Vi racconto un canto:
"Oh butait chei fiêrs in aghe!"
di Sergio Piovesan
Scartabellando fra i miei archivi
digitali, in gran parte formati da immagini e scansioni di spartiti di canto
corale ed in particolare della tradizione popolare, ho trovato un canto
friulano il cui primo verso, che dà anche il titolo al canto stesso, è "Oh butait chei fiers in aghe,
...". Il brano fa parte di una pubblicazione degli anni '30 dello
scorso secolo, edita dal Comune di Udine con la consulenza della Società
Filologica Friulana ([1]):
ogni canto di questa pubblicazione oltre alla partitura musicale, armonizzata a
tre voci, in genere maschili, riporta anche il testo in friulano con la
relativa traduzione.
Il primo verso, viene tradotto
così: "Oh gettate in acqua quei
ferri, ..." e, tra parentesi, riporta (... quelle armi,).
In considerazione dell'autorità
sulla lingua friulana della "Filologica"
ho pensato, date la traduzione e l'interpretazione, di trovarmi di fronte
ad un canto contro la guerra, del tipo "Prendi
il fucile e gettalo per terra".
Il secondo verso recita "... oh fermait chel bastimènt!"
che, tradotto, è "... oh fermate
quel bastimento!".
Già sul secondo verso ho avuto i
primi dubbi in quanto era difficile che i friulani, soprattutto gli abitanti
delle montagne carniche, venissero arruolati in marina; ho pensato anche che il
canto fosse più antico di molto rispetto alla Grande Guerra, che, cioè,
risalisse ai tempi della Serenissima che
imbarcava rematori provenienti da tutti i territori che facevano parte
della Repubblica e, quindi, anche dal Friuli. Proseguendo nella lettura i miei
dubbi sono aumentati. Infatti il canto prosegue quasi con un pianto
dell'innamorata che vede partire il suo "zovin" (giovane) "...c'al
si 'n va tant malcontènt." ("...che
se ne va tanto malcontento!"). Il contesto iniziale potrebbe anche
essere quello della partenza per una guerra, ma i versi successivi non
supportano questa teoria.
Mi sono avvalso del Vocabolario Friulano-Italiano
del Pirona ed ho cercato il termine "fier"
(cioè ferro) ed ho trovato che, nella traduzione in italiano, non contempla il
sinonimo "armi". Poi,
leggendo vari modi di dire legati a questo lemma, ho trovato "Méti
fiers in aghe" letteralmente "mettere
i ferri in acqua" il cui significato è "predisporre" e quindi "preparare", "organizzare",
"disporre" ed altri termini
con significati simili.
Il primo verso può, quindi,
assumere questo significato: "Preparatevi...";
a far cosa? "a fermare quel bastimento!" .
Ed allora si comprende che anche questo è un canto legato alle migrazioni che,
dall'unità d'Italia al secondo dopoguerra,
sono state un fenomeno di vasta portata in Friuli.
Questa tesi
viene poi confermata da uno studio di Piera Rizzolatti dell'Università di Udine
dal titolo "Spunti per la storia dell'emigrazione nella letteratura in
friulano" dove la prima strofa del canto in questione diventa l'ultima di un
altro canto, legato al fenomeno migratorio, il cui testo riportiamo in nota ([2]) nella quale leggiamo anche una breve
introduzione del canto.
Il testo
completo e la traduzione (vedi foto accanto) sono stati trascritti, così come
sono, dalla pubblicazione di cui sopra. Nello stesso si può notare la parola "mont" tradotta in "mondo"; in friulano "mont" è "monte" e non "mondo"
lemma che, invece, è "mond".
Si riporta, di
seguito. le immagini dello spartito che può essere scaricato in formato .pdf
cliccando qui.
[1] Società
Filologica Friulana - vedi http://www.filologicafriulana.it/easyne2/LYT.aspx?CODE=SFFW&IDLYT=1377&ST=SQL&SQL=ID_Documento=1
[2] Ma anche lo strazio dei
trasferimenti oltre oceano non è eluso nelle villotte con il rimpianto di chi,
analfabeta, è costretto a ricorrere ad intermediari:
Jò
no sai nè lei nè scrivi,
Ma
hai çharte (pene) e calamâr;
Uèi
fâ fâ une letarine
E
mandalâle vie par mar.
Saludàilu,
saludàilu,
Dît
che lu saludi jò;
Dît
ch’al stêdi alegramenti
E
ch’al fasi miei ch’al po’.
Oh
butait chei fiêrs in aghe!
Oh
fermait chèl bastiment!
A
l’è dentri il miò çhar zovin…
Lui s’in và tant malcontent!…
tradotto
recita così:
"Io
non so né leggere né scrivere,
ma
ho carta, penna e calamaio;
voglio
far fare una letterina
e
mandarla via per ilmare.
Salutatelo,
salutatelo,
dite
che lo saluto io;
ditegli
che stia bene
e
che faccia meglio che può.
Oh
preparatevi!
Oh
fermate quel bastimento!
Vi
è dentro il mio caro giovane ...
Lui
se ne va tanto malvolentieri.