Sul libro "Canti per popolo veneziano"
di Iacopo Foscarini, stampato nel 1844, sul quale sono riportate numerose "canzonette o villotte alla
veneziana" ho trovato due strofe -che non sono villotte(1)-
e che, fra loro sono collegate. La prima, in particolar modo, richiama
un'orrenda storia di un "orco", non trovo altro termine per definire
il famoso "Biasio luganegher"(2),
che proprietario di un'osteria, una bettola, preparava un intingolo usando
carne umana, più precisamente carne di bambini. La storia è molto conosciuta a
Venezia ed una località, probabilmente nelle vicinanze della casa di Biasio, si
chiama appunto "Riva de Biasio".
Oggi è una fondamenta di
circa duecento metri lungo il Canal Grande, una delle poche su queste acque; ma
le condizioni attuali sono ben diverse da quelle di una volta. Infatti molti
spazi che davano sul Canal Grande, ma non solo, non erano fondamente, cioè
strade lastricate lungo un canale, ma rive che degradavano verso l'acqua. Anche
la famosa pianta prospettica del De Barbari del '500 mostra questa
caratteristica che troviamo anche in altri quadri di artisti famosi
dell'antichità relativamente ad altri luoghi. (v."La Scuola della
Carità" del Canaletto).
Il testo, senz'altro
popolare e di prima dell'800, mette in evidenza una situazione abbastanza
diffusa in quei periodi; senz'altro gran parte del popolo abitava a piano terra
in case non troppo sane e dove girava poca aria. Quindi, in caso di estati
afose e umide, era quasi impossibile vivere tutto il giorno dentro casa,
soprattutto per i bambini e per le mamme. Ed allora, come anche oggi, una
passeggiata lungo una riva vicina all'acqua e magari con un leggero alito di
vento, era il toccasana contro la calura. Forse la madre era un po' ansiosa o,
come si direbbe oggi, il parto aveva lasciato qualche conseguenza depressiva.
Ed ecco che subito le viene alla mente il feroce Biasio, tanto che le sembra di
vederlo già pronto con il coltello in mano per usarlo contro il suo bambino.
L'autore della prefazione
del libro sostiene che i canti veneziani sono quasi tutti in tono minore in quanto "....pare
che i Veneziani abbandonandosi all'affetto, si tingano per naturale
inclinazione d'una lieve malinconia, che trasfonde in chi l'ascolta maggior
tenerezza....".
Ma è con la seconda strofa
-profondamente diversa-, nella quale interviene il marito, che cambia
l'atmosfera e, quindi -penso. anche la tonalità! È lui che, con baldanza,
vuole rincuorare la moglie alla quale propone di andare a prendere il fresco a
San Basegio, dalla parte opposta della città, assieme ai Nicoloti, gli abitanti
di quella zona, pescatori, e dove, in una bettola famosa, si può bere anche un
buon bicchiere di vino.
Dalla tristezza
all'allegria, questa è la certezza del testo, ma è anche la certezza di chi
legge queste due bellissime espressioni popolari, e di chi le ascolta.
Ma qui, come si dice,
casca l'asino! Quale sarà la melodia di
questa canzone? L'autore citato all'inizio afferma che non esistono tracce
musicali; purtroppo, col passare del tempo, queste sono andate perse, come
tante altre arie a Venezia(3).
Ed allora perché non
trovare una nuova melodia, magari ispirata a qualche antica melodia veneziana
-ma forse non è necessario- o legata semplicemente al testo?
Armonizzarla poi per coro
virile appare un po' difficile, soprattutto la prima strofa dove la protagonista
è la madre; ma tanti canti della tradizione sono stati impostati per coro
virile anche se protagoniste sono le donne.
Ed allora, perché qualche
musicista, preferibilmente veneziano, o con la sensibilità veneziana, non ci
prova?
(1) La forma poetica
della villotta è quella chiusa di quattro ottonari alternati piani (primo e
terzo) e tronchi (secondo e quarto)
[2] V. "Curiosità
veneziane"del Tassini alla voce "Riva de Biasio"
[3] Scrive il Pullè nella
prefazione al libro del Foscarini " ....
! la fatal moda che ogni cosa invade e scompiglia; le sovrabbondanti melodie,
ed i cori rubati al teatro che rimbomba di sempre nuova musica, la vinsero; e
fecero dimenticare, o trasandare a' buoni Veneziani, la cara semplicità de'
loro canti primitivi,..."
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