Musica e canto sacri e liturgici: quale futuro?
Quando
era ragazzo, un po' di tempo fa, assistere ad una Messa solenne, o
cantata, era, dal punto di vista
musicale, anche una cosa piacevole. Si ascoltava un po' di gregoriano, ma non
solo; molto spesso, in particolare al "Gloria"
e al "Credo", il celebrante
iniziava con un incipit in gregoriano e la "schola
cantorum" continuava con composizioni d'autore, in genere del periodo
rinascimentale. I fedeli si sedevano ed ascoltavano. Le "scholae cantorum" si trovavano in più parrocchie e,
quindi, non si trattava di eventi eccezionali che avvenivano solo nella
Basilica di San Marco, dove operava, ed opera anche oggi, la Cappella Marciana.
Poi
è intervenuto un certo lassismo, forse ritenendo che eseguire musiche attuali,
in italiano e non in latino, fosse un modo per essere più vicini ai fedeli,
soprattutto ai giovani; non fu così.
Qualche
musicista cercò di adeguarsi a questo nuovo "stile"
e oggi si vedono i risultati: le messe solenni nelle diverse parrocchie sono
pochissime e, invece, durante le liturgie nelle quali dovrebbe cantare il popolo, o assemblea, si sente una
partecipazione minima e, nella maggior parte dei casi, i brani sono
musicalmente penosi, caratteristica che coinvolge molto spesso anche i testi.
Quello che si ascolta oggi si avvicina più alla musica pop e, come scrive un
direttore di coro e insegnante[1]
"... ritmi sincopati e testi
storpiati dalla Bibbia non sono utili per favorire l'inserimento dei giovani;
questo retaggio anni '60 e '70 viaggia pari passo con la banalizzazione della
nostra società."
In
un'intervista[2] Bepi
De Marzi su questo argomento dice: "...
Per la musica sacra, e spero che se ne parli presto a più voci in queste
pagine, non c’è niente da fare: siamo da tempo nel degrado. Le messe sono
ovunque un’avventura locale e i canti prediligono i versi tronchi in “ai, ei,
oi, ui”. Le musiche? Impera la “non melodia”. Hanno inventato la cantillazione,
un recitativo con effetti esilaranti."
Analoga
vicenda si ebbe poco più di un secolo fa; allora la musica sacra ricalcava,
invece, lo stile operistico, genere che nel XIX secolo ebbe il massimo fulgore;
però non era musica sacra. Nacque così
un movimento musicale che si propose di riformare la musica sacra riportandola
ad una maggiore sobrietà e ricercando una maggiore partecipazione
dell'assemblea, ma anche di far nascere le "scholae
cantorum" nelle diverse parrocchie dedite all'animazione liturgica e
all'apprendimento dell'arte musicale.
Questo
movimento si diffuse soprattutto in Italia, in Francia ed in Germania e prese
il nome di "Movimento
Ceciliano", in onore di santa Cecilia patrona della musica e dei
musicisti. Si può affermare che Venezia fu la città nella quale il movimento
ebbe i principali esponenti fra cui Giovanni Tebaldini, maestro della Cappella
Marciana ed uno dei primi "cecilianisti",
il suo successore, Don Lorenzo Perosi ed il vescovo di Mantova Giuseppe Sarto,
poi Patriarca di Venezia e Papa Pio X. Il nome di Pio X è legato anche alla
riforma del canto gregoriano. Con il Motu proprio Inter Sollicitudines (22
novembre 1903), il pontefice impose il canto gregoriano nella liturgia e fornì
precise istruzioni circa l'uso della musica nelle cerimonie religiose.
Lorenzo
Perosi è ritenuto guida ed esponente principale del Movimento Ceciliano e altro
esponente fu Oreste Ravanello (Venezia, 25 agosto 1871 – Padova, 2 luglio
1938), organista e compositore veneziano che a soli diciassette anni divenne
organista della Cappella Marciana e sei anni dopo primo organista della
Basilica.
Il
Concilio Vaticano II[3]
definisce cosa si dovrebbe intendere per musica sacra: "Sotto la denominazione di Musica sacra si
comprende, in questo documento: il canto gregoriano, la polifonia sacra antica
e moderna nei suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti
legittimamente ammessi nella Liturgia, e il canto popolare sacro, cioè
liturgico e religioso".
"Chi prega cantando è
come se pregasse due volte" afferma qualcuno; ma mi domando: se si canta un testo
ed una musica banali sarà proprio vera questa affermazione?
Ed
allora mi auguro la nascita di un novello "Movimento
Ceciliano"!
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