove era servita la “refezione scolastica”, una minestra ed un panino (pane comune o pane nero), ai bambini poveri che erano anche “ufficialmente poveri” perché le loro famiglie erano iscritte in un registro comunale chiamato ordinariamente “libro dei poveri”!
E mi ricordo ancora l’odore della minestra che arrivava fino alle aule durante l’ultima ora.
Questo capitava in città, dopo la seconda guerra mondiale. Gli anni giovanili di don Primo si collocano, invece, attorno alla fine degli anni ’20 e nel decennio successivo; evidentemente i “Campi Dux”, le colonie montane e marine e le refezioni scolastiche non arrivavano fino a Pedemonte. Ma neppure l’INPS vi arrivava, pur essendo don Primo orfano di padre, muratore deceduto sul lavoro in Eritrea a costruire le strade per l’Impero.
Nella parte finale, dove entra in scena la vita in seminario, don Primo, diventato poi educatore ed insegnante (docente di storia e filosofia, preside e rettore dell’Istituto G.Marconi di Portgruaro), non risparmia critiche ai metodi educativi, quasi repressivi della personalità dei giovani, usati nel seminario stesso e nelle scuole cattoliche di allora.
Il libro è stato presentato in anteprima a Raveo il 20 agosto u.s.
_________________________________________________________________________
“Anni duri” di don Primo Paties
Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone
Finito di stampare nel luglio 2006.
"Un sacerdote di 83 anni ricorda la sua gioventù. Un lungo viaggio nella povertà dei paesi e nella speranza delle persone"; questo è scritto nella IV di copertina. E proprio la povertà, ma sarebbe meglio parlare di miseria, è la protagonista. “Anni duri”, il titolo, è veramente appropriato.
Don Primo racconta, con semplicità e con incisività, caratteristiche della sua personalità, gli anni dell’infanzia e della giovinezza trascorsi in un borgo, Pedemonte, ai piedi della montagna friulana sulla destra del fiume Tagliamento, ma anche a Treppo Carnico, il paese della madre e dove nacque.
Sono ricordi che riportano al tempo passato quando tutti, e non solo i poveri, vivevano più semplicemente; non esisteva il consumismo!
Ma non si tratta solo di un libro di ricordi per il solo piacere di ricordare.
Infatti, in queste pagine scopriamo anche il percorso travagliato che portò l’autore a diventare prete. Un percorso spirituale forse al di fuori di quella che poteva essere la regola per arrivare al sacerdozio, una regola che allora, per alcuni, poteva essere solo una via di scampo da una vita grama.
Leggendo questo libro anch’io, pur più giovane (o, se preferite, meno anziano) dell’autore, sono tornato ai miei anni giovanili quando frequentavo le scuole elementari. Allora mi colpiva, e lo ricordo benissimo ancora oggi, il momento in cui uscivamo da scuola dopo la fine delle lezioni. Eravamo divisi in due gruppi: c’era chi, come il sottoscritto, varcava il portone e, dopo aver sciolto le righe, prendeva la via di casa e chi, invece, si avviava, sempre in riga, verso i locali della palestra dove era servita la “refezione scolastica”, una minestra ed un panino (pane comune o pane nero), ai bambini poveri che erano anche “ufficialmente poveri” perché le loro famiglie erano iscritte in un registro comunale chiamato ordinariamente “libro dei poveri”!
E mi ricordo ancora l’odore della minestra che arrivava fino alle aule durante l’ultima ora.
Questo capitava in città, dopo la seconda guerra mondiale. Gli anni giovanili di don Primo si collocano, invece, attorno alla fine degli anni ’20 e nel decennio successivo; evidentemente i “Campi Dux”, le colonie montane e marine e le refezioni scolastiche non arrivavano fino a Pedemonte. Ma neppure l’INPS vi arrivava, pur essendo don Primo orfano di padre, muratore deceduto sul lavoro in Eritrea a costruire le strade per l’Impero.
Nella parte finale, dove entra in scena la vita in seminario, don Primo, diventato poi educatore ed insegnante (docente di storia e filosofia, preside e rettore dell’Istituto G.Marconi di Portgruaro), non risparmia critiche ai metodi educativi, quasi repressivi della personalità dei giovani, usati nel seminario stesso e nelle scuole cattoliche di allora.
Il libro è stato presentato in anteprima a Raveo il 20 agosto u.s.
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“Anni duri” di don Primo Paties
Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone
Finito di stampare nel luglio 2006.
mercoledì 6 settembre 2006
Raveo (prima puntata)
Ho concluso le ferie, o, più precisamente, ho concluso il lungo soggiorno montano in quel di Raveo. Godere di periodi così lunghi di vacanza è proprio dei pensionati, l’unica cosa bella di questa situazione. Per il resto sarà difficile che ne parli anche se credevo fosse peggio!
Desidero approfittare della pazienza dei miei sei/sette lettori (prima erano cinque) per parlare del paese che mi ha visto soggiornare gli ultimi due mesi e che frequento da ben quarantaquattro anni.
Raveo si trova in Carnia, zona del Friuli diventata famosa trent’anni fa per il terremoto. Oggi, e già da alcuni anni, è tutto ricostruito, ed anche bene!
Per essere più preciso, Raveo si trova a pochi chilometri da Tolmezzo a quindici minuti di strada dall’uscita dell’autostrada di “Carnia” sulla Udine-Tarvisio.
Ovviamente, se ne parlo, è un bel paese dove si vive bene. L’aria è buona anche perché, ogni tanto, si sente il “profumo” di sano letame! Però spesso si sente anche il profumo dei suoi rinomati biscotti, gli “Esse di Raveo”, quando sono sfornati.
Si trova ad un’altitudine di 518 m. s.l.m. ed i suoi abitanti sono 489. Non è molto alto ma il suo clima, anche con i grandi caldi di questi ultimi anni, è ottimale; né troppo caldo né troppo freddo! Pure d‘inverno il clima è buono perché i monti che l’attorniano lo proteggono dai venti freddi.
È un paese antico poiché risale al periodo della dominazione longobarda ed anche il nome sembra derivi da un capo che si chiamava Re Vejo.
Il suo territorio fa parte del “Parco Intercomunale delle Colline Carniche”.
Ma tutte queste notizie, nonché altri approfondimenti, si trovano anche in internet!
A questo punto ci sta bene una fotografia, un bel panorama!
(foto di Tanja Ariis)
Possibile che non ci siano problemi in questo paese dal nome longobardo e dove sembra che sia tutto “rose e fiori”? Non è possibile! Anche Raveo ha i suoi problemi, anzi il suo problema! Si chiama “cava di gesso”!
Non esiste ancora, per fortuna, ma c’è chi propone di aprirla e chi ha già presentato il progetto.
È una questione che si protrae da alcuni anni, che vede l’attuale amministrazione comunale contraria, come lo è anche la maggior parte dei suoi abitanti.
Purtroppo, ed è notizia di mezza estate, anche la commissione di “Valutazione d’impatto ambientale” (V.I.A.) della Regione Friuli-Venezia Giulia ha dato parere favorevole pur avendo acquisito, da parte d’altri enti preposti a fornire un parere, la maggioranza di pareri negativi. Misteri della politica! (Forse non troppo “misteri”).
Mi fermo qui, ma vi prometto che continuerò sullo stesso argomento, anche ampliando la “storia della cava”.
Alla prossima.
Desidero approfittare della pazienza dei miei sei/sette lettori (prima erano cinque) per parlare del paese che mi ha visto soggiornare gli ultimi due mesi e che frequento da ben quarantaquattro anni.
Raveo si trova in Carnia, zona del Friuli diventata famosa trent’anni fa per il terremoto. Oggi, e già da alcuni anni, è tutto ricostruito, ed anche bene!
Per essere più preciso, Raveo si trova a pochi chilometri da Tolmezzo a quindici minuti di strada dall’uscita dell’autostrada di “Carnia” sulla Udine-Tarvisio.
Ovviamente, se ne parlo, è un bel paese dove si vive bene. L’aria è buona anche perché, ogni tanto, si sente il “profumo” di sano letame! Però spesso si sente anche il profumo dei suoi rinomati biscotti, gli “Esse di Raveo”, quando sono sfornati.
Si trova ad un’altitudine di 518 m. s.l.m. ed i suoi abitanti sono 489. Non è molto alto ma il suo clima, anche con i grandi caldi di questi ultimi anni, è ottimale; né troppo caldo né troppo freddo! Pure d‘inverno il clima è buono perché i monti che l’attorniano lo proteggono dai venti freddi.
È un paese antico poiché risale al periodo della dominazione longobarda ed anche il nome sembra derivi da un capo che si chiamava Re Vejo.
Il suo territorio fa parte del “Parco Intercomunale delle Colline Carniche”.
Ma tutte queste notizie, nonché altri approfondimenti, si trovano anche in internet!
A questo punto ci sta bene una fotografia, un bel panorama!
(foto di Tanja Ariis)
Possibile che non ci siano problemi in questo paese dal nome longobardo e dove sembra che sia tutto “rose e fiori”? Non è possibile! Anche Raveo ha i suoi problemi, anzi il suo problema! Si chiama “cava di gesso”!
Non esiste ancora, per fortuna, ma c’è chi propone di aprirla e chi ha già presentato il progetto.
È una questione che si protrae da alcuni anni, che vede l’attuale amministrazione comunale contraria, come lo è anche la maggior parte dei suoi abitanti.
Purtroppo, ed è notizia di mezza estate, anche la commissione di “Valutazione d’impatto ambientale” (V.I.A.) della Regione Friuli-Venezia Giulia ha dato parere favorevole pur avendo acquisito, da parte d’altri enti preposti a fornire un parere, la maggioranza di pareri negativi. Misteri della politica! (Forse non troppo “misteri”).
Mi fermo qui, ma vi prometto che continuerò sullo stesso argomento, anche ampliando la “storia della cava”.
Alla prossima.
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