della
fondazione di Venezia
Secondo
la leggenda e la tradizione, la città di Venezia vide la sua nascita il 25
marzo 421; il giorno scelto è quello dell'Annunciazione e questo portò a
considerare l'evento un qualcosa di quasi divino e ciò fu alimentato, nei
secoli successivi, anche da parte delle istituzioni statali della Serenissima
per motivi politici e di esaltazione della storia patria.
Sono
passati milleseicento anni da quella data, anche se sappiamo che Venezia si
sviluppò, invece, nel corso di parecchi anni, forse secoli, prima e dopo il
421.
Le
cronache, ma anche riscontri archeologici, hanno dimostrato che le isole della
laguna erano popolate da pescatori e da chi lavorava nelle saline da molto prima
e via via la popolazione incrementò quando gli abitanti delle città venete, a
seguito delle numerose invasioni barbariche, fuggivano riparandosi appunto nelle
diverse isole della laguna. Molto spesso, passato il pericolo, i fuggiaschi
rientravano nelle loro terre d'origine spesso teatro di distruzioni. Nel V e VI
secolo, a seguito dell'invasione degli unni, particolarmente feroci, e poi dei
longobardi, che invece si stanziarono nel territorio, i fuggiaschi si fermarono
in laguna iniziando così a costruire case e chiese, dapprima nelle isole
periferiche e più vicine ai luoghi di origine e poi in quelle centrali, le isole
realtine, al centro della laguna e ritenute più sicure.
Quindi
in quest'anno 2021 ricorre il 1600° di fondazione e, come tutti gli anniversari
"tondi", è giusto ricordare l'evento.
Che
cosa farà il Comune di Venezia, che ha anche creato un comitato per organizzare
eventi per il ricordo di questo, non è ancora dato a sapere; forse la pandemia
ha rallentato le idee e, comunque, a mio parere, gli eventi dovrebbero essere
soprattutto di carattere culturale, partendo dalle ricerche storiche e dai più
importanti fatti politici della Serenissima. Quello che non ritengo opportuno,
che voci ("co' ghe xe le vose ghe xe
le nose") circolanti indicano come in programma vi siano concerti -non
si sa di cosa- in Piazza e il Salone Nautico. C'è poco da sperare dalle mosse
dell'Assessore al Cultura del Comune che poi è anche il Sindaco:
A
parte le polemiche, ritengo quindi sia giusto ricordare e studiare alcuni
periodi nei quali forme artistiche diverse, pittura, architettura, musica e
quant'altro, nacquero e si svilupparono. Ma su questo campo tutto tace!
Per
quanto mi riguarda, vorrei ricordare quest'anniversario incentrandomi sulla
musica e sul canto che, in tutti questi anni, sono nati nella nostra città.
Vari generi musicali hanno visto la luce sia quelli oggi cosiddetti
"colti" sia "popolari". Fra i primi, la Cappella Marciana
in attività fin dal XIV secolo e che, ancor oggi, è attiva (proprio domenica 21 ha registrato un bellissimo concerto,
registrazione messa in onda su Radio Rai 3 la sera stessa). Poi abbiamo
numerose composizioni ed esecuzioni di musica sinfoniche, operistiche e da
camera, esportate in tutto il mondo con le stampe delle partiture.
Ma
fra la cosiddetta musica e canto popolare a Venezia, senz'altro ci fu una
nutrita produzione, in gran parte solo orale e, per questo, oggi non si trova
molto materiale musicale scritto; esistono, invece, raccolte di testi dei canti
e filastrocche popolari edite soprattutto nell''800 ([1]).
Invece
esiste un particolare genere musicale, sviluppatasi nella prima metà del '700,
che ebbe una notevole visualità, non solo in quel secolo, ma anche nel
successivo, un genere che prese il nome di "Canti
da battello veneziani".
Popolare
per modo di dire; infatti, non nasce propriamente dal popolo, ma si tratta di
musiche e testi, le prime composte da musicisti e i secondi da poeti, famosi
all'epoca che vollero, però, restare anonimi perché ritenevano queste loro
"opere" cose di poco conto. Questo però non voleva dire che non
fossero pagati. Infatti, si tratta, nella quasi totalità, di opere
commissionate da altri che potevano essere innamorati che così volevano
esprimere la loro passione amorosa verso una donna o verso più donne; ma chi
chiedeva potevano essere anche gli esecutori, normalmente un o, più spesso, una
cantante e alcuni suonatori di violino, violoncello e basso e altri strumenti.
Queste ultime erano richieste perché il fenomeno di questo genere musicale ebbe
subito un notevole successo nella Venezia godereccia del XVIII secolo, non solo
fra i veneziani ma fra i turisti di allora e fra gli stranieri residenti.
Allora
Venezia era «..."sonorizzata"
diffusamente da quell'infinito e soprattutto notturno "cantare
nelle piazze, per le strade, nei canali" di goldoniana memoria. ... »,
come scrive Giovanni Morelli nella ponderosa pubblicazione della Regione del
Veneto ([2]
. E questo andare in barca nei canali con musiche e canti presero poi il nome
di "freschi".
Fra
gli stranieri residenti va ricordato Jean-Jacque Rousseau ([3])
che fu un ammiratore entusiasta del
genere. Come lui altri stranieri furono attratti da questi canti
"popolari" tanto che, già nel 1742, 1744 e 1748, a Londra le canzoni
veneziane da battello vennero pubblicate in tre raccolte col titolo di
"Venetian Ballads" ([4]
.
Le
partiture, riproduzioni anastatiche degli originali, pubblicate nei due volumi
di cui alla nota n. 2, sono 970 quelle raccolte in Venezia in vari archivi e
altre 190 delle tre edizioni londinesi.
Le
partiture in questione sono manoscritte, e molto spesso, di difficile lettura
vuoi per la grafia vuoi per l'usura del tempo. Per quanto riguarda i testi
nella partitura questi si riferiscono solo alla prima strofa mentre tutte le
altre strofe (sei e anche sette) si trovano in uno dei due volumi.
I
testi sono in un veneziano abbastanza italianizzato o, più precisamente,
toscanizzato; infatti, ad esempio, mentre nel veneziano si può dire che non
esistono le doppie, in questi, invece, sono di uso quasi totale. Molto spesso
mancano gli accenti e anche altre caratteristiche del veneziano. Per quanto
riguarda poi le edizioni londinesi, in queste vi sono molti errori di testo.
Accennavo
prima alla presenza di stranieri residenti in Venezia; alcuni erano anche di
passaggio, ma molti vivevano per lavoro, generalmente mercanti. Per questo
troviamo dodici canti in francese ([5])
e anche uno con termini tedeschi ([6])
e anche un altro in cui il protagonista
è un mercante armeno ([7]).
In
genere possiamo definire i canti da battello come espressioni amorose, dove si
sente l'innamorato spasimare per le sua donna della quale enumera le bellezze e
le buone qualità; alcuni poi si richiamano a personaggi mitologici, soprattutto
ninfe e semidei, riprendendo le leggende che trovarono successo nelle opere
liriche secentesche.
Pur
essendo sempre protagonista l'uomo, tuttavia le partiture, eccetto solo nove in
chiave di tenore ([8]),
sono scritte in chiave di soprano ([9])
o in chiave di violino ([10]).
La
raccolta di cui alla nota n. 2, come evidenziato anche nel titolo, contiene in
maggioranza canti composti fra il 1740 e il 1750, però questo genere ebbe
fortuna fino al secolo successivo e di questo periodo si trova anche qualche
partitura, delle quali la più famosa è "La
biondina in gondoléta".
Concludo
questo breve excursus sui canti da battello veneziani, perché facenti parte
della storia della nostra città, partecipando i lettori a una mia attività di
"amanuense musico-digitale" che mi ha portato a copiare alcune di
queste partiture che ho pubblicato sul mio sito ([11])
assieme a altre di genere diverso. Infine, nel mese di aprile produrrò un altro
opuscolo sui canti da battello, che troverete sempre sul mio sito, tutti con
una caratteristica particolare che si apprende dal titolo stesso "Canti da
battello veneziani velatamente allusivi e licenziosi". Di tutti i canti da
me copiati trovate anche le musiche digitali create dal software in fase di
copiatura.
[1] - "Canti del popolo veneziano" raccolti
da Angelo Dalmedico, Andrea Santini e
Figlio Editori - Venezia, 1868
;
- "Canti popolari veneziani" raccolti da Domenico Giuseppe
Bernoni, Tipografia Fontana-Ottolini, Venezia, 1872;
- "Canti del popolo veneziano" di Iacopo Vincenzo Foscarini
detto El Barcariol con note di Giulio Pullé, Tipografia Gaspari, Venezia,
1844
[2] "Canzoni da battello (1740-1750)"
a cura di Sergio Barcellona e Galliano Titton, introduzioni di Manlio
Cortellazzo e Giovanni Morelli su iniziativa della Regione del Veneto-Giunta
Regionale e Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani
spa Roma. Stampato nel mese di Marzo 1990 nell'Officina Carte Valori
dell'Istituto Poligrafico dello Stato - Roma.
[3] Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), filosofo,
scrittore, pedagogista e musicista svizzero, fu a Venezia dal settembre del
1743 all'agosto del 1744 in qualità di segretario dell'ambasciatore francese
presso la Repubblica Serenissima.
[4] "Venetian
Ballads compos'd by J.A.Hasse ans all the celebreted Italia Masters" pubblicate
da John Walsh
[5] Non è
provato, ma, essendo il Rousseau anche musicista e entusiasta di questo genero,
si può anche pensare che qualche composizione possa essere attribuita a lui.
[6] "No star bone usanze" dove l'innamorato chiama la sua donna "Siniora
Iunfrau" e dove troviamo altri termini in un italiano
"tedeschizzato".
[7] "D'Armenia
vegnira" . I primi due versi sono "D'Armenia
vegnira / e stara Marcanta".
[8] La chiave di tenore, o chiave di Do, è un
segno convenzionale che fissa la posizione del Do sulla quarta riga.
[9] La chiave
di soprano, o chiave di Do, è un segno convenzionale, non più in uso, che fissa
la posizione della nota DO sulla prima riga.
[10] La
chiave di violino, o chiave di Sol, è un segno convenzionale che fissa la
posizione della nota sol sulla seconda linea del pentagramma. Questo Sol è
precisamente quello posto una quinta giusta sopra al Do centrale.