Alcuni giorni fa, precisamente venerdì 2 marzo, ho partecipato ad un incontro dal titolo "Città lenta - Venezia oltre la modernità".
Il tema proposto mi è sembrato molto interessante e, visto che si svolgeva al Teatro dei Frari (vicino a casa mia), ho approfittato. Sinceramente, all'ingresso, mi ha stupito l'organizzazione in quanto non si trattava del solito incontro con i relatori al loro tavolo e gli ascoltatori in platea; si entrava, almeno così diceva l'insegna alla porta, nell'"Osteria della cultura" con tavoli preparati per un rinfresco a base di salame, formaggio, nervetti, fagioli, bigoli in salsa, vino e quant'altro. I buoni piatti ed il buon vino dispongono l'animo a cose serene! C'era però un inconveniente, anzi due: il primo era quello delle panche che, dopo un'oretta, non ti permettevano di continuare a stare seduti per il mal di schiena; il secondo, invece, dipendeva dalla disposizione e dallo stare a tavola cosa che comporta il parlare con il vicino, magari di tutt'altre cose, disturbando chi voleva ascoltare i relatori. Detto questo, forse il tutto è venuto a costare qualcosa agli organizzatori e cioè al Circolo (perché si chiama circolo e non sezione come si usava una volta? Forse è più "in" o più "chic", o come si dice adesso ...più "figo") del Partito Democratico "Vivian".
Venezia, città lenta. Che significato vogliamo dare alla parola "lenta"? Io direi che, fisicamente, è veramente una città lenta: si va a piedi, o al massimo in vaporetto, e, quindi non si corre e non ci si affanna; in questo modo i cittadini s'incontrano, si guardano in faccia ed hanno più occasioni di comunicare. E tutto ciò mi sembra una cosa buona!
Se, invece, lenta si riferisce al non fare, a procrastinare ed a rimandare, allora questa non è cosa buona.
Sì, Venezia è una città lenta e alternativa al resto del mondo; siamo abitanti di una città che va oltre la modernità, ma che, purtroppo, deve tener conto anche di quello che sta oltre il ponte translagunare, cioè il resto del mondo. La velocità che sta al di fuori di Venezia, che è quindi la caratteristica della modernità, "... divora spazio e risorse, omologa la diversità, dissolve i contesti e distrugge gli ambienti ..." .
Nel secolo scorso hanno tentato di fare di Venezia una città moderna, ma il tentativo non è riuscito, più che altro perché Venezia è refrattaria alla logica della velocizzazione, cosa di cui anche gli altri, ora, se ne stanno accorgendo. Purtroppo, però, la velocità e la modernità entrano in maniera pesante nella nostra città: ovviamente mi riferisco al turismo e, in particolare, al turismo "mordi e fuggi", al turismo senza cultura, cultura che, invece, è l'essenza di Venezia. Il pericolo incombente è che Venezia possa morire di turismo.
Ma cos'è la "cultura a Venezia"? In primo luogo è l'abitato stesso, ma poi anche tutte quelle organizzazioni (musei, mostre, fondazioni artistiche e musicali) che operano essenzialmente a livello internazionale ed alle quali molti veneziani si interessano; però non è solo questo. La cultura a Venezia è anche altro e cioè quell'assieme di risorse umane associate che esprimono ed elaborano pensiero ed attività le più diverse concentrate nel territorio urbano e per il territorio.
Ma tutte le proposte, per sostenere questo tipo di cultura che, quantitativamente, ma anche qualitativamente, è notevole, non troveranno alcuno sbocco se ci sarà il continuo sviluppo abnorme e passivo del turismo; quel turismo che butta letteralmente fuori dalla città i suoi abitanti, quel turismo che converte in alberghi e case per turisti qualsiasi unità abitativa con un po' di stanze, quel turismo che trasforma i "bacari" in "pub". Un turismo becero al quale aspirano operatori turistici beceri il cui solo scopo di vita è solo il guadagno, i classici "schei", possibilmente in poco tempo. Con questo modo di operare il destino di Venezia è quello di non essere più Venezia: una città senza i suoi abitanti non è più una città.
Ed allora ben venga la cultura creata a Venezia per i veneziani, ma non solo. Qualcuno obietta che è troppa e la quantità degli eventi in questione è stata avvalorata anche da recenti ricerche; il mio parere, però, è che non c'è mai troppa cultura! Per fortuna non sono il solo a pensarlo.
5 commenti:
molto interessante il tuo post. Di recente siamo venuti per un pomeriggio a Venezia, mancavamo in verità da un po' di tempo, un anno forse. Sono rimasta impressionata dal cambiamento della città. Gran parte dei negozi storici, chiusi, al loro posto negozi di grandi catene con la stessa merce dei centri commerciali. Io e le mie amiche facevamo i nostri acquisti "importanti" a Venezia, tipo un particolare modello di borsa o di scarpe. Faceva molto freddo quel pomeriggio di domenica, perciò in giro c'erano quasi tutti turisti. Venezia mi è sembrata il guscio vuoto di una grande bella noce. Peccato sono tornata a casa triste come se avessi perso qualcosa di valore. Questo per le piccole cose figuriamoci per l'essenza della vita, la cultura di una città. Spero che Venezia non muoia soffocata dal bisogno di denaro. Spero che la libreria Acqua Alta sia in buona salute...noi quel pomeriggio siamo andati a consolarci con due frittelle venexiane in Calle degli Albanesi prima di prendere la motonave direzione...terraferma. Ciao
P.S. la lentezza è un pregio, una qualità che rende unica Venezia.
Completamente d'accordo con te Sergio. Venezia è una città che si deve visitare "lentamente" e non che sia una città lenta. Bisogna trovare il tempo di girare tra calli e campielli e non mordere il campanile di San Marco e fuggire sul ponte di Rialto. Te lo ricorderai anche tu che quando è stato organizzato il concerto dei Pink Floid, in città c'è stato un vero caos (per non dire qualcosa di più volgare).
In ogni caso, quando hai citato i "nerveti" mi hai fatto venire l'acquolina in bocca. Viva i "cicheti". Un cordialissimo saluto.
@Aliza: giustamente, come dici, la lentezza è un pregio. Di più, la lentezza facilita i rapporti sociali.
@Elio: per fortuna, quando sono venuti i Pink Floid io ero a Barga, in Garfagnana, per un concerto con il coro.
Mi so più venessian de ti, Sergio,no fusse altro parché so più vècio.Par cui viva i cicheti , e passegiate de sbrindolon, el liston, el vin bon e la tripa rissa de vedelon. Ma resta el fato che Venessia ze lenta ne le istitussion (bechite anca 'sta rima qua) e,digo solo questa,no pretende dai siori albergatori,dai gondolieri, dai motoscafisti e in genere da tuti quei signori che guadagna e specula sul turismo e sul fato che altra zente, tanto prima de lori, ga fato 'na cità da goder,apunto, lentamente. . . no pretende ,ripeto ,un ritorno economico atravero le tasse.
Sarìa ben che in 'sto campo se fusse un tanti più svelti.
@Toni: GIUSTISSIMO!!!
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