domenica 6 aprile 2008

Venezia, “paradiso fiscale”?

In questi giorni è apparsa sui giornali locali una notizia relativa ad un’idea espressa da alcuni “intellettuali” veneziani, raccolti attorno ad un’agenzia di comunicazione “partner di Ca’ Farsetti” (per i non veneziani, Ca’ Farsetti è la sede del Comune di Venezia).

“Venezia zona franca. Per contrastare lo spopolamento del centro storico, trattenere i residenti in città. E invertire una tendenza che sta mettendo in ginocchio la vivibilità della Laguna e le casse comunali”. Questa, in sintesi, l’idea.

L’agenzia in questione si chiama “Fondaco” ed ha un suo sito nel quale si può leggere l’attività e gli scopi di questo ente ( http://www.fondacovenezia.org/?I[session][currentIdSez]=3 ) ed anche questa nuova idea o teoria , che riporto, tale e quale si trova sul sito.

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UNA NOSTRA PROPOSTA: NUOVA NORMATIVA FISCALE PER VENEZIA 28.03.2008

Lo strumento fiscale è l’unico in grado oggi di garantire e programmare il futuro di Venezia. Risorse finanziarie pubbliche per mantenere e valorizzare la città non ce ne sono e quindi è necessario, e non più rinviabile, pensare all’innovazione e a strumenti che possano generarne di alternative. Sono necessari interventi strutturali per evitare il continuo spopolamento ed avviare una stagione di “progettazione”. Venezia è città unica al Mondo (almeno questa è l’opinione pubblica internazionale), per tale deve essere trattata. E’ risaputo che soltanto per mantenere il suo patrimonio sono necessari ingenti quantità di denaro; è risaputo (così evidenziano anche le ultime statistiche) che il costo della vita è maggiore rispetto agli altri centri urbani; è risaputo che risiedere è sempre più difficile sia per il caro affitti che per l’acquisto. Sono tutti argomenti di cui si parla da decenni ma ancora le soluzioni non si vedono. C’è da considerare poi il processo di riconversione e bonifica di gran parte del territorio di terra martoriato da uno scellerato sviluppo industriale (Marghera e Mestre) che richiede ingenti investimenti non più rinviabili. Se tutto ciò è vero (e noi ne siamo convinti) l’unico modo per affrontare e risolvere questi problemi è quello che Venezia diventi fiscalmente “zona franca”.

Un fisco capace di “trattenere” coloro che vogliono vivere in città: dall’esenzione totale per l’acquisto della prima casa all’esenzione totale per chi affitta, dalla deducibilità integrale del canone di locazione (sia per residenti che per studenti, questi ultimi finiti gli studi potrebbero decidere di fermarsi definitivamente a Venezia e facendo così magari qualche bella testa pensante anziché andare in cerca di nuovi lidi potrebbe rimanere qui) alla deducibilità totale per coloro che fanno interventi di restauro. Agevolazione massima per le aziende che desiderano aprire una loro sede in città (sia nel centro storico che nelle aree dove è necessaria la riqualificazione urbanistica) questa volta però in modo serio (sedi reali e non fantasma come avviene nei paradisi fiscali) con un periodo minimo garantito di residenza (10 anni) e l’obbligo di offrire nuovi posti di lavoro e quindi nuove opportunità per i giovani. L’esempio in Europa lo abbiamo: l’Irlanda. Da ultimo per reddito pro capite e prodotto interno lordo è diventato in pochi anni il Paese con il più alto tasso di sviluppo perché ha saputo attrarre con misure fiscali intelligenti la disponibilità di numerose multinazionali senza che l’ambiente subisse stravolgimenti. In questo modo l’Irlanda è il Paese più giovane d’Europa (ogni 3 abitanti 2 sono giovani – da noi il contrario!). Tutto ciò gli irlandesi lo hanno fatto offrendo un territorio semplice avendo però la marcia in più dell’entusiasmo e del modo sempre positivo di accogliere la gente. Proviamo a trasferire tutto ciò a Venezia e ci renderemo conto che abbiamo tutte le potenzialità per cambiare marcia. E’ necessario attrarre, prima dei soldi, intelligenze e competenze in forza delle quali individuare i migliori percorsi di sviluppo. Così Venezia può ritornare ad essere la città del futuro. Un meccanismo capace di mettere in moto nuove attività, di generare nuova ricchezza e fare da volano ad un sistema che va al di là della città museo in larga parte appiattita e a rimorchio del turismo di massa. L’invito che rivolgiamo alle Istituzioni, a tutti i livelli, è quello di chiedere all’Unione Europea una deroga speciale per il territorio comunale di Venezia (forse in quella sede incontreremo maggiore sensibilità e quindi maggiore chance che tutto ciò si realizzi). Un provocazione, un’utopia, un sogno, forse di tutto un po’ ma per raggiungere grandi risultati è necessario pensare in grande!

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I giornali hanno subito “sparato” sui titoli “Paradiso fiscale”. Qualcuno ha fatto dei raffronti con il Liechtenstein, visto che in questi giorni sono saliti all’onore della cronaca i nomi di chi portava i suoi soldi nel piccolo principato.

È certo, però, che un cambiamento del genere è, senz’altro, molto difficile, ma non impossibile.

Nel leggere giornali e sito ho subito pensato che queste cose le avevo già dette io, su questo “blog” due anni fa ed anche dopo. Ma si sa, io non sono nessuno, ho solo cinque o sei lettori e non ho seguito di giornali.

Per chi volesse perdere un po’ di tempo, ecco i “link” ai miei “post”.

http://sp1938.blogspot.com/2006/07/venezia-citt-diversa-venezia-citt.html

http://sp1938.blogspot.com/2008/01/venezia-non-tanto-una-disneyland-per.html

Io parto dal fatto che noi veneziani siamo pochi e diversi e, quindi, per la nostra diversità e per essere rimasti in pochi, dobbiamo essere tutelati, o, più precisamente, dobbiamo tutelarci. Quale miglior tutela se non quella di essere autonomi? Nulla a che vedere, però, con altri movimenti secessionisti! Anzi, se vogliamo una secessione, questa è dal Veneto. Infatti, non vorrei che a decidere di quello che deve essere fatto o non fatto a Venezia siano assessori e/o consiglieri regionali, che non abitano nella nostra città, ma nel “contado”, come la legge regionale che vogliono approvare e che permetterebbe di aprire “dependences” di un albergo anche dall’altra parte della città rispetto alla sede centrale dello stesso (oggi è prevista una distanza massima di cento metri). Questa legge, se approvata, farebbe di Venezia un unico albergo, una città solo dedicata ai turisti, una Venezia senza veneziani; non sarebbe più una città, ma diventerebbe Veniceland!

Una cosa è certa: se non vi saranno, in futuro, delle scelte coraggiose per la mia città, questa finirà veramente male e non saranno le acque alte a finirla!

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2 commenti:

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Il punto non è solo nell'essere autonomi un po' come le Regioni a Statuto Speciale se non ho inteso male, ma la gente che poi cmq vi governerebbe.

Perchè possiamo fare tutte le migliori riforme possibili ma poi per attuarle ci vuole l'uomo....

Sergio ha detto...

E' vero che, soprattutto, è problema di uomini. e di uomini è fatto il Consiglio Regionale nel quale la Città non è convenientemente rappresentata. Chi vuole legiferare per Venezia non è veneziano e, quindi, non capisce i reali problemi di questo agglomerato urbano diverso da tutti gli altri.