“Il canto degli italiani”
La recente legge che rende obbligatorio
l'insegnamento nelle scuole de "Il canto degli italiani"
ha nuovamente dato adito alle solite polemiche di str...ani personaggi che
siedono nel nostro Parlamento, personaggi che continuano a blaterare sul nostro
inno nazionale, più conosciuto come “Inno di Mameli” o “Fratelli
d’Italia”. Tanti parlano e danno giudizi (“sputano sentenze”)
senza, però, conoscere minimamente la storia di questo canto. Ma non solo
coloro che parlano troppo sono ignoranti; purtroppo anche molti italiani
ignorano la storia dell’inno e lo ascoltano solo in occasione delle partite
della nazionale di calcio.
Allora, in queste poche righe, cercherò di
riassumere brevemente i fatti e di esaminare il testo.
L’autore del testo fu, circa a metà
ottocento, il giovane studente e patriota genovese Goffredo Mameli nato
il 5 settembre 1827. Studente e poeta
precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderì alle idee di Mazzini(1)
nel 1847, l'anno in cui partecipò attivamente alle grandi
manifestazioni genovesi per le riforme e scrisse “Il Canto degli
Italiani”.
Aveva solo vent’anni ed una formazione
classica con un forte richiamo alla romanità (2).
Dal 1847 la sua vita sarà dedicata
interamente, ma per soli due anni, alla causa italiana; fu a Milano, insorta
nel marzo del 1848 e, poi, in combattimento contro gli austriaci sul Mincio.
Tornato a Genova, collaborò con Garibaldi e da lì, nel novembre dello stesso
anno, giunse a Roma dove, il 9 febbraio 1849, fu proclamata la Repubblica. Qui
fu sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3
giugno fu ferito accidentalmente dalla baionetta di un amico alla gamba
sinistra, amputata per la sopraggiunta cancrena; in seguito, a causa
dell’infezione, morì il 6 luglio 1849, alle sette e mezza del mattino, a soli
ventidue anni.
Il testo (3), oltre al richiamo degli ideali mazziniani e della
romanità (vedi note 1 e 2), evidenzia, nella seconda strofa, la speranza
dell’unificazione dell’Italia allora divisa in sette Stati, e, nella
successiva, i principali avvenimenti
della storia italiana ripercorrendo sette secoli di lotta contro il dominio
straniero (la battaglia di Legnano del 1176, l’episodio di Francesco
Ferrucci a Firenze nel 1530, i Vespri siciliani del 1282 e la rivolta popolare
di Genova del 1746 il cui simbolo fu la figura di “Balilla”).
La quinta strofa, infine, è un chiaro e
forte riferimento all’inizio del declino dell’impero asburgico e, proprio per questo motivo, fu censurata
dal governo piemontese.
Anche il compositore, Michele Novaro, è
genovese; nato il 23 ottobre 1818, studiò composizione e canto. Nel 1847 era a
Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio
e Carignano. Convinto liberale, offrì alla causa dell'indipendenza il suo
talento compositivo, musicando decine di canti patriottici e organizzando
spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle imprese garibaldine.
A Torino, nel 1847, Novaro, che frequentava
gli ambienti liberali, in un incontro con amici dove si discuteva di politica e
si faceva musica, venne in possesso del testo di Mameli e, tornato a casa, in
una sera di metà novembre, lo musicò.
Il 10 dicembre 1847 l’inno fu suonato e
cantato per la prima volta a Genova in occasione del primo centenario della
scacciata degli austriaci da Genova; vi assistevano trentamila persone! Subito
divenne famoso e in ogni occasione, più o meno pacifica, era cantato in tutta
Italia: durante le “cinque giornate di Milano” gli insorti lo cantavano a
squarciagola. Anche Garibaldi lo intonò nell’impresa dei “Mille”.
L'immediatezza dei versi e l'impeto della
melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la
stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe
Verdi, nel suo “Inno delle Nazioni” del 1862, affidò proprio al “Canto
degli Italiani” - e non alla “Marcia Reale” - il compito
di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a “God Save the
Queen” e alla “Marsigliese”.
Dopo l’unità d’Italia, il canto fu molto
popolare, ma l’inno nazionale rimase la “Marcia reale”; sotto il
fascismo fu egualmente in voga, assieme ad altri canti risorgimentali, anche
se canti più prettamente fascisti, che pur non essendo degli inni
ufficiali, erano diffusi e pubblicizzati molto capillarmente.
Con l’avvento della Repubblica, pur non essendo
riconosciuto dalla Costituzione come il “tricolore”, il Consiglio dei ministri nel 12 ottobre 1946
deliberò all'uso dell'inno di Mameli come inno nazionale.
Musicalmente l’inno non è ritenuto eccelso,
anzi da molti viene classificato come “brutto” non considerando che negli inni
nazionali, anche in quelli d’altri stati, è preponderante il testo sulla musica
che, fondamentalmente, deve solo essere orecchiabile per favorire la
memorizzazione, e quindi la diffusione delle parole; per tali ragioni molti di
questi inni, in primis “Il canto degli italiani”, sono solo "marcette",
perciò il valore artistico e la qualità musicale sono elementi secondari.
Ma non tutti ritengono “brutto” quest’inno;
Roman Vlad, famoso musicista che ricoprì anche alte cariche in varie
istituzioni musicali italiane disse, fra l’altro: “… E poi non è vero che
sia poco orecchiabile o che sia così brutto come si dice. …”
NOTE
1 “Uniamoci, amiamoci, / l'Unione, e l'amore /
Rivelano ai Popoli / Le vie del Signore / …”. Mazziniano e repubblicano, il Mameli
traduce, in questi versi della terza strofa, il disegno politico del
fondatore della “Giovane Italia” e della “Giovane Europa”.
2 Nel testo della prima strofa viene
richiamata la “Vittoria”, con la “V” maiuscola, perché il riferimento è alla
dea Vittoria che, per volere degli dei, divenne schiava di Roma.
Anche il verso del ritornello “stringiamoci a coorte” richiama quest’idea,
essendo la coorte la decima parte della legione romana.
3 Fratelli d'Italia / L'Italia s'è desta, /
Dell'elmo di Scipio / S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria? / Le porga la chioma, / Ché schiava di Roma /
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte / Siam pronti alla morte / L'Italia chiamò.
Noi siamo da secoli / Calpesti, derisi, /
Perché non siam popolo, / Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica / Bandiera, una speme: / Di fonderci insieme / Già
l'ora suonò.
Stringiamci a coorte / ….
Uniamoci, amiamoci, / l'Unione, e l'amore /
Rivelano ai Popoli / Le vie
del Signore;
Giuriamo far libero / Il suolo natìo: / Uniti per Dio / Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte / …
Dall'Alpi a Sicilia / Dovunque è Legnano, / Ogn'uom di
Ferruccio / Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia / Si chiaman Balilla, / Il suon d'ogni squilla / I Vespri
suonò.
Stringiamci a coorte / …
Son giunchi che piegano / Le spade vendute:
/ Già l'Aquila d'Austria / Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia, / Il sangue Polacco, / Bevé, col cosacco, / Ma il cor le
bruciò.
Stringiamci a coorte / …