giovedì 30 agosto 2018

"Diamo a Cesare quel che è di Cesare"


"Diamo a Cesare quel che è di Cesare"

Nel nostro repertorio (del Coro Marmolada di Venezia) esiste un canto armeno del XIX secolo dal titolo "Alakiaz partzer sara a", canto del quale ho già trattato sul n.19 di "Marmoléda" del marzo 2004, articolo al quale rimando con i  links in nota ([1]).
L'autore è Grikor Mirzaian Suni (1876-1939) ([2]), musicista armeno che -a quanto riporta la sua biografia-  ha scritto, fra l'altro, belle canzoni d'amore, nelle quali ha voluto inserire la natura  delle sue amate montagne di Karabagh ([3]) con le loro nebbie, le acque, le valli ed i fiori.  
Il Coro Marmolada lo canta dal 1955 e, nel 1986 -per le particolarità della comunità armena veneziana, come descritto nell'articolo di cui alla nota 1- ritenendolo anche un po' "veneziano",   in occasione di una richiesta dell'A.S.A.C. (Associazione per lo Sviluppo delle Attività Corali) volta a valorizzare canti del proprio territorio da proporre anche a nuove armonizzazioni, ha segnalato -fornendo copia dello spartito originale (vedi fig.1) in lingua armena con la trascrizione del testo nei caratteri latini e con la relativa traduzione-, fra gli altri, anche "Alakiaz partzer sara a". Successivamente il canto è stato armonizzato da alcuni musicisti, sia per cori a voci maschili che per cori misti.
Recentemente ho trovato lo spartito di un'armonizzazione, effettuata da parte di un direttore di coro veneto, che riporta, in testa alla partitura, il suo solo nominativo in qualità di armonizzatore senza indicare il nome dell'autore che, anche se deceduto nel 1939, e per questo i diritti ai suoi eredi non sono più  tutelati, tuttavia sarebbe giusto, anche per la storia del canto, far conoscere il nome dell'autore e non solo quello dell'armonizzatore.
Quindi reputo corretto, invece, riportare,  sotto il titolo, " di  Grikor Mirzaian Suni (1876-1939) -Elaborazione, armonizzazione (o altro) di ........... ".
Ma non è l'unico esempio! Infatti, per caso, ho trovato che lo stesso propone un canto veneziano, "Voga, voga cocola", come popolare, mentre risulta (notizie che si trovano anche su internet), che, sia testo che musica, abbiano un autore: "Musica  di Arturo Casadei, Testo di Giamborlé".
Ma gli esempi citati non sono, purtroppo, gli unici.
Questo succede non solo per canti poco conosciuti, ma anche, ad esempio, per "Stelutis alpinis"!!!
Per non parlare di strofe apocrife! E non vado oltre e cito, proprio su questo canto, altri due miei articoli di cui ai links in nota ([4]) .

Un'altra "perla": un maestro di coro alla fine di un suo spartito, nel quale si firma come armonizzatore, scrive: "Informatori: coristi del coro Xxxx di Yyyy; data 1995 ...".  La sorpresa viene nel leggere il testo e la linea melodica: si tratta della canzone "Amara terra mia" cantata da Domenico Modugno nel 1972, tratta da un motivo popolare abruzzese del XIX secolo, riadattata nel testo italiano da Enrica Bonaccorti e in parte nella musica dal famoso cantante.
Questo canto fu poi elaborato per coro a quattro voci virili da Lamberto Pietropoli([5]), senz'altro prima del 1995, in quanto lo stesso è deceduto nel 1994.

Molto spesso i canti dei nostri repertori hanno anche gli autori dei testi che differiscono dal musicista e che, invece, vengono tralasciati. Anche questo non va bene: il canto è un assieme di poesia e di musica! Quindi ... onore anche al poeta!

Ultimo esempio di ... "poca serietà"  è quello in cui un musicista, direttore di coro, prende un canto già armonizzato, magari dall'autore stesso, vi cambia due o tre note e poi sui programmi di sala troviamo ... "di Aaaaa Bbbbbb - arm. di Xxxx Yyyy".  Questo è successo per "Signore delle cime" e non vi dico il nome dell'armonizzatore, anche perché è deceduto da parecchio ed il coro non esiste più.

Vorrei concludere questo mio articolo -forse un po' polemico- prendendo in considerazione anche i trascrittori, cioè quei musicisti che, soprattutto negli anni passati, magari senza alcun supporto tecnologico, percorrevano le diverse contrade, sia in pianura che in montagna, e, quando sentivano qualcuno che cantava, tiravano fuori il foglio di musica e vi provvedevano a trascrivere il testo e la melodia. Ed è merito proprio di questi encomiabili personaggi se oggi possiamo godere delle musiche popolari del passato che, come sappiamo, venivano trasmesse solo oralmente di generazione in generazione; se non ci fossero stati loro, oggi, sarebbe rimasto ben poco e, quindi, troverei giusto che sulle diverse partiture fosse indicato anche il nome del trascrittore.
         


[2] Grikor Mirzaian Suni, compositore, direttore d'orchestra, etnomusicologo, e insegnante, è stato dapprima immerso nella propria tradizione popolare armena e, più tardi, nella musica classica europea. E stato prima di tutto un compositore di musica corale, e creatore di decine di assoli vocali e orchestrali, nonché di musica operistica e strumentale. Alcuni di questi sono di ispirazione popolare, che Suni ha reso polifonicamente in quattro parti. Suni ha dato l'armonia alla melodia in un modo che "suona armeno".  

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