Joska, la balalaika e l'acqua alta
Sergio Piovesan
Eravamo euforici salendo in pullman quella sera, o meglio, quella mattina, perché erano già le due. Eravamo euforici e ne avevamo il motivo; e non era a causa delle libagioni con il "durello". Ritornavamo a Venezia dopo aver partecipato ad una rassegna corale con I Crodaioli di Bepi De Marzi in casa loro, nella "tana del lupo", al Teatro Mattarello di Arzignano.
Eravamo euforici anche se il tempo atmosferico era di quelli che si suole chiamare "tempo da lupi".
Avevamo eseguito i canti in programma con suprema attenzione alla direzione di Lucio e, soprattutto, con tanto sentimento, con ispirazione ed anche il maestro era particolarmente ispirato; questo forse perché avevamo davanti un personaggio che era esploso proprio in quegli anni nel mondo della musica corale per i suoi nuovi canti, e noi del "Marmolada" avevamo messo in programma proprio quei canti.
Di norma, quando riceviamo gli applausi riusciamo a percepire se si tratta di applausi di convenienza o se il brano che abbiamo eseguito è arrivato al cuore dei presenti.
Eravamo euforici perché quella sera avevamo "scosso" anche i coristi di Bepi che riscoprirono i canti del loro maestro nelle interpretazioni di Lucio e del suo Coro Marmolada.
Forse quella sera l'impegno di noi tutti, Lucio in primis, fu al massimo, ma quando fu la volta di "Joska la rossa", uno dei canti più belli di Bepi ed il cui testo è di Carlo Geminiani, ci fu qualcosa di magico: i "forte" ed i "piano" del canto eseguiti con maestria, i tempi, forse non quelli da spartito, ma della testa di Lucio, così come lui li sentiva avevano imposto al canto un particolare significato; mancava il finale, quello che, come nelle altre strofe , fa: "Joska, Joska, Joska ....". E fu proprio nel finale che Lucio, furbescamente e intelligentemente, aveva inserito una variazione, un accompagnamento "strumentale" o, più precisamente, l'imitazione vocale del suono della balalaika, popolare strumento della musica russa. L'esecutore era Franco Cocito, tenore primo e solista, con una voce limpida e sottile che pareva proprio il pizzicato delle corde della balalaika. Una variazione che piacque molto all'autore, che, anche dopo anni, lo ricorda quando parla o scrive del Coro Marmolada e di Lucio Finco; l'ultima volta fu al concerto del sessantesimo al Malibran quando, fra l'altro, ricordò appunto "... e Franco Cocito che suonava la balalaika"!
Diciamo pure che fu un successo e per questo eravamo euforici anche durante il viaggio di ritorno. Pioveva a dirotto, faceva caldo, quel caldo umido classico dello scirocco; ed il vento era forte.
Dopo un'ora circa di viaggio arrivammo a Piazzale Roma e lì tutta l'allegria passò di colpo. Mi dimenticavo: la data era, ormai, il 4 novembre del 1966, le tre del mattino; avvicinandosi ai pontili notammo subito l'insolita pendenza delle passerelle. Mai vista un'acqua così alta! L'unico mezzo che funzionava era il vaporetto della linea 1 che percorreva il Canal Grande; alcuni si avviarono a piedi ed altri in vaporetto; i primi si trovarono subito nell'acqua, mentre gli altri come scendevano al pontile più vicino alla loro abitazione non sapevano cosa fare: erano isolati. Alla fine tutti andarono a mollo ed anch'io e gli altri due, che abitavamo al Lido, un pezzettino, in Piazzale S.M. Elisabetta, lo dovemmo fare con i tacchi delle scarpe in acqua.
Ma eravamo ugualmente euforici!
2 commenti:
Orcocan! Cinquant'anni fa l' "acqua alta passava" su Venezia. Cinquanta (?) anni fa tu ti "piantavi" nel Marmolada. Che sfiga la prima cosa! Che fortuna per il coro, la seconda.
A me piace ringraziarti per quanto continui a dare al coro.
Ciao da
Giovanni Lucio
Nel "Marmolada" entravo 51 anni fa, anzi, fra poco 52!!!
Grazie.
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